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Sull’immigrazione soluzioni e non propaganda. L’appello del prof. Branca

Di Paolo Branca

Non vi stupiscano queste righe. Si possono avere visioni differenti, ma senza per questo passare agli insulti o, peggio, all’indifferenza. La crisi del tempo presente comprende sfiducia nelle istituzioni, specialmente quelle sovranazionali non sempre impeccabili, e più in generale nelle classi dirigenti tout-court. Se attualmente siete all’opposizione e ne approfittate, fino a un certo punto ci sta, ma sul medio-lungo periodo non potete nascondervi che la situazione è seria e nessuno può illudersi di avvantaggiarsene con un approccio di corto respiro. Non sono un politologo, tanto meno un economista e mi astengo dal parlare di ciò che non conosco o di cui ho soltanto vaghe e superficiali conoscenze o indiretta esperienza.

Sulla questione immigrazione, anche musulmana, in Italia posso invece vantare 40 anni di presa diretta sul campo. Non sono un accademico da biblioteca. Ho cominciato a studiare l’arabo ventenne e sinceramente pensavo che una lingua rara ma geograficamente prossima mi avrebbe condotto a lavorare nel settore petrolifero, in qualche multinazionale o al ministero degli esteri. Nulla di tutto questo si è rivelato neppure ipotizzabile e ciò già la dice lunga su tante cose su cui non vi trattengo, ma a proposito delle quali voi siete più consapevoli e quindi più responsabili di me.

Per le strade di Milano e dintorni ho però visto impiantarsi un buon numero di uomini provenienti dal Nordafrica e dal Medio Oriente, anche cristiani di varie confessioni (migliaia, non pochi) all’inizio soli e per impieghi stagionali o saltuari. Poi, coi ricongiungimenti familiari, ho conosciuto le mogli e i figli, fino alla seconda e alla terza generazione. Non immigrati, dunque, ma figli di immigrati che spesso percorrono l’intero iter scolastico in Italia (dove sono nati o giunti infanti) e hanno scarsi contatti col paese d’origine dei loro genitori.

Questi “nuovi italiani” non son privi di problemi: linguistici, culturali e anche religiosi. Lo spostamento di popolazioni ha sempre comportato nella storia legittime preoccupazioni. Basti pensare ai pregiudizi anti-italiani diffusi un po’ ovunque e soltanto in determinati casi comprensibili. Al Capone non ci rappresenta più di La Guardia, Petrosino, Jo di Maggio o Cuomo… Persino le invasioni barbariche, con tutte le devastazioni connesse, hanno infine dato vita a un’Europa cristiana (il Sacro Romano Impero) erede del diritto latino e del pensiero greco, non a caso diretto da Franchi e Germani, mutatis mutandis fino a oggi.

Francamente non credo ad alcuna sostituzione etnica: pensare e milioni di italiane che indosseranno l’hijab e a italiani che rinunceranno a insaccati di maiale e al vino mi pare più che un’ipotesi una ridicolaggine. Se invece il tasso di natalità degli autoctoni resterà ai livelli attuali, o peggiorerà, non credo che sterilizzare i nuovi venuti sia neppure da prendere in considerazione. Politiche pro-famiglia nel Paese che pur ospita il Vaticano se n’è viste meno che nella laicissima Francia. Comunque l’invasione non c’è e paradossalmente si fanno più iniziative coi musulmani che con cristiani di altra confessione, tanto allarmismo ha le sue conseguenze anche impreviste o indesiderate…

Nel frattempo sono innumerevoli i lavoratori exracomunitari confinati da una burocrazia pletorica e cieca in una zona grigia nella quale fioriscono anche fenomeni quali lo spaccio, il furto e le molestie. Cui prodest? Anche le moschee (centinaia se non migliaia) confinate in garage o seminterrati, dirette da guide importate, impreparate e talvolta bizzarre fioriscono non si capisce con quale vantaggio per la pubblica sicurezza.

Ho partecipato anche col ministro Maroni al Viminale a comitati che si son susseguiti senza produrre alcunché di concreto.

Intanto seguo un egiziano che è qui da un decennio, con un permesso di soggiorno scaduto poiché costretto a lavorare in nero, incensurato, gran lavoratore e ora potenzialmente regolarizzabile, ma attraverso strettoie kafkiane, circoli viziosi senza uscita nonostante l’assistenza di un povero fesso indigeno che accumula frustrazioni a dispetto del suo amor di Patria. Complimenti al sistema che pur di manodopera ha comunque bisogno. Ce n’è anche uno in galera perché ha aiutato profughi siriani a tentare la via verso altri paesi europei: era quello che desideravamo facesse, evitando di identificarli altrimenti ce li saremmo dovuti tenere. Espulsioni e rimpatri sono una chimera, conosco personalmente chi pur essendo stato anche in prigione e senza documenti è qui da decenni e riceve di quando in quando un foglio di via che resta carta straccia.

Per me si tratta di esseri umani, non di numeri. Taccio sugli innumerevoli sfruttati in nero o con contratti al minimo delle ore necessarie e che fanno molto di più anche senza festività, ferie e malattie retribuite da parte di imprenditori furbi e disonesti.

Su quelli che vendono fiori nei ristoranti stendo un velo pietoso: senza documenti, ammassati in pochi metri quadrati in nero, ibernati di giorno per diventare braccia e gambe nottetempo… Per anni, mantenendo con le rimesse numerose famiglie lontane, già fidanzati o sposati per procura, che non molestano nessuna donna unicamente per loro educazione e civiltà, non certo perché qui presi in considerazione come esseri viventi.

Potrei continuar e addirittura far nomi e fornire dati che metterebbero nei guai me e non altri, già provato anni fa senza alcun risultato. Se la maggior parte (come è, nonostante poche e gravi eccezioni) di loro non si dà al furto, allo spaccio o anche a peggio non è certo per merito di un sistema inefficiente e iniquo al quale nessuno pare voglia seriamente metter mano.

Questo al minimo vi dovevo… Quel che dovete Voi lo lascio alle vostre coscienze. Sicuro che come tutte sono in grado di ascoltare, porsi degli interrogativi e tentare delle soluzioni vere, a parte i vantaggi di qualsiasi propaganda che alla lunga resta un mero flatus vocis, chiunque e per qualunque motivo la scelga.

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