È iniziato il conto alla rovescia per il ritorno degli Stati Uniti al lancio di astronauti dal suolo americano. Partirà domani pomeriggio dalla Florida (in Italia saranno le 22:30 circa) la capsula Crew Dragon diretta verso la Stazione spaziale internazionale (Iss). È realizzata da SpaceX, l’azienda del miliardario Elon Musk che ha sviluppato anche il vettore Falcon 9 e le tute spaziali, ben diverse da quelle tradizionali. È il segno della New Space Economy, ad ampia partecipazione privata, ma anche della nuova corsa allo Spazio, con un occhio alla competizione con Cina e Russia verso il ritorno sulla Luna e l’approdo su Marte.
IL LANCIO
Ieri, la review ha dato l’ok finale al lancio, sebbene le previsioni diano il 60% di possibilità di condizioni climatiche sfavorevoli, tra pioggia e nubi dense. Il Falcon 9 è già sullo storico Launch Pad 39 della base di Cape Canaveral, intitolata a John F. Kennedy, lo stesso da cui partiva lo Space Shuttle, l’ultima navicella americana in grado di condurre astronauti in orbita, dismessa nel 2011. Pronti a partire ci sono gli esperti Douglas Hurley e Robert Behnken, entrambi con due esperienze spaziali alle spalle. Per il primo il valore simbolico è forse più forte: era infatti a bordo la missione STS-135, l’ultima dello Space Shuttle, l’8 luglio di nove anni fa. Da allora, gli Stati Uniti sono stati costretti ad acquistare posti sulla capsula russa Soyuz.
LA MISSIONE
La dipendenza dai colleghi (e competitor) russi ha generato da sempre non poche insofferenze oltreoceano, divenute maggiori con l’amministrazione targata Donald Trump. Dal suo arrivo alla Casa Bianca, il presidente ha impresso un carattere più forte di competitività al programma spaziale americano. Il simbolo di ciò è il ritorno sulla Luna entro il 2024 (con annessa riforma del diritto spaziale in ottica commerciale). Il passaggio intermedio è il riacquisto della piena autonomia nell’accesso allo Spazio. Per questo, nel 2014, la Nasa assegnò a Boeing e SpaceX i contratti del programma Commercial crew transportation capability (CctCap) per le rispettive navicelle Starliner e Crew Dragon. Allora, si prevedevano i primi lanci entro la fine del 2017, ma i ritardi sono stati piuttosto numerosi (lo scorso dicembre, nel suo ultimo test, il veicolo di Boeing non è riuscito a raggiungere l’Iss).
IL “LAUNCH AMERICA”
Ora però l’agognata autonomia sembra davvero essere a un passo. Tecnicamente, il viaggio della Crew Dragon si chiama “Demo-2 mission”, missione di test che dovrà certificare la navicella per operazioni di lunga durata verso la stazione orbitante (oltre 200 giorni). Non ha una durata prestabilita. I tempi per il rientro (previsto nelle acque al largo della Florida) verranno decisi una volta che Behnken e Hurley raggiungeranno sulla piattaforma extra-atmosferica l’equipaggio della Expedition 63, arrivato il mese scorso. Conta il comandante Chris Cassidy, americano, e i due cosmonauti Anatoly Ivanishin e Ivan Vagner. La Crew Dragon dovrebbe arrivarci in modo automatico, dal raggiungimento dell’orbita fino all’attracco, previsto dopo circa 24 ore dal lancio. In ogni momento però, l’equipaggio a bordo e il centro di terra potranno assumere il controllo della navicella se necessario.
I PRIVATI PROTAGONISTI
La missione ha una portata storica, e lo dimostra l’attenzione dedicata all’evento dal presidente Donald Trump in persona, supportato dal suo vice Mike Pence (a cui ha affidato la guida del National Space Council) e dall’amministratore della Nasa Jim Bridenstine. È storica non solo per il fatto di restituire agli Stati Uniti pieno accesso alle orbite, ma anche (e soprattutto) perché condotta da un privato, la SpaceX, nata nel 2002 e lanciata ai riflettori dal miliardario Elon Musk. Ha pensato a tutto, dal lanciatore (ormai consolidato con stadi riutilizzabili) alla navicella dotata di schermi touch, fino a caschi su misura realizzati con stampa 3D. Ha pensato anche oltre, verso la Luna e il Pianeta rosso, all’insegna della commercializzazione dello Spazio che vede i privati in qualità di partner degli attori istituzionali.
LE TURBOLENZE ALLA NASA
Una portata storica che sta facendo passare in secondo piano le turbolenze ai vertici della Nasa. Stanno facendo ancora discutere le dimissioni di Doug Loverro, ormai ex responsabile dell’agenzia per tutti i programmi di volo umano. Si era insediato lo scorso dicembre al posto di Bill Gerstenmaier, da anni al vertice di Human spaceflights che, nel frattempo, era stato riassegnato al ruolo di special adviser per la trapelata insoddisfazione di Jim Bridenstine sulla sua scarsa adesione al nuovo programma lunare. Per simili divergenze con il numero uno della Nasa si sarebbe dimesso ora Loverro, con ragioni che restano tuttavia piuttosto misteriose.
BATTUTA D’ARRESTO PER VIRGIN GALACTIC
Nel frattempo, mentre SpaceX gonfia le vele del Falcon 9, l’altro grande attore dello Spazio privato americano, la Virgin Galactic di Richard Branson ha fallito il lancio dimostrativo del vettore LauncherOne, realizzato in California. Il debutto, inizialmente previsto ad aprile e poi rimandato causa Covid-19, è durato meno di un’ora, fino a quando è scattata “l’anomalia” per il razzo appena lanciato da un 747-400 appositamente modificato per l’aviolancio e denominato “Cosmic Girl”. L’ignizione è comunque avvenuta, e per questo l’azienda si è detta “soddisfatta”. Prima del test, aveva comunicato che le possibilità di un pieno successo erano al 50%.