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Il vaccino sotto attacco (cyber). Chi suona l’allarme e perché

Nella corsa internazionale al vaccino contro il coronavirus, entra in gioco anche lo spionaggio informatico. Regno Unito e Stati Uniti hanno riscontrato nelle ultime settimane un aumento dei tentativi di intrusione nei sistemi di università e strutture che lavorano contro il Covid-19. Attenzionata anche l’Università di Oxford che, con la Irbm di Pomezia, è tra i più accreditati ad arrivare prima al vaccino.

L’AVVERTIMENTO DI LONDRA…

L’avvertimento arriva dal National cyber-security centre (Ncsc), la struttura britannica per la sicurezza informatica incardinata all’interno dei Government communications headquarters (Gchq), agenzia per l’intelligence delle comunicazioni. Attraverso il Guardian, gli esperti hanno fatto sapere di aver notato un aumento degli attacchi cibernetici su strutture sanitarie e universitarie, in particolare quelle coinvolte nella ricerca del vaccino contro il virus. Si tratterebbe soprattutto di tentativi statuali (ma non solo) che, fortunatamente, al momento non avrebbero avuto successo. “Qualsiasi attacco contro gli sforzi per combattere la crisi del coronavirus è assolutamente riprovevole – ha spiegato al quotidiano inglese un portavoce del Ncsc – abbiamo notato una percentuale maggiore di attacchi informatici legati al coronavirus e i nostri esperti lavorano 24 ore su 24 per aiutare le organizzazioni prese di mira”.

…E DI WASHINGTON

L’attenzione delle autorità di Londra è rivolta all’attivismo nel campo di Russia, Cina, Iran e Corea del nord, gli stessi Paesi citati anche da un funzionario “che conosce i dettagli” al Wall Street Journal. D’altra parte, le preoccupazioni del Regno Unito sono le stesse già espresse dagli Stati Uniti. Pochi giorni fa, il direttore del National counter-intelligence and security center (Ncsc) Bill Evanina aveva chiesto a strutture sanitarie e centri di ricerca di alzare il livello d’attenzione sulla sicurezza informatica. Anche lui aveva rassicurato sul fatto che niente sarebbe ancora stato sottratto, pur promettendo un aumento delle protezioni per le infrastrutture sensibili. A metà aprile, era stata l’Fbi ha denunciare “alcune intrusioni” su istituzioni a lavoro sulla ricerca anti-Covid. Il deputy assistant director Tonya Ugoretz aveva avvertito che le strutture sanitarie era ormai diventate “un target prioritario di spionaggio informatico”.

LA CORSA AL VACCINO

Sul vaccino si gioca d’altronde una partita geopolitica di grande rilevanza. Non è un segreto che le superpotenze siano tutte impegnate in una corsa senza esclusioni di colpi. È per questo che tra i bersagli dell’attivismo riscontrato da Londra e Washington ci sarebbe su tutti l’Università di Oxford che, in collaborazione con l’Irbm di Pomezia, lavora sul progetto che da molti è considerato tra i più accreditati a sviluppare per primi il vaccino. E così gli esperti britannici del Ncsc hanno aumentato la protezione sull’ateneo inglese. Nella lista per un “extra help” ci sarebbero anche l’Università di Cambridge e l’Imperial College di Londra, entrambi con strutture a lavoro sul contrasto alla pandemia. C’è poi da monitorare il Servizio sanitario nazionale (Nhs), già nel 2017 duramente colpito dall’attacco del ransomware WannaCry, con decine di migliaia di dispositivi infettati e sotto ricatto. Anche per questo, all’inizio di aprile il segretario alla Salute Matt Hancock ha siglato una direttiva che affida all’intelligence (il Gchq) la supervisione sulla rete informatica del servizio sanitario nazionale.

LA COLLABORAZIONE TRA INTELLIGENCE

La condivisione di timori tra Uk e Usa ha già portato alla condivisione di informazioni (con i rischi sul futuro per la mezza apertura di Londra a Huawei, qui un focus). Secondo il WSJ, le rispettive intelligence avrebbe già scambiato i dettagli degli attacchi riscontrati. In preparazione ci sarebbe un “joint advisory” con cui avvertire le organizzazioni della minaccia in atto e suggerire loro le contromisure da intraprendere. Una collaborazione che si allarga ai cosiddetti Five Eyes (con Australia, Canada e Nuova Zelanda). Secondo le indiscrezioni dell’australiano Daily Telegraph, i governi dei cinque Paesi starebbero per ricevere un documento di quindici pagine redatto dalle rispettive intelligence con le prove della “deliberata” distruzione di prove da parte della Cina sulla diffusione del coronavirus.

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