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Così l’intelligenza artificiale cambierà il confronto mondiale. Lo studio Nato

Sciami di droni coordinati, analisi rapide di milioni di informazioni aperte sui social media e missili intelligenti capaci di modificare traiettoria. Nel giro di dieci anni, l’intelligenza artificiale potrebbe rivoluzionare il confronto militare, con effetti sulla competizione globale paragonabili all’ingresso nel confronto geopolitico della bomba atomica. Lo spiega la Nato nel suo recente rapporto “Science & Technology Trends: 2020-2040”, rilasciato la scorsa settimana e dedicato alla tecnologie disruptive che cambieranno la guerra del futuro (qui un focus).

LA CORSA GLOBALE

La definizione di riferimento è quella della US Air Force dello scorso anno, fornita nell’allegato alla “Ai Strategy” del Pentagono: “L’intelligenza artificiale si riferisce alla abilità di macchine di eseguire funzioni che normalmente richiedono l’intelligenza umana (ad esempio, riconoscere pattern, apprendere dall’esperienza, trarre conclusioni, effettuare previsioni o intraprendere azioni) sia digitalmente, sia come software intelligente dietro sistemi fisici autonomi”. Per la Nato si tratta di un campo già “disruptive”, ovvero capace di impattare in maniera significativa sulle tecnologie militari nel giro di pochi anni. Lo stesso vale per i competitor. Era settembre 2017 quando Vladimir Putin affermò che “chi svilupperà la migliore intelligenza artificiale diventerà il padrone del mondo”. La Cina sembrava averlo già capito. Tre mesi prima delle parole iconiche del presidente russo, il Consiglio di Stato cinese aveva rilasciato il Piano di sviluppo per una nuova generazione d’intelligenza artificiale (Aidp), identificando un obiettivo chiaro: diventare entro il 2030 il principale centro d’innovazione nel campo dell’intelligenza artificiale.

UNA NUOVA AI

Uno sforzo che nel mondo occidentale è condotto principalmente dal settore private, sebbene ultimamente l’attenzione dei governi (con annessi finanziamenti) sia cresciuta in maniera considerevole. Tutto questo ha condotto all’avvio di studi innovativi sull’intelligenza artificiale. Si parla ad esempio di neuromorphic computing, cioè dell’emulazione da parte delle macchine della rete neurale umana e di metodi di apprendimento “bio-inspired”. C’è poi il campo del “adversarial machine learning”, in cui il focus si sposta sui canali della deterrenza, cercando di capire come poter confondere sistemi di Ai ostili. Si studia anche il “probabilistic computing”, in modo da adattare il ragionamento “artificiale” all’incertezza e all’ambiguità del mondo naturale.

GLI IMPATTI MILITARI

Tutto questo riguarda anche (ma non solo) gli ambienti militari, tradizionalmente impegnati nell’innovazione spinta e chiamati a gestirla (e non subirla) in un contesto sempre più competitivo. Come si legge nel rapporto Nato, l’impatto dell’Ai sulle capacità delle Forze armate alleate avverrà prevalentemente attraverso il suo uso associato ad altre tecnologie, come realtà aumentata, Big data analytics e automazione. In ogni caso, si attendono effetti “trasformativi” su assetti nucleari, aerospaziali, biotecnologici e sui materiali in generale, con conseguenze sulla competizione internazionale per taluni paragonabili a quelle che ebbe l’introduzione dell’arma atomica. Tra assistenza virtuale, analisi di dati e previsioni rapide di scenari in evoluzione, si attendono impatti importanti sull’area C4Isr, acronimo che indica le complesse attività di comando, controllo, comunicazione, computer, intelligence, sorveglianza e riconoscimento.

COSÌ CAMBIANO LE FORZE…

Per quanto riguarda gli armamenti in senso stretto, l’intelligenza artificiale potrebbe impattare in maniera significativa sulla definizione della traiettoria di missili, sulla gestione di sciami di droni, sulla valutazione del danno e sul coordinamento di diverse piattaforme. Previsione e pianificazione potenziate anche per affrontare minacce Cbrn, identificando i rischi attraverso l’analisi rapida di enormi quantità di dati raccolti da molteplici bacini (social networks compresi). Le stesse capacità risulterebbero utili nel cyber-space, mentre l’addestramento delle forze e la logistica potrebbero acquisire efficienza attraverso l’integrazione dell’Ia con altri sviluppi tecnologici (realtà aumentata e automazione su tutti).

…E LE MINACCE

Il problema è che anche gli avversari potrebbero muoversi in tale direzione. Problema maggiore se gli avversari in questione lo facessero senza riferimenti etico-normativi che la Nato richiede parallelamente allo sviluppo di capacità militari ai suoi Stati membri. “Un sistema ostile primo delle restrizioni delle limitazioni fisiche del corpo umano, il cui comportamento è spesso imprevedibile e inconcepibile, rappresenterebbe potenzialmente un avversario formidabile”, spiega l’Alleanza nel suo report. Le preoccupazioni riguardano lo spazio cibernetico e le pratiche di disinformazione (affidate a bot intelligenti), ma anche l’ipotesi di ordini esplosivi improvvisati “potenziati” tramite tecnologie di intelligenza artificiale.

GLI SVILUPPI NECESSARI

Per far fronte a tali minacce e mantenere il vantaggio strategico rispetto ai competitor, il rapporto della Nato identifica tre campi in cui “sono necessari avanzamenti”. Il primo riguarda gli algoritmi avanzati, affinché l’Ai abbia capacità potenziate di efficacia e generalizzazione attraverso deep learning, neuromorphic e probabilistic computing. Il secondo campo tratta invece la simbiosi uomo-macchina, dall’interfacce avanzate (con un approccio che resti uomo-centrico) fino allo studio sulle implicazioni socio-tecniche di simili sviluppi. Terzo campo, le applicazioni, per cui si chiede un parallelo avanzamento nella gestione e nella strutturazione di Big data, così da far fruttare al massimo l’intelligenza artificiale. In questo modo, l’Ia si rivelerà disruptive per tante funzioni, dall’intelligence al cyber-spazio, con capacità poderose di previsione, prescrizione e analisi. Se per la simbiosi uomo-macchina l’impatto previsto è “alto” entro il 2035, per gli altri due campi la Nato ne prevede uno “rivoluzionario” nel giro di dieci anni.



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