Sette giorni e poco più per tornare a vedere gli astronauti americani partire dal territorio degli Stati Uniti su un vettore a stelle e strisce. Gli occhi della comunità spaziale Usa (e non solo) sono puntati sul 27 maggio, data del lancio della Crew Dragon di SpaceX. Questo martedì un assaggio della rilevanza della missione è arrivato dalla riunione del National Space Council, presieduto dal vicepresidente Mike Pence. Oggi, a rovinare il clima d’attesa è arrivata notizia delle dimissioni di Doug Loverro, responsabile alla Nasa di tutti i programmi di volo umano. Era arrivato a dicembre proprio per accelerare sulla tabella di marcia voluta dal presidente Donald Trump, ma qualcosa sembra aver incrinato il suo rapporto con Jim Bridenstine, numero uno dell’agenzia.
“LAUNCH AMERICA”
È programmato per mercoledì prossimo, nel pomeriggio della Florida, il debutto con equipaggio della capsula Crew Dragon. A bordo, diretti verso la Stazione spaziale internazionale (Iss), ci saranno gli astronauti Douglas Hurley e Robert Behnken, destinati a rimanere nella storia del programma spaziale americano. È difatti dal 2011, anno dell’ultima missione dello Space Shuttle, che gli Stati Uniti sono costretti ad acquistare posti sulla capsula russa Soyuz per portare in orbita i propri astronauti. Una situazione che negli ultimi anni ha creato non poche insofferenze, acuite dalle rinnovate ambizioni nel campo dell’esplorazione umana che l’amministrazione targata Donald Trump (sperando in una rielezione il prossimo novembre) vorrebbe coronare col ritorno sulla Luna entro il 2024.
SIMBOLI CHE CONTANO
L’evento ha tutte le caratteristiche per restare nella storia. Accompagnato da una grande eco mediatica (che la Nasa sta lanciando con forza sui social), il lancio è ricco di simbolismi. Partirà dalla base di Cape Canaveral intitolata a John F. Kennedy, il presidente che nel 1962 rialzò l’asticella del programma americano con lo storico discorso alla Rice University. Partirà in particolare dal Launch Pad 39, la rampa da cui veniva lanciato lo Space Shuttle. Così fu anche l’8 luglio del 2011 per la missione STS-135, l’ultima dell’iconico veicolo americano, l’ultima con equipaggio dal territorio degli Stati Uniti. Pilota di quella missione, alla sua seconda esperienza nello Spazio, era proprio Douglas Hurley, che oggi torna al Kennedy Space Center per iniziare l’ultima settimana prima dell’atteso lancio.
IL PROGRAMMA CREW DRAGON
Insieme a Behnken (anche lui ha all’attivo due missioni sullo Space Shuttle) aprirà ora la nuova fase dell’accesso autonomo americano alle orbite, quasi a significare che la dipendenza dai russi debba restare una breve parentesi nella storia spaziale a stelle e strisce. La nuova fase ha i caratteri della New Space Economy, a forte partecipazione privata. La Crew Dragon (come il razzo Falcon 9 che la porterà in orbita) è realizzata da SpaceX, l’azienda spaziale del visionario e miliardario Elon Musk. Tecnicamente, si tratta della “Demo-2 mission”, una missione di test che dovrà certificare la navicella per operazioni di lunga durata verso la Stazione spaziale internazionale. Si tratta del programma “Commercial crew”, protagonista negli ultimi anni di continui ritardi e rinvii.
LA MISSIONE
La sua prima missione con equipaggio non ha una durata prestabilita. Dopo il lancio, la Crew Dragon inizierà le manovre di avvicinamento all’Iss automaticamente, sebbene sempre sotto l’attenta verifica dell’equipaggio e del centro di terra che potranno assumerne il controllo se necessario. Lo stesso vale per l’attracco alla stazione orbitante, che dovrebbe avvenire in circa 24 ore dal lancio da Cape Canaveral. Behnken e Hurley saranno accolti dall’equipaggio della Expedition 63, arrivato il mese scorso. Conta il comandante Chris Cassidy, americano, e i due cosmonauti Anatoly Ivanishin e Ivan Vagner. Non è ancora chiaro quanto tempo passeranno con loro Behnken e Hurley. “Sebbene la Crew Dragon utilizzata per questo test di volo possa rimanere in orbita per circa 110 giorni – ha spiegato la Nasa – la durata specifica della missione sarà determinata una volta sulla stazione in base alla prontezza del prossimo lancio commerciale con equipaggio”. In ogni caso, il ritorno dei due astronauti avverrà con la stessa navicella, prevista in ammaraggio al largo della Florida.
