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Perché le guardie civiche sono una baggianata. Lo spiega Giuliani

Qui, c’è gente che si è innamorata del lockdown. C’è gente che passa il tempo a cercare qualcuno da mettere all’indice, possibilmente pubblicando immagini “compromettenti” su Instagram e Twitter. Compromettenti secondo il moralizzatore di turno, ovvio…

C’è un’aria diffusa nel Paese, che non ha nulla a che vedere con i sacrosanti richiami alla prudenza e alla responsabilità individuale e collettiva. È un sentimento sordo, in cui l’altro è un potenziale untore e meno male che ne dovevamo uscire più uniti e disponibili verso il prossimo.

Non si tratta di difendere la movida e tanto meno comportamenti sconsiderati, che vanno pesantemente sanzionati. Stroncati sul nascere, anche imponendo chiusure selettive di determinate aree urbane e non di troppo richiamo. Tutt’altra faccenda è voler entrare pesantemente nella vita dei cittadini.

Ecco, sono questi i momenti in cui sento di più la mancanza di un’anima autenticamente liberal, in Italia. L’idea di mettere una pettorina addosso a persone per nulla formate al delicatissimo compito di controllare e dissuadere il prossimo, è di una leggerezza che sconfina nella sconsideratezza.

Il nostro è per sua natura un Paese curioso, naturalmente allergico alle regole, ma in cui da sempre un barlume di autorità è più che sufficiente per mandare fuori di testa le persone. Il “lei non sa chi sono io” non è certo appannaggio solo dei potenti. Anzi.

Lasciamo subito stare, dunque, questa baggianata: non abbiamo bisogno di sceriffi improvvisati, ci sono già d’avanzo i pubblici censori dei social. Gli italiani hanno dato straordinaria prova di sé, nei mesi del lockdown duro. Vanno richiamati con eguale pressione e premura al rispetto delle nuove regole, sapranno comportarsi di conseguenza.

Quanto alle minoranze di irresponsabili, vengano trattati come meritano, senza aggiungerne di altri in pettorina.


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