Si parla di disintermediazione quando i cittadini decidono le politiche del Paese attraverso una piattaforma web. Ma è un fenomeno che affascina anche quei politici tentati di portare a casa risultati senza consultare le parti sociali e le lobby. Se funziona, tutto si velocizza, se funziona. Però gli effetti collaterali possono essere esiziali. Ne abbiamo parlato con Licia Soncini, lobbista, presidente di Nomos Centro Studi Parlamentari, che abbiamo intervistato per la rubrica video di Telos A&S Lobby Non Olet. Licia Soncini fa riferimento alla riforma chiamata ‘Buona Scuola’: “Il Governo Renzi aveva un alto consenso e, quindi, poteva permettersi di non dialogare con le parti coinvolte da quei provvedimenti e di portare avanti le norme così come erano state pensate”. Soncini cita uno studio condotto da Giliberto Capano e Paolo Terenzi dal titolo “I gruppi di interesse e la legge sulla Buona Scuola”, Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, Fascicolo 2, agosto 2019.
Dallo studio emerge come, in una democrazia, le decisioni politiche ‘solitarie’ degli uomini forti al comando abbiano un respiro corto. Portano risultati immediati, sì, ma non fanno altro che rimandare nel tempo la concertazione, che non sarà saltata a piè pari, come sperato, perché avrà luogo in un secondo momento e con risvolti mediatici inaspettati, che trasformano una fisiologica negoziazione in una rivolta popolare. In altre parole, la tempestività ha un risvolto positivo nell’immediato, con la mitologia del ‘governo del fare’ che si porta dietro. Tuttavia diventa presto un boomerang, perché le categorie che non sono state ascoltate non staranno zitte in un angolo ma diranno la loro, e nel modo che farà più rumore possibile. “Viene da chiedersi – scrivono gli autori dello studio – cosa sarebbe successo se il governo Renzi avesse negoziato i medesimi contenuti ponendo direttamente sul piatto della bilancia quella che si presentava, ed è stata, come la più grande assunzione straordinaria («sanatoria») di dipendenti pubblici degli ultimi decenni repubblicani (e, quindi, il più significativo aumento della spesa in istruzione dei trent’anni precedenti)”. Un’occasione mancata. Il problema non è che in Italia c’è troppa lobby, il problema è che ce n’è troppo poca.