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L’Occidente è un impegno quotidiano. Scrive l’ambasciatore Talò

Di Francesco Maria Talò

L’8 maggio 1945 gli Alleati liberavano l’Europa da un incubo che minacciava la stessa sopravvivenza della nostra civiltà europea. 

Si parla spesso di momenti storici, ma quello è stato davvero una svolta che ha segnato la nascita di un legame che unisce tutt’oggi Europa e Stati Uniti. La comunità transatlantica emersa dalle rovine della Seconda guerra mondiale si riconosce tutt’ora in quei valori consacrati nel Trattato di Washington che portò alla nascita dell’alleanza atlantica nell’aprile 1949: democrazia, libertà individuali, tutela dei diritti fondamentali. Dopo la più devastante guerra della storia dell’umanità, nella quale l’uomo ha conosciuto l’inumanità della Shoah, si è subito compreso che la minaccia di un conflitto non era stata per sempre allontanata dall’Europa. Sconfitto il mostro nazista, il continente era di nuovo a rischio a causa della divisione in blocchi tra loro ostili. Una cortina di ferro era calata sull’Europa.

Da quel giorno, gli Stati Uniti – che con incalcolabili sacrifici avevano condotto le forze alleate alla vittoria – si sono legati all’Europa evitando il ripetersi di un suicidio del nostro continente. Gli americani non hanno lasciato l’Europa come era avvenuto alla fine della Prima guerra mondiale e così la storia non si è ripetuta. Da 75 anni l’Europa conosce il più lungo periodo di pace della sua storia.

Un risultato per il quale dobbiamo gratitudine agli alleati americani e a quanti in Europa hanno lottato per la libertà e poi si sono impegnati a preservarla. 

Ricordo quanti hanno avuto il coraggio della responsabilità e della riconciliazione nella verità: negli anni più bui e dopo, in quelli della rinascita europea. Mi hanno colpito due fotografie che hanno accompagnato due tweet della delegazione tedesca alla Nato: una è quella della “genuflessione di Varsavia” di 50 anni fa, quando il cancelliere Willy Brandt accettò le colpe dal suo Paese; nell’altra foto si vede una rosa bianca che accompagna l’impegno a non dimenticare e lavorare per la pace. Ricordo quindi il sacrificio dei coraggiosi patrioti tedeschi del gruppo della “Rosa Bianca”, che durante la guerra sentirono la responsabilità di ribellarsi al nazismo e vennero decapitati dal regime.

Coltivare la memoria della storia oggi è un imperativo morale anche nei confronti delle nuove generazioni. Il mondo libero, l’Occidente, è una costruzione potente ma non scontata che richiede un impegno quotidiano di ciascuno di noi.

Nell’epoca dell’incertezza, con una crisi globale legata alla pandemia che può rischiare di chiuderci e dividerci, è ancora più importante il contributo di ciascuno di noi per preservare e rinsaldare un legame costituito in primo luogo da valori tra le due sponde dell’Atlantico. È nata allora, per la prima volta nella storia, un’alleanza “per” (i nostri valori) e non “contro” (degli avversari che possono cambiare). È grazie a quella comunità di valori che quella “costruzione” è sopravvissuta dopo la caduta del Muro di Berlino e mantiene forte nel mondo post 11 settembre e delle nuove sfide di oggi.

Sfide delle cui implicazioni profonde acquisiamo cognizione con drammatica rapidità impongono consapevolezza delle nostre radici. In un mondo interconnesso ma frammentato, solo se preserveremo la coesione e la consapevolezza del nostro essere Occidente potremo essere in grado di far fronte a tali sfide, cogliendo al contempo le opportunità che con esse ci si presentano. L’8 maggio del 1945 ebbe fine una drammatica guerra civile dell’Occidente, in cui una parte dell’Europa rinnegò le radici della propria civiltà. 

Non dovrà mai più accadere. 

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