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Cina, sondaggi e virus, così Trump scatena la tempesta elettorale

Frustrato dai sondaggi e dall’andazzo dei rapporti con la Cina, il magnate presidente Donald Trump è in piena “tempesta elettorale”: vuole dipingere di nero il muro, che ancora non c’è, sul confine con il Messico; chiedere alla Corte Suprema la revoca dell’Obamacare, che non è riuscito a ottenere dal Congresso; indagare sul ruolo dell’Ucraina nelle elezioni del 2016 e sui casi di corruzione in cui sarebbero implicati il suo rivale Joe Biden e, soprattutto, il figlio di Biden, Hunter; e non intende allentare le sanzioni verso Paesi come l’Iran, Cuba, il Venezuela, duramente investiti dall’emergenza coronavirus.

In piena “tempesta”, la sua amministrazione fa però un mezzo passo indietro sulle accuse alla Cina: ci sono “prove”, ma non “certezze”, sull’origine del virus in un laboratorio di Wuhan, nell’Hubei, ammette il segretario di Stato Mike Pompeo, che, comunque, non mostra i dati.

La “tempesta” del presidente è forse collegata a un sondaggio della Monmouth University, che allarga il vantaggio di Biden su Trump a livello nazionale, rispetto ad altri rilevamenti: Biden sarebbe al 50% delle intenzioni di voto, Trump al 41%. E ciò malgrado che il 37% degli interpellati ritenga vere le accuse di molestie sessuali mosse all’ex vice-presidente da una sua ex collaboratrice, Tara Reade – il 32% le ritiene false e il 31% non ha opinione in merito -.

Trump, che ostenta la volontà di fare ripartire l’America, pare in preda a un momento di sconforto, quando afferma che l’epidemia di coronavirus è peggio di Pearl Harbour o dell’11 settembre e dice: “Non sarebbe mai dovuto accadere”. Negli Usa, i casi di contagio sono oltre 1.228.000 milioni (cioè un terzo dei 3.755.000 al mondo) e le morti quasi 73.500 (oltre un quarto delle circa 264mila al mondo). I decessi mercoledì sono stati 2.073.

Fronte Cina, la portavoce della Casa Bianca Kayleigh McEnany esprime “delusione e frustrazione” sullo stato delle relazioni: le iniziali reticenze cinesi nell’informare sull’epidemia di coronavirus e poi le accuse statunitensi di responsabilità nella creazione e/o nella fuga del virus hanno deteriorato i rapporti. Trump ha di nuovo evocato lo spettro dei dazi e sta valutando come punire Pechino sul piano economico, rischiando, però, di fare partire un boomerang, perché ulteriori rallentamenti dell’economia cinese avrebbero ripercussioni negative sull’economia statunitense e mondiale.

Attenuando le affermazioni dei giorni scorsi, il segretario di Stato Mike Pompeo ha detto di avere “prove significative” che il coronavirus venga da un laboratorio di Wuhan, ma ha ammesso di “non averne ancora certezze”. E ha lamentato che la Cina continua a negare l’accesso e ad essere opaca, mentre gli Usa le chiedono di essere trasparente e aperta.

(Gpnews-Usa2020)



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