Che nell’azione di Matteo Salvini, e più in generale dell’opposizione di centrodestra, si avverta una difficoltà, quasi una sorta d’impaccio, è un dato evidente. Al di là dei sondaggi che segnerebbero in netta discesa i consensi per la Lega. Eppure il governo e lo stesso premier non solo non sembrano godere più della fiducia che avevano solo qualche settimana fa presso gli italiani, ma è presumibile che di consenso ne godranno sempre meno man mano che gli effetti della crisi e le difficoltà della ripartenza si appaleseranno con tutta evidenza.
Come può allora Salvini uscire dallo stallo e dare una prospettiva al suo partito e all’opposizione di cui resta fino a prova contraria il leader? Premesso che è un po’ parodostico dispensare consigli da non politico a un politico che ha portato il suo partito dal 4 al 34 per cento, provo a dire la mia sollecitato dalle riflessioni dell’amico Becchi. E anche se è di cattivo gusto, mi tocca rimandare a quanto scrissi su queste colonne appena nato il Conte 2: reggere per troppi mesi, anzi per anni come potrebbe essere, all’opposizione è per un leader politico attuale, che al governo già c’è stato, un’ impresa titanica.
Credo che lo stesso Capitano, con il fiuto politico che lo contraddistingue, se ne sia accorto subito dopo il Papeete, quando, goffamente, ha cercato, senza successo, di tornare sui suoi passi. Ma la frittata era ormai fatta! A quel punto bisognava pianificare una spallata, in modo da poter far cadere il governo il prima possibile. Prima ad esempio che si procedesse con le nomine, che avrebbero con ogni probabilità (ed infatti così sta avvenendo) sancito un’occupazione del potere che un domani sarà difficile smantellare.
La spallata poteva avvenire agendo lungo una doppia direttrice: cercando di lavorare sulle contraddizioni della nuova maggioranza, da una parte; conquistando regioni importanti (anche simbolicamente) come l’Emilia-Romagna, dall’altra. La prima direzione, diciamoci la verità, non è nelle corde di Salvini, che è un uomo di contrapposizioni frontali che non conosce l’aurea regola machiavelliana di farsi amico il nemico del tuo nemico (e Conte all’interno della nuova maggioranza qualche nemico ne ha). Una incapacità che si è vista anche nei rapporti con l’Unione europea, con cui prima di scontrarsi frontalmente sarebbe stato opportuno misurare le proprie forze e cercare alleanze.
Quanto alle elezioni in Emilia-Romagna, Salvini ha commesso un doppio errore: ha sottovalutato Stefano Bonaccini, che aveva ben governato facendo sue anche politiche “di destra”; non ha scelto un candidato “cazzuto” in grado di contrastarlo. È poi arrivato il tremendo virus “cinese”. A quel punto era naturale che gli italiani si sarebbero dapprima stretti attorno al governo (Fase 1) e poi sarebbero stati molto esigenti (lo saranno nella Fase 2 appena iniziata). Saggio sarebbe perciò stato prepararsi alla Fase 2 con un progetto complessivo di “rinascita del Paese”, ispirato ad una cultura politica del tutto diversa da quella del governo.
Niente di niente. Certo Salvini, interrogato, illustrerebbe tante belle proposte presentate e illustrate, senza seguito, a chi di dovere. Ma tante proposte non fanno un progetto, così come contestare sul proprio terreno (quello degli aiuti e dei sussidi) il governo non porta lontano. C’è poi un altro elemento da considerare: non è dubbio che il Covid-19 abbia cambiato l’ordine delle priorità e che occorra rimodulare il proprio messaggio. Salvini, da una parte, sembra averlo capito, così come ha capito che un atteggiamento oppositivo a prescindere (quello che vorrebbe Becchi che ha una concezione romantica della politica) non è più adatto a questa stagione (d’altronde anche le forze di governo hanno apparentemente molto rimodulato il loro europeismo acritico di un tempo); dall’altra, rimane ancorato ai vecchi cliché e ai vecchi istinti, quasi avesse paura di perdere il vecchio.
Il risultato è che il leader della Lega sembra in questo momento avere il piede in due staffe, quasi in modo da potersi facilmente adattare alle situazioni che matureranno. Occorrerebbe invece acciuffare la realtà con un azzardo, con quella sfrontatezza che in politica è dote e non vizio. Non trasmettere un messaggio netto, in un senso o nell’altro, potrebbe essere esiziale.