VERSO LA LUNA
La speranza della Nasa è che l’esito positivo del lancio possa dare spinta a ulteriori ambizioni esplorative. Secondo l’agenzia, i dati del test saranno utili per il programma Artemis, quello destinato al ritorno sulla Luna entro quattro anni, per poi costruirvi una presenza stabile tra la piattaforma orbitante Lunar gateway e una base sul polo sud lunare. Il programma punta sul veicolo Space Launch System e sulla navicella Orion, il cui debutto per un primo giro intorno alla Luna con equipaggio è programmato per il 2021. La conferma dei tempi è arrivata ieri dall’amministratore della Nasa Jim Bridenstine, nel corso del settimo incontro del National Space Council, il consiglio che Donald Trump ha voluto re-istituire affidandolo al suo vice, Mike Pence.
L’IMPRONTA DI TRUMP
La riunione è stata incentrata sul lancio della prossima settimana, con gli interventi in video conferenza degli stessi Behnken e Hurley, ormai da settimane nella consueta quarantena pre-partenza. Nonostante i grandi riflettori per il ritorno all’autonomia Usa, l’attenzione degli esperti resta sul programma lunare, su cui nei giorni scorsi Bridenstine ha lanciato gli “Artemis accords”, delle intese rivolte a alleati e partner che vorranno aderire per riscrivere parte del diritto spaziale (il tema più delicato è lo sfruttamento commerciale delle risorse extra-atmosferiche). Sin dal dicembre 2017, con la sigla sulla Space Policy Directive 1 (che ha capovolto la tabella di marcia in vigore con Barack Obama: prima Marte e poi Luna), l’accelerazione impressa dall’amministrazione Trump al programma lunare ha creato non pochi malumori all’interno dell’ambiente spaziale americano. L’ultima vittima di questi malumori sembra essere Doug Loverro, dimessosi due giorni fa dalla carica di responsabile Nasa per tutti i programmi di volo umano.
LE DIMISSIONI DI LOVERRO
La notizia è emersa solo oggi con un comunicato ufficiale dell’agenzia, che probabilmente ha atteso la riunione del National Space Council per non rovinare il clima in vista del debutto della Crew Dragon. Insediatosi lo scorso dicembre, Loverro era stato scelto l’ottobre precedente per prendere il posto di Bill Gerstenmaier, da anni al vertice di Human spaceflights che, nel frattempo, era stato riassegnato al ruolo di special adviser per la trapelata insoddisfazione di Bridenstine sulla sua scarsa adesione al nuovo programma lunare. Non a caso, Loverro aveva spiegato di avere come primo obiettivo l’accelerazione dei vari progetti a corredo dell’obiettivo 2024, compreso il programma Commercial crew.
FRIZIONI SUL PROGRAMMA LUNARE?
La notizia delle dimissioni ha dunque sorpreso un po’ tutti. Secondo voci industriali riprese dal sito specializzato SpaceNews, sono imputabili a divergenze emerse con lo stesso Bridenstine. Non aiuta a fare chiarezza la criptica mail mandata ieri da Loverro ai dipendenti della Nasa. “I rischi che assumiamo, siano essi tecnici, politici o personali, hanno tutti potenziali conseguenze se li giudichiamo in modo errato – ha scritto il manager – io ho preso un simile rischio all’inizio dell’anno perché ho ritenuto necessario adempiere alla nostra missione”, ma, “è chiaro che ho fatto un errore in quella scelta per la quale solo io devo sopportarne le conseguenze”. Non sono però meglio specificati né l’errore né le conseguenze, mentre nel frattempo la questione è già arrivata a Capitol Hill, con le dichiarazioni della deputata democratica Kendra Horn che si è detta “profondamente preoccupata”. In attesa di specifiche, l’incarico di Loverro è passato al suo vice Ken Bowersox. Sarà lui a occupare il posto in prima fila al lancio di mercoledì prossimo.
(Foto Twitter: Nasa Commercial Crew)