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Gli “aiuti” alle imprese italiane e straniere ai tempi del virus

Non si è ancora ben capito in quale fase sanitaria ed economica il nostro Paese si trovi: se uno, uno e mezzo, due o chissà. E sono tanti i dubbi anche riguardo alle misure messe in campo dal nostro Governo per supportare la ripresa e per sopportare la crisi.

Una cosa è invece certa: le piccole e medie imprese italiane stanno incontrando enormi difficoltà ad ottenere aiuti concreti. A differenza del messaggio che una certa corrente di pensiero filo-governativa vuole fare passare ed in senso assolutamente contrario a quanto accade invece negli altri Paesi. Non si vogliono qui esprimere valutazioni politiche ma come sempre i numeri parlano chiaro e sono inconfutabili.

Secondo l’ultima indagine dell’Istat in Italia ci sono 4 milioni e 398mila imprese. Non tutte avranno sostegno, ad esempio le imprese individuali che sono quantificabili in circa 2 milioni sono “tagliate” dalla platea delle beneficiarie per la mancanza di requisiti. Dunque già ne rimangono poco più della metà. E quelle che in teoria potrebbero ricevere liquidità possono accedere alla misure se in passato non hanno manifestato alcuna difficoltà nei pagamenti e devono comunque confrontarsi e scontrarsi con formalisi vari e produrre almeno una quindicina di documenti figli della nostra burocrazia.

Insomma ad oggi i soldi arrivati veramente sono molto pochi. Ed – attenzione – quei pochi arrivati non sono donazioni ma prestiti e finanziamenti: equivale a dire che le nostre imprese si stanno indebitando ancora di più.

Colui che attualmente è il nostro Primo Ministro parla di un “poderoso intervento” in favore delle PMI e chiede agli istituti di credito di mettersi una mano sul cuore: “care banche ci vuole un atto d’amore”. Ma nel mondo degli affari e per le banche non conta l’amore ma piuttosto contano le garanzie. E no garanzie vuol dire no prestiti. In questa ottica visitando i forum di settore ospitati sui vari social è facilmente riscontrabile come il 90% degli imprenditori italiani lamenta la complessità delle procedure e che quasi tutti gli istituti bancari più importanti sanno poco e nulla dei finanziamenti di cui parla il Governo e/o giustamente pretendono garanzie (quelle di cui sopra).

E mentre il c.d. “Decreto Aprile” slitta a Maggio, il Governo litiga con le Regioni e le Regioni litigano con i Sindaci, le varie task force studiano, valutano, esaminano, analizzano, discutono ed i professionisti italiani si confrontano con i drammi delle aziende specie di piccole dimensioni che sono sommerse dai debiti, appena oltre i nostri confini gli altri Stati erogano finanziamenti a fondo perduto ed i vari programmi di sostegno pubblico all’economia garantiscono un effettivo supporto alle imprese senza intoppi e senza frapporre particolari ostacoli.

Basti pensare alla vicina Svizzera dove sono stati elargiti fondi per investimenti utili a riavviare l’economia misurandoli per ogni singolo caso con autocertificazioni delle perdite di fatturato subite. O alla Germania dove addirittura il governo sta così tanto eccedendo nella sua generosità alle imprese che la Unione Europea ha chiesto di “frenare” le iniziative perché altrimenti si rischia di provocare una concorrenza sleale all’interno del mercato unico europeo, avantaggiando le aziende tedesche a danno di quelle degli altri Paesi. Insomma voi a Berlino datevi una calmata perché state aiutando troppo le vostre imprese!

Ed allora come si risolve una crisi economica che potrebbe indirettamente produrre più morti di quella sanitaria visto che in Italia gli “aiuti” in realtà non sono per niente aiuti e che le politiche assistenziali non possono funzionare perchè le casse del nostro Stato sono vuote? Solo e soltanto riaprendo il prima possibile tutte le attività imprenditoriali che saranno si costrette a rimodularsi in modo coerente con i nuovi protocolli di sicurezza ma che almeno avranno intanto la possibilità di attenuare le perdite economiche derivanti dal lucro cessante e dal danno emergente.

Del resto il benessere economico di una Nazione si misura dal suo Prodotto Interno Lordo. Ma le imprese non possono produrre se sono costrette a rimanere chiuse ad aspettare che passi la burrasca senza avere al contempo informazioni chiare e precise su esattamente come e quando potranno riaprire. Perché il punto chiave è proprio questo: non sono specificati i parametri in base ai quali si decide e si decideranno aperture e chiusure e non si danno indicazioni su misure di sicurezza e monitoraggi.

Non basta dire state a casa e lavatevi le mani. Ci vorrebbe buon senso, quello che a noi italiani purtroppo spesso manca. Ci confermiamo insomma tra i paesi PIGS ma almeno anche Portogallo, Grecia e Spagna stanno adottando misure concrete ed indicando vie pratiche.

 

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