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Asse Di Maio-Pompeo contro Daesh. L’Isis sta tornando, dice Vidino

Giovedì prossimo, 4 giugno, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio co-presiederà con il segretario di Stato statunitense Mike Pompeo una riunione virtuale dei 32 membri del Gruppo ristretto della Coalizione globale anti-Daesh. Lo comunica la Farnesina.

Sarà l’occasione per fare il punto sullo stato delle attività della Coalizione e per aggiornare la strategia di contrasto all’organizzazione terroristica — anche alla luce dell’emergenza sanitaria globale — in attesa di poter ospitare in Italia la riunione plenaria degli 82 membri della Coalizione, che sarà programmata non appena le circostanze lo consentiranno.

Iraq e Paesi, Paesi in cui si sono recentemente registrati segnali di ripresa dell’attività di insorgenza dello Stato islamico, saranno al centro dei colloqui. Non mancheranno, tuttavia, significativi riferimenti alle ramificazioni globali del gruppo terroristico, in particolare in Africa occidentale e Sahel. 

“L’Italia, coerentemente con il suo impegno multidimensionale nell’area, promuove infatti un maggiore coinvolgimento della Coalizione in questo quadrante, in un’ottica di rafforzamento della sicurezza dell’intero bacino del Mediterraneo”, sottolinea la Farnesina.

“Lo Stato islamico è parzialmente risorgente”, dice a Formiche.net Lorenzo Vidino, direttore del programma sull’estremismo alla George Washington University, sottolineando come l’organizzazione sia “molto più forte rispetto a due o tre anni fa”. Due sono i territori in cui gli jihadisti stanno avanzato, spiega l’esperto: “da una parte nel territorio originario del Califfato, cioè Iraq e Siria, con un aumento qualitativo e quantitativo di attacchi negli ultimi mesi; dall’altra parte in alcuni territori le province dello Stato islamico stanno avendo un impatto importante, come nel caso dell’Africa subsahariana, conquistando città e territori e confrontandosi con forze militari governative che spesso sono impreparate”. Secondo Vidino, quindi, “una delle grandi sfide è cercare di rifocalizzarci su certe problematiche presenti nonostante il coronavirus e anzi probabilmente rafforzate dall’epidemia”.

Una settimana fa il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha inserito nell’elenco dei terroristi il successore di Abubakr Al Baghdadi a capo dell’Isis, Muhammad Saeed Abdurrahman Muhammad Al Mawla, militante della prima ora in Al Qaeda in Iraq assieme a Abu Musab Al Zarqawi che ha incontrato il suo predecessore Camp Bucca, il carcere gestito dalle forze statunitensi nei pressi di Umm Qasr durante la guerra in Iraq.

Su di lui il dipartimento di Stato di Washington aveva subito messo una taglia pari a cinque milioni di dollari. Anche se sulla testa del predecessore c’era una taglia pari a cinque volte questa cifra, sarebbe sbagliato considerare Al Mawla come una pedina di poco conto, notava Repubblica alcuni giorni fa: “Nonostante il profilo mediatico basso, suggerito forse da motivi di sicurezza, è considerato l’ideatore dell’offensiva contro Sinjar e del genocidio della comunità yazida, ma anche lo stratega della conquista di Mosul. Se l’uomo finito in manette fosse stato il condottiero che ha umiliato le truppe di Bagdad, la cautela avrebbe lasciato il posto alla gioia. Non è così, e per i militari iracheni ansiosi di riabilitarsi la soddisfazione è rimandata”.



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