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Ufo in volo sulle coste Usa? Ecco cosa raccontano i piloti della Marina americana

“Oggetti aerei non identificati”. È così che restano sui documenti ufficiali del Pentagono i velivoli incontrati da alcuni piloti della Marina americana. Otto episodi in tutto, tra il 2013 e il 2019, due dei quali concentrati in un solo giorno. Alcuni di questi erano già stati raccontati dai media, ma mai prima d’ora si era avuto accesso così aperto alle parole dei protagonisti.

IL DATABASE

Le registrazioni, classificate come “hazard report”, si riferiscono a riscontri diretti dei piloti tramite osservazioni visive o sui monitor radar. Sette degli otto rapporti riguardano la warning area W-72, zona che si estende per diversi chilometri da Virginia Beach, al centro della costa est degli Stati Uniti. Coinvolgono i velivoli lì impegnati in attività di esercitazioni, dispiegati presso la Naval Air Station Oceana. I rapporti arrivano dal database del Naval Safety Center, il centro della Marina americana che conserva gli “internal waring” sugli incidenti registrati dai vari reparti della Forza armata. Sono stati declassificati su richiesta dei media americani (tra cui il sito specializzato The Drive, dove si possono leggere) in base a quanto previsto dal Freedom information act e dal recente aggiornamento delle linee-guida che le Forze armate statunitensi si sono date per informazioni di questo genere. Un paio di settimane fa, il Pentagono aveva declassificato tre video risalenti al 2004 e al 2015.

“UN OGGETTO METALLICO”

Già circolati negli anni scorsi sui media, restano per la Difesa Usa “fenomeni aerei senza spiegazione”, formula che, detta dalle autorità pubbliche, era tornata ad alimentare teorie fantascientifiche sulla presenza di navicelle aliene sui cieli del nostro Pianeta. Ora, gli otto rapporti proseguono sulla stessa scia. In un episodio datato 26 marzo 2014, si racconta di “un oggetto metallico” tracciato su un radar da un Super Hornet del Fighter Squadron 106 impegnato nella zona W-72. Il pilota è riuscito ad avvicinarsi fino a 300 metri da quello che ha descritto come “di colore argenteo, approssimativamente della dimensione di una valigia”. Non è però “stato in grado di determinare l’identità del velivolo (…) ha poi tentato di riacquisire contatto visivo, ma non c’è riuscito”. La nota del comandante parla di “rischio di collisione” e di “un grave problema di sicurezza, dato che il velivolo sconosciuto è stato rilevato in un’area a uso esclusivo”, cioè dove non doveva esserci nessun altro.

DUE GIORNI PARTICOLARI

Tra l’altro, meno di un mese dopo, il 23 aprile 2014, un altro Super Hornet (questo del Fighter Squadron 11) si è imbattuto nella stessa zona (W-72 warning area) in più “dispositivi aerei non identificati”, registrati con l’acronimo Uad. Inizialmente due, apparsi sul radar pressoché stazionari a 3.600 metri e 4.500 metri. E mentre il pilota trovava riscontro con il sistema di puntamento infrarosso Atflir del velivolo, altri due oggetti (non apparsi sul radar) passavano nel campo visivo di tale sistema ad alta velocità. Nonostante le ricerche, l’esito è stato il medesimo del mese precedente: nessuna identificazione. Poi, il giorno dopo, il 24 aprile 2014, altri due Super Hornet, sempre del Fighter Squadron 11, sempre nella zona W-72, hanno registrato un contatto radar con un altro oggetto non identificato, anch’esso stazionario a un’altitudine di circa 3.300 metri.

“SIMILE A UN PALLONE”

Questa volta il pilota è riuscito ad agganciarlo con il sistema Catm-9Xs, versione d’addestramento del missile Aim-9X, senza però essere in grado di avere contatto visivo. Il rapporto si chiude con la nota del comandante dello Squadron, che certifica il terzo episodio in dieci mesi e il secondo in meno di 24 ore. Nota aggiornata pochi giorni dopo, il 27 aprile, quando lo Squadrone d’attacco 11 della Marina americana ha avuto il terzo contatto meno di una settimana. Il rapporto in questione è più scarno, ma presenta per la prima volta una descrizione dello “Uad”. Si parla infatti del rischio di “una collisione con un oggetto simile a un pallone”.

“SEMBRAVA UN DRONE O UN MISSILE”

Il primo incontro di questo tipo per il Fighter Squadron 11 è datato 27 giugno 2013, quando l’equipaggio di un Super Hornet racconta di aver visto passare sulla destra, a circa 60 metri, un oggetto di “colore bianco”, con una scia visibile di fumo dalla parte posteriore, “approssimativamente delle dimensioni e della forma di un drone o di un missile”, in un’area in cui però non erano previste attività di questo tipo. È stato classificato come “veicolo aereo senza pilota”, con tanto di nota del comando di che avverte sui rischi di collisione aerea con tali assetti.

“UN PALLONE ROSSO”

L’ultimo episodio degli otto “hazard reports” della US Navy risale al 13 febbraio del 2019. È l’unico che non riguarda la zona W-72. Protagonista questa volta un velivolo da guerra elettronica Growler EA-18G dell’Air Test and Evaluation Squadron 23 (VX-23) in volo sui cieli del Maryland. Nel rapporto, il pilota parla di aver visto direttamente “un pallone meteorologico rosso” a 27.000 piedi, circa 8.800 metri d’altitudine. Peccato che le opportune verifiche con le varie agenzie federali non siano riuscite a ricondurre ad alcuna di essere il pallone rosso, finito dunque tra “gli oggetti non identificati”.

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