Accogliere la sfida interculturale significa (ri)pensare l’intero impianto della nostra vita. L’interculturalità ci pone in rapporto profondo con la differenza, problematizzando le nostre certezze identitarie e calando in necessaria metamorfosi le strutture istituzionali che conosciamo e riconosciamo.
Pensiamo allo Stato. Sono decenni che, almeno in Italia, si parla di riforme possibili, che si rincorrono soluzioni, che ci si divide tra centralisti e federalisti. Ma, a ben guardare, è la realtà che ci mette di fronte all’urgenza.
La sfida interculturale si mostra nelle differenze che popolano le nostre città, che trasformano il panorama umano con il quale siamo chiamati a confrontarci.
Avere il mondo in casa, come avviene in conseguenza della planetarizzazione delle sfide, rende evidenti domande rispetto alla “qualità” della catena di comando istituzionale perché lo Stato non può non fare i conti con “altri” modi (e mondi) complessi di vita che entrano a far parte di tradizioni consolidate. Ciò, al contempo, è traumatico e in grado di generare innovazione.
Siamo abituati a uno Stato verticistico mentre, grazie alla sfida interculturale portata in particolare dalle migrazioni, dovremmo aprire il nostro sguardo alla inevitabilità di uno Stato in grado di accogliere le complessità che vivono al suo interno e di governarle; non esistono più complessità “originarie”, in cui qualcuno possa rivendicare una primazia. Ciò, naturalmente, incide anche sulla metamorfosi della Nazione, cioè dei valori intorno ai quali si forma una comunità.
Questo cambio di prospettiva dello Stato-Nazione, ben si comprende, non è solo istituzionale. Se, da un lato, si (ri)pensa il processo gerarchico problematizzando il rapporto top-down e ritrovando la (com)presenza di forme di organizzazione e di auto-organizzazione, dall’altro lato occorre lavorare sulla metamorfosi dei sistemi valoriali, culturali, della formazione, economici, giuridici. Il tutto, naturalmente, legato da una Politica (qui volutamente in maiuscolo) capace di rinnovate visioni e mediazioni nel tempo dell’interculturalità.
Rispetto alle migrazioni viviamo ancora in un dibattito che guarda al fenomeno in chiave congiunturale (a seconda delle quantità di flussi in entrata) e che non considera la strutturalità di un processo globale che non cesserà.
Un tema, in conclusione, che vorremmo affrontare nei prossimi contributi riguarda il rapporto tra sfida interculturale e sfida della complessità. A partire dallo Stato-Nazione, cercheremo di interrogarci su come evolvono tutti i nostri paradigmi di riferimento. Ciò, naturalmente, nella considerazione dei rischi e delle opportunità, con uno sguardo dell’evidente nell’emergente, nel qualitativo-quantitativo, tra certezza e flessibilità normativa, nel meticciato.
(Professore incaricato di Istituzioni negli Stati e tra gli Stati e di History of International Politics, Link Campus University)