“La corsa verso il sogno del popolo cinese non finisce mai. La nuova gloria sta arrivando”. Si conclude con queste due frasi il racconto di Xinhua, la maggiore agenzia di stampa del governo di Pechino, dell’ultima giornata di lavori del Congresso nazionale del popolo.
I temi al centro dell’annuale incontro, rinviato da fine marzo causa coronavirus, sono stati due: la sovranità e la società. Quanto al primo tornano utili le dichiarazioni del primo ministro Li Keqiang, che ha rivendicato l’approvazione di una bozza per una nuova legge sulla sicurezza a Hong Kong, considerata dagli Stati Uniti e dagli attivisti pro democrazia nell’ex colonia britannica come la fine dell’autonomia.
È la fine della dottrina “un Paese, due sistemi?” Nient’affatto, secondo lui: anzi, e s’inquadra in un’efficace “realizzazione di un Paese, due sistemi’ e favorisce la stabilità e la prosperità a lungo termine di Hong Kong”. Ma non è tutto. Perché premier, alla fine dei lavori del Congresso nazionale del popolo, ha tracciato le politiche su Taiwan riusando l’aggettivo “pacifico” escluso dalla sua relazione al Congresso nazionale del popolo. La Cina “considererà sempre i compatrioti” dell’isola “fratelli e sorelle”, avendo “saggezza e capacità di gestire i suoi affari interni”. Rispettando il principio Una Cina e il consenso del 1992, “siamo pronti a parlare con qualsiasi parte politica”. Come su Hong Kong, dunque, anche su Taiwan, Pechino parla di affari interni respingendone come ingerenze le preoccupazioni occidentali per l’erosione dei diritti.
Il secondo tema è rappresentato dal ritorno al Xiaokang, cioè a quella che viene definita una società moderatamente prospera, sotto tutti gli aspetti. Una definizione già emersa durante il Congresso di tre anni fa che è stata rispolverata in quest’occasione particolare, visti i risvolti economici e sociali del coronavirus. Per questo, ora il presidente Xi Jinping, si legge dall’agenzia, “sta conducendo una battaglia per il Paese per spazzare via la povertà assoluta che ha perseguitato la nazione per migliaia di anni”.
Suonerà un po’ grillino ma di fatto Xi vuole abolire la povertà entro la fine dell’anno. Si tratta di circa 5,51 milioni di persone, spiega Xinhua, sotto la soglia di povertà: “Il totale di persone che stanno uscendo dalla povertà raggiungerà i 100 milioni dal 18° Congresso nazionale del 2012”. E ancora, si legge: “L’impegno per cancellare la povertà riflette la filosofia centrata sulle persone della Cina”. Infine, quasi una excusatio non petita: “Sebbene colta alla sprovvista da Covid-19, la Cina non ha mai cercato guadagni economici a breve termine a costo della vita”.
Lo Xiaokang rappresenta dunque un nuovo punto di partenza lungo il percorso verso un grande ringiovanimento nazionale. Ma il concetto, spiega l’agenzia, “significa anche democrazia, stato di diritto, equità, giustizia e un ambiente pulito, tutto ciò che il popolo cinese desidera ardentemente”. Ecco quindi la svolta sul codice civile ma anche il dibattito su intelligenza artificiale, 5G, anziani e tutela delle minoranze, infrastrutture e molto altro, senza dimenticare l’impegno per il multilateralismo e, addirittura, “una maggiore democrazia nelle relazioni internazionali, nonché l’apertura e una cooperazione vantaggiosa per tutti”.
Cooperazione che, si legge, ancora passa per la Via della seta: “Nonostante l’impatto del Covid-19, nel primo trimestre gli investimenti cinesi nei Paesi e nelle regioni della Via della seta sono aumentati dell’11,7% su base annua, con una crescita del 3,2 per cento negli scambi commerciali”. “Lavorare con tutti