Big data, intelligenza artificiale, missilistica ipersonica e sistemi autonomi. Sono alcune delle tecnologie che cambieranno in modo determinante la competizione militare nel giro di vent’anni. Lo certifica l’ultimo report dell’Alleanza Atlantica, “Science & Technology Trends: 2020-2040”, rilasciato lunedì scorso e redatto dalla Nato Science and technology organization.
IL REPORT
Il rapporto raccoglie in circa 160 pagine il contributo di seimila tra esperti, analisti, scienziati e ingegneri. L’introduzione è firmata dal presidente del Comitato militare Sir Stuart Peach e dallo chief scientist dell’Alleanza Bryan Wells. L’obiettivo è offrire ai Paesi membri una rassegna dei trend tecnologici da qui al 2040, evidenziandone l’impatto potenziale sulla sicurezza comune. D’altra parte, lo scorso dicembre, durante il vertice di Londra, erano stati i capi di Stato e di governo a porre l’accento sulle tecnologie “emerging and disruptive” (ormai raccolte nell’acronimo Edt), chiedendo di avviare una riflessione su come mantenere una posizione di vantaggio rispetto ai competitor, Cina su tutti. D’altra parte, nello stesso vertice londinese si prendeva coscienza per la prima volta a livello Nato delle sfide poste da Pechino.
QUATTRO AGGETTIVI PER LA GUERRA DI DOMANI
Sulla base della stessa esigenza è stato redatto il report “Science & Technology Trends: 2020-2040”. Attribuisce quattro aggettivi alle future tecnologie militari (le armi del domani, per intenderci): intelligenti, interconnesse, distribuite e digitali. Saranno “intelligenti” grazie allo sviluppo dell’intelligenza artificiale (Ia) e alle capacità potenziate di analisi di grandi quantità di dati. Saranno “interconnesse” grazie all’estensione della rete e a nuovi metodi di criptazione, che avvicineranno il virtuale al dominio fisico tra realtà aumentata e reti sensoriali. Saranno poi “distribuite” grazie alla potenza della rete, alla sensoristica avanzate e alle capacità di calcolo computazionale. Saranno infine “digitali” (termine che in questo contesto sembra quasi antiquato) per la crescente preponderanza del dominio cibernetico come spazio d’attacco e di difesa.
LE TECNOLOGIE DISRUPTIVE
Con queste quattro caratteristiche, le tecnologie militari dei prossimi vent’anni si muoveranno soprattutto in otto aree ad alta innovazione: i dati, l’intelligenza artificiale, l’automazione, lo Spazio, l’ipersonica, la quantistica, la biotecnologia e i materiali. Le prime cinque aree, si legge nel report, possono contare su studi avanzati già avviati da tempo. Le tecnologie in questo campo sono dunque definite “predominately disruptive in nature”, vale a dire già capaci di generare effetti rivoluzionari sulle capacità militari con un impatto significativo previsto nel giro dei prossimi anni. Le altre tre (quantistica, biotecnologie e materiali) sono leggermente indietro. Considerate “emergenti”, richiederanno tra i dieci e i vent’anni prima di divenire “disruptive” sulle capacità militari.
INTERESSANTI SOVRAPPOSIZIONI
Ancora più “disruptive”, spiega il rapporto della Nato, saranno le tecnologie che riusciranno a combinare trasversalmente le innovazioni nelle suddette otto aree. Si tratta di “sinergie e inter-dipendenze che si prevede avranno un’elevata influenza per lo sviluppo delle future capacità militari”. Si guarda, ad esempio, alle tecnologie che fonderanno Big data, intelligenza artificiale e automazione, capaci di far gestire enormi quantità di dati a sistemi autonomi supportati da reti di sensori avanzati. La combinazioni dati-Ia-biotecnologie “contribuirà alla progettazione di nuovi farmaci, modifiche genetiche mirate, manipolazione diretta delle reazioni biochimiche e sensori viventi”. Interessante anche il trittico spazio-ipersonica-materiali; gli avanzamenti nei tre campi faranno la differenza nella corsa allo Spazio, sia nell’esplorazione, quando nei sistemi di attacco extra-atmosferici.
IL DOPPIO SFORZO DELLA NATO
Considerando tali scenari, il report invita gli Stati membri ad aumentare l’attenzione (e gli investimenti) verso queste aree di sviluppo. Lo sforzo è duplice. Da una parte, spiegano gli esperti, si tratta di consentire all’Alleanza di poter operare negli ambienti operativi del prossimo futuro, come Spazio, cyber e aree urbane ad elevata complessità. Dall’altra, la Nato vuole assicurarsi che la comunità internazionale sia concentrata a sviluppare limiti normativi, politici, economici e organizzativi a queste nuove tecnologie “sin dalle prime fasi del loro sviluppo”.