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Cina in Africa, c’è chi dice no. La Nigeria apre un’indagine su debito e corruzione

Hanno fatto il giro del mondo i video delle discriminazioni degli africani in Cina accusati di portare il coronavirus. Episodi che, come avevamo raccontato alcune settimane fa su Formiche.net, rappresentano un doppio rischio per la Cina: da una parte lo scandalo diplomatico, dall’altro il pericolo di minare il rapporto con i Paesi del Continente nero, conquistati a suon di renminbi e fondamentali sia come laboratorio della ricerca cinese sia come base del consensus cinese nelle sedi del multilateralismo.

Ora, come racconta il manifesto (sulla cui testata c’è ancora orgogliosamente la dicitura “quotidiano comunista”), il parlamento nigeriano ha fatto partire un’indagine urgente sui prestiti cinesi. Al centro delle investigazioni c’è la banca cinese Exim che, spiega il giornale, “negli ultimi 20 anni è stata una dei maggiori creditori della Nigeria, prestando oltre 18 miliardi di euro alla più grande economia africana, per finanziare progetti legati a trasporti, comunicazioni e tecnologie, energia, agricoltura, acqua, sanità ed educazione”. Nei giorni scorsi due dirigenti di un’azienda di costruzione cinese in Nigeria sono stati arrestati dalla Commissione economica e finanziaria della Nigeria per presunto tentativo di corrompere uno dei capi della commissione. 

Il manifesto ha intervistato il deputato che ha proposto l’indagine, Ben Rolland Igbapka. Che parla del debito della Nigeria verso la Cina in questo modo: “Attualmente il debito è di circa 3,2 miliardi di dollari ma il problema non è solo il prestito, perché la Nigeria è in grado di rimborsare ma l’irregolarità e l’agenda nascosta dietro ai progetti che non mira a favorire i nigeriani. Abbiamo scoperto che i contratti firmati dal governo federale erano tutti in lingua cinese, il che è sospetto”. E ancora: “I prestiti dalla Cina sono legati ai progetti specifici e la maggior parte di essi riguarda la costruzione di ferrovie e le infrastrutture. E il governo nigeriano deve coprire la quota di competenza alla banca Exim perché il 95 percento di coloro che lavorano a questi progetti provengono dalla China Civil Engineering Construction Cooperation – un’azienda di costruzione cinese. E questo non favorisce in alcun modo i nigeriani perché abbiamo lavoratori qualificati che possono farlo. La Ccecc ha diritto all’esecuzione al 100 percento, decidono il costo del progetto, tutti i materiali utilizzati vengono importati dalla Cina e non ne ricaviamo alcun vantaggio. E, se il debito non viene pagato, i progetti possono essere sequestrati dal governo cinese”.

Il deputato, che sottolinea anche come gli aiuti contro il coronavirus siano stati scarsi (“Sono solo arrivati 15 dottori cinesi attraverso la Ccecc che vuole proteggere i suoi interessi, non i nigeriani”), parla di “colonialismo economico della Cina” in alcuni Paesi africani. Ma non in Nigeria: “È troppo grande per loro e, inoltre, anche il debito che dobbiamo loro è poco rispetto ad altri Paesi”. Ma il suo è un grido d’allarme, che sembra confermare quanto denunciato dal think thank statunitense Foundation for Defense of Democracies pochi giorni fa in un report analizzato anche da Formiche.net: attraverso la Via della Seta, “la Cina non esporta solo acciaio e cemento, ma anche corruzione, opacità e sprechi”. 

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