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Virus social club. Perché il coronavirus rafforza Trump e non Biden (per ora)

Di Lucio Martino

Covid-19 e il modo con il quale l’amministrazione Trump ne ha affrontato l’emergenza non potranno non incidere sul risultato delle elezioni presidenziali in calendario per il prossimo 3 novembre. L’epidemia ha già costretto un radicale ripensamento degli strumenti e delle strategie tradizionalmente impiegati nell’ambito di una serie di campagne elettorali destinate anche a decidere le future maggioranze della Camera e del Senato oltre all’identità dell’inquilino della Casa Bianca. Sotto quest’ultimo aspetto, l’epidemia ha potenziato vecchie dinamiche e ne ha introdotte di nuove, alcune delle quali potrebbero favorire il presidente in carica, altre il suo sfidante.

La grande maggioranza dei media ha criticato duramente le risposte con le quali l’amministrazione Trump ha cercato prima di contenere, e poi di mitigare, l’effetto di Covid-19. Finora, questi forti attacchi sembrano aver paradossalmente giocato a favore del presidente Donald Trump, perché hanno alimentato quella sua polarizzante narrativa secondo la quale tutti i grandi Media, nei suoi confronti, non provano altro che un ingiustificato odio. Prova ne è il fatto che il relativo livello di approvazione dell’operato presidenziale è rimasto per lo più positivo, continuando nelle ultime settimane a oscillare tra il cinquanta e il sessanta per cento.

Nel prossimo futuro molto può cambiare e può cambiare molto velocemente, ma una cosa che non sembra destinata a cambiare è un qualcosa sul quale sia Trump sia l’ex vicepresidente Joe Biden concordano perfettamente, vale a dire che la situazione causata da Covid-19 è paragonabile a una guerra. In simili passate circostanze, gli americani si stringono intorno al proprio comandante in capo, temporaneamente perdonandone gli errori e trascurandone le debolezze. I precedenti sono numerosi, l’ultimo risale alla relativamente facile rielezione di George W. Bush nel 2004. Sotto questo punto di vista, Covid-19 sembra favorire Trump e danneggiare Biden.

È indubbio come l’andamento dell’economia ha sempre notevolmente influenzato le probabilità di rielezione del presidente in carica. Come già nel 1979, in occasione di una crisi energetica che danneggiò non poco il presidente Jimmy Carter, è improbabile che gli elettori finiscano per biasimare Trump per una recessione nei confronti della quale è obiettivamente difficile attribuirgli delle dirette responsabilità. Tuttavia, il boom economico, a torto oppure a ragione finora trionfalmente cavalcato dall’attuale presidente, è ormai solo un ricordo, e questo è di sicuro un indicatore negativo per Trump e positivo per Biden.

Covid-19 sta poi impattando sul modo con il quale i candidati trasmettono il proprio messaggio ai propri elettori. Trump ha già rinunciato a quei raduni di massa alla base della sua strategia elettorale, ma anche Biden sta evitando ogni contatto con il pubblico. Grazie a Covid-19, le strategie digitali hanno assunto un’importanza inedita, modificando ulteriormente i rapporti di forza tra i due grandi contendenti. Su Twitter, Biden ha cinque milioni di seguaci, molto meno dei settantacinque milioni di Trump. Su Facebook, Biden ha due milioni di seguaci, Trump ne ha trenta. Su Instagram, Biden ha ancora una volta due milioni di seguaci, Trump ne ha venti. Con Trump che ha dieci volte il seguito online di Biden, il Covid-19 è un colpo devastante per la campagna elettorale di Biden.

Molto più sfuggente all’analisi è il modo con il quale Codid-19 sta influenzando l’opinione pubblica. Sotto questo punto di vista sembra legittimo ipotizzare che stia soprattutto rafforzando gli istinti xenofobi e le tendenze stataliste. Mentre sembra indubbio che un aumento della xenofobia non potrà non tornare a vantaggio di un Trump, da sempre fervido sostenitore del ritiro dai trattati internazionali, del rafforzamento dei confini e da ultimo del blocco dei collegamenti internazionali, d’altra parte le conseguenze sul risultato elettorale di un aumento dello statalismo sono molto più incerte, perché Trump continua a prospettare l’opportunità di un deciso rinnovamento infrastrutturale e Biden non può davvero essere considerato come un patrocinatore di un chiaro e forte intervento dello stato nell’economia, come da ultimo evidente nel suo rifiuto di abbracciare Medicare for All e il New Green Deal. Nell’insieme, anche il riallineamento ideologico catalizzato da CoViD-19 sembra favorire Trump più di quanto favorisce Biden.

A quanto è dato sapere, l’età è un fattore significativo tanto nei confronti dell’esito di un’infezione da Covid-19 quanto nei confronti del risultato elettorale. È abbastanza chiaro che gli elettori più anziani sono i più vulnerabili al contagio da Covid-19 e alle sue conseguenze, così come sono sempre gli elettori più anziani quelli che nelle prossime elezioni sembrano con maggiore probabilità intenzionati a esprimere il proprio voto per Trump. Se si procederà normalmente con il voto di persona, è probabile che gli elettori più anziani diserteranno le urne in misura molto maggiore di quanto non faranno gli elettori più giovani. Tuttavia, sembra altamente probabile che proprio a causa di Covid-19 la votazione per posta diventerà una procedura standard, il che che dovrebbe condurre a una partecipazione al voto delle fasce di elettori più anziane ancora più grande di quella mai registrata in passato, e questa è una buona notizia per Trump.

Concludendo, Covid-19 sta incidendo e continuerà a incidere sulle odierne dinamiche elettorali in un modo che, anche contro intuitivamente, dovrebbe favorire Trump e penalizzare Biden. Tuttavia, in quell’ancora lungo e complesso processo elettorale destinato a risolversi non prima di altri sei mesi, queste dinamiche hanno un peso e svolgono un ruolo così incerto e diverso da renderne il risultato così aperto come poche altre volte in passato.

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