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Coronavirus: lockdown e ripartenza visti dalle mafie, tra rischi e opportunità

L’emergenza COVID-19 ha messo in ginocchio l’economia mondiale, con le aziende costrette a chiudere i battenti lasciando a casa milioni di lavoratori. Come quelle legali, anche le imprese criminali soffrono l’inattività, aprendo a scenari presenti e futuri che possono mettere in pericolo l’economia legale e la tenuta sociale.

 

Per comprendere a pieno il quadro che si va delineando nel mondo criminale, bisogna considerare le mafie, le famiglie e i clan come vere e proprie aziende capaci di fornire beni e servizi e con una variegata diversificazione delle proprie attività. Partendo da questo assunto, è possibile distinguere tra piccole, medie e grandi imprese sulla base degli affari (legali e non) e dei crimini posti in essere.

Le organizzazioni che subiscono maggiormente le misure adottate dal Governo sono quelle dedite principalmente a reati di tipo predatorio come estorsioni, furti e rapine. Dal punto di vista mafioso, l’estorsione rappresenta la forma primaria di controllo del territorio, un meccanismo parassitario per cui se la vittima non è in grado di produrre un guadagno, come l’attuale situazione impone, non sarà possibile appropriarsene con l’intimidazione e la violenza. Fortemente ridimensionato è stato anche il controllo delle piazze di spaccio al dettaglio, dato il divieto di circolazione, sebbene siano numerose le segnalazioni di compravendita con metodi tra i più disparati. Tendenzialmente, questi crimini vengono commessi da gruppi limitati alla propria dimensione territoriale che non pongono in essere reati di tipo più sofisticato o che comunque operano su bassa scala. Il lockdown, in tal senso, li danneggia pesantemente. Un esempio è dato dalla Camorra, dove il processo di parcellizzazione delle organizzazioni criminali sul territorio ha ridotto drasticamente le rispettive sfere di influenza, fatta eccezione per i gruppi storici operanti nella periferie nord (Scampia, Secondigliano) e nel centro storico (Mazzarella), proiettati verso i grandi traffici internazionali e il riciclaggio su larga scala. Stesso discorso vale per i clan della Sacra Corona Unita e i gruppi satellite delle grandi famiglie di ‘Ndrangheta.

Una menzione a parte va fatta per i gruppi dediti allo sfruttamento della prostituzione e alla tratta di giovani donne destinate all estrade italiane, su tutti i nigeriani, comunque già protagonisti di una esponenziale crescita sul piano criminale, e le organizzazioni albanesi, da sempre collegate alle mafie italiane in un rapporto di mutuo scambio avente come monete armi e droga.

Ci sono organizzazioni, invece, che grazie al proprio modello strutturale diversificano le operazioni gestendo o controllando attività criminali non violente e molto remunerative, su tutte il gioco d’azzardo. Recenti operazioni giudiziarie hanno messo in luce come famiglie di Cosa Nostra e ‘Ndrangheta abbiano organizzato lucrosi giri di scommesse sportive online tramite società operanti anche all’estero (per esempio a Malta) in un mercato che vale circa 8,1 miliardi di euro l’anno. Questo affare apparentemente legale, teso in realtà all’occultamento dei proventi e, dunque, all’evasione fiscale e al riciclaggio, attualmente è improduttivo, in quanto tutti gli eventi sportivi sono stati sospesi a causa della pandemia.

Sempre se si considerano le tipologie di reato come parametro di classificazione delle mafie, si possono analizzare le organizzazioni che hanno un’alta capacità di resilienza e possono contenere i danni causati dallo stop alle attività produttive. Si tratta prevalentemente delle formazioni criminali dedite ai grandi traffici internazionali di sostanze stupefacenti, alle infililtrazioni nel sistema degli appalti pubblici e al riciclaggio internazionale su larga scala. In Italia, solo i grandi gruppi della ‘Ndrangheta e poche famiglie di Cosa Nostra e Camorra possono vantare queste caratteristiche.

