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Esplorazione dello Spazio. Inizia una nuova era. Parla Maurizio Cheli

Benvenuti nella nuova era dell’esplorazione umana dello Spazio. Inizia oggi da Cape Canaveral intorno alle 22:30 italiane, con il lancio della navicella Crew Dragon verso la Stazione spaziale internazionale. L’astronauta italiano Maurizio Cheli, oggi consigliere d’amministrazione dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), spiega a Formiche.net perché il lancio ha una portata storica. Nel 1996, a bordo dello Space Shuttle Columbia per la missione STS-75, fu il primo italiano a ricoprire il ruolo di “mission specialist” oltre l’atmosfera. Pilota collaudatore, sa bene cosa si prova a volare per primi su un velivolo. Lo faranno stasera (meteo permettendo) gli esperti Douglas Hurley e Robert Behnken. Con loro gli Stati Uniti torneranno dopo nove anni a lanciare dal proprio territorio astronauti verso la Iss.

Il lancio ha davvero una portata storica?

Sì, per una serie di motivi. Il primo, è il ritorno da parte degli Stati Uniti al lancio dei propri astronauti dopo l’ultima partenza, nel luglio del 2011, dello Space Shuttle; segna insomma la riappropriazione dell’indipendenza di accesso alla Iss, cosa che da un punto di vista strategico ha un grande significato. Poi, si tratta del primo vero e proprio nuovo veicolo spaziale degli ultimi quarant’anni. L’ultimo fu proprio lo Space Shuttle nell’aprile del 1981 (la russa Soyuz è ancora più vecchia). Da allora, nonostante modifiche e aggiornamenti, non si progettava nessun nuovo veicolo basato su tecnologie moderne.

C’è un salto tecnologico dunque?

Certamente. Anche se la Crew Dragon, così come i programmi che legano Boeing e Nasa, dimostra che non basta solo possedere la tecnologia, ma che serve anche il coraggio di applicarla a idee innovative. Il primo stadio del razzo Falcon 9 in partenza verrà recuperato e sarà poi riutilizzabile. In prospettiva, ciò avrà un impatto notevole sui costi di accesso allo Spazio; un esempio con cui tutti dovranno fari i conti, Europa compresa.

Che intende?

Bastano due cifre. Il lancio sulla Soyuz costa all’incirca 80 milioni di dollari a persona. Sulla Dragon, tale cifra si abbassa a 50 milioni. Tra l’altro, la capsula di SpaceX potrà portare quattro astronauti alla volta (nella configurazione principale, ma anche sei in alternativa), e ciò è un gran passo in avanti.

A proposito di SpaceX, c’è anche questo di “storico” nel lancio odierno: il forte ruolo dei privati. È la cifra stilistica della Nuova economia dello Spazio?

Sì, anche se in questo caso per Elon Musk si tratta di un mercato captive, dato che la Nasa fornisce i finanziamenti. Dimostra comunque che l’intraprendenza privata, se associata a un oversight pubblico (dato che il mezzo deve soddisfare i requisiti di sicurezza ed efficienza della Nasa e della Federal aviation administration), è in grado di produrre un risultato di gran lunga superiore al passato, quando i programmi erano esclusivamente pubblici. Ciò si lega alle ripercussioni sul mercato commerciale, dove la disponibilità di un primo stadio recuperabile per lanciare satelliti avrà un impatto anche maggiore.

Ha parlato anche di lancio “strategico”. C’è un valore geopolitico nella partenza della Crew Dragon?

Certamente sì, soprattutto se è vero (come leggo) che Donald Trump sarà presente al lancio. La partecipazione del presidente sottolinea il valore geo-strategico di questa missione. D’altra parte, se quando ho volato sullo Space Shuttle mi avessero detto che il veicolo sarebbe stato cancellato prima di arrivare a un mezzo alternativo, non ci avrei creduto. L’indipendenza di accesso allo Spazio è un elemento strategico per ogni potenza.

Tra l’altro, i vertici americani legano la partenza di oggi ai programmi verso Luna (Artemis) e Marte. È una corsa totale all’esplorazione dello Spazio?

Il filone è lo stesso. L’importanza del lancio odierno è soprattutto emozionale, ma ciò non toglie che sarà la pietra miliare di una nova fase dell’esplorazione spaziale. Una fase che ci porterà fuori dalla bassa orbita terrestre, in cui siamo rimasti da decine di anni, cioè dall’ultimo volo sulla Luna. Di andare oltre l’orbita bassa se ne è parlato a lungo. Con i nuovi programmi in essere, il momento sembra arrivato e la Crew Dragon potrebbe essere uno dei mezzi per consentirlo.

Lei ha volato a bordo dello Space Shuttle Columbia. Si è fatto un’idea di cosa cambia con la Crew Dragon?

La differenza è la stessa di quella tra un radio-telefono e uno smartphone. La tecnologia dello Shuttle era sostanzialmente elettromeccanica con un po’ di elettronica. La sicurezza era garantita da ridondanze multiple dei sistemi. Al giorno d’oggi, l’elettronica, la miniaturizzazione (fattore importante) e la disponibilità di materiali moderni (quindi leggeri) contribuiscono ad aumentare le prestazioni in termini di carico pagante per chilo lanciato. L’interfaccia poi è molto moderna, così come i sistemi di sicurezza all’avanguardia.

Tra l’altro, con la Crew Dragon si torna al concetto di capsula. Perché?

La capsula può essere lanciata (e soprattutto può rientrare) in maniera molto più semplice rispetto a un grosso veicolo con le ali come lo Space Shuttle, con un impatto diretto in termini di sicurezza. Nel caso della capsula, il vettore che la trasporta in orbita possiede la capacità di estrazione in qualunque fase del lancio. Con lo Shuttle ciò non era possibile. Nei primi due minuti della partenza non si poteva neanche acquisire il controllo manuale.

Insomma, stiamo davvero entrando in una nuova epoca di esplorazione dello Spazio?

Probabilmente sì. L’esplorazione spaziale cambierà per il fatto di avere alternative di accesso alle orbite. Ciò spingerà ancora di più alla ricerca di soluzioni più efficaci ed efficienti, un poì come accade nella competizione commerciale. Tra l’altro, buona parte della tecnologia potrà essere utilizzata per il programma lunare Artemis e poi, più in là, verso Marte.

Da pilota collaudatore, com’è essere i primi a volare su un nuovo veicoli, tra l’altro in una missione di test che serve proprio a certificarlo per lanci futuri?

È sicuramente affascinante essere per primi a bordo di un nuovo velivolo. C’è da notare che anche per questo sarà l’unica missione ad avere una data di lancio, ma non una data precisa di ritorno. Dovrebbe essere di 199 giorni, ma potrebbe anche essere più corta a seconda dei dati relativi al viaggio d’andata.

Per primi sulla nuova capsula, Hurley e Behnken, avranno paura?

Non la definirei paura; sono entrambi molto preparati per il viaggio, e oggi le tecnologie permettono di fare simulazioni a terra che sono davvero molto vicine a ciò che succede nel lancio vero e proprio. Sicuramente, c’è l’aria di un nuovo velivolo da testare. Immagino che ci sia un sentimento contrastante tra l’idea di essere al forefront di una nuova esplorazione dello Spazio, e la consapevolezza di avere un livello di rischio che è comunque superiore a quello che avrà chiunque viaggerà dopo.


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