Il riciclaggio di denaro di provenienza illecita, in molti casi, si effettua tramite l’acquisizione di attività commerciali come bar, ristoranti e alberghi. Come è noto, gli ultimi esercizi ad essere completamente riaperti. Questo non solo in Italia ma anche negli altri Paesi europei che registrano la presenza delle mafie italiane, su tutti Spagna e Germania, dove i clan della ‘Ndrangheta hanno replicato il proprio modello organizzativo e operazionale – i “locali” – e hanno pesantemente infiltrato il circuito dell’economia legale. Paradossalmente, a differenza delle attività “sane” che rischiano di non poter riaprire a fine emergenza, quelle di proprietà delle mafie potranno benissimo resistere a qualche mese di chiusura.

Stesso discorso vale per il settore edile e del movimento terra. Lo stop ha messo a rischio la sopravvivenza di migliaia di aziende, incluse quelle mafiose, sebbene anche qui la capacità di resistenza, nello scenario peggiore, diventa addirittura un vantaggio nell’accaparrarsi fette di mercato lasciate libere dalla concorrenza che non può usufruire di fonti di entrata alternative, come invece possibile agli imprenditori organici alle famiglie criminali.

I maggiori controlli sul territorio, invece, hanno rallentato e ostacolato i grandi traffici internazionali di sostanze stupefacenti. Con i porti e le strade sotto stretta osservazione, è molto difficile provvedere alla logistica per lo spostamento dei grandi carichi, con enormi danni economici per i gruppi che gestiscono le rotte del narcotraffico. Tuttavia, il prestigio e l’affidabilità maturati negli ultimi decenni, soprattutto da parte della ‘Ndrangheta, permetteranno di non inficiare i rapporti con i grandi produttori sudamericani in vista della ripresa. I capitali ricavati solo da questo ambito sono enormi, misurati in miliardi di euro divisi tra i principali clan, accuratamente occultati e pronti per nuovi investimenti.

Come molti magistrati ed esponenti delle Forze dell’Ordine affermano da tempo, l’allarme consiste nella possibilità per le mafie di acquisire attività economiche pesantemente danneggiate dall’emergenza Coronavirus. Le grandi riserve di liquidità consentiranno di andare in soccorso degli imprenditori in difficoltà, in particolare tramite l’usura, al fine di entrare in possesso delle aziende e degli esercizi commerciali. Sono numerosi i settori in cui l’infilitrazione di capitali illeciti ha permesso alle mafie di gestire intere filiere produttive (agroalimentare in primis), società di servizi, come mense, pulizie, raccolta dei rifiuti e così via.

Non bisogna sottovalutare, dall’altro lato, la dimensione sociale di questo fenomeno. Il controllo del territorio si esplica anche in forme distorte di vicinanza alle comunità in cui si opera, reiterando il consolidato schema per cui dove lo Stato è assente interviene la mafia. Un sostegno in denaro o una spesa rappresentano una potente operazione di ricerca del consenso a basso costo economico ma ad altissimo margine di guadagno di immagine. Un curioso esempio arriva dal Messico, dove i membri del Cartello di Sinaloa hanno distribuito pacchi di generi alimentari con il marchio del loro leader, il Chapo Guzmán. Senza dubbio una grande operazione di marketing. Un danno persino peggiore di quello economico.

Ciò che potrebbe destare ulteriore preoccupazione sarà il modo in cui riprenderanno le attività criminali con il finire dell’emergenza. Come per le imprese legali, quelle mafiose si divideranno tra chi ha saputo reggere alle difficoltà e chi no. È plausibile che i gruppi minori possano reagire in maniera violenta o comunque maggiormente pervasiva che in passato, in modo tale da recuperare quanto prima tempo e denaro persi. Qualora non ci riuscissero, sarebbe gioco facile per le organizzazioni più potenti occupare gli spazi lasciati liberi da chi non sa fronteggiare il ritorno alla “normalità”, con il rischio di scatenare uno scontro frontale, un pericolo enorme per la sicurezza pubblica.

In altre parole, se il lockdown ha causato danni in maniera lineare e simmetrica, la riapertura sarà estremamente difficile (se non impossibile) per alcuni, estremamente redditizia per altri.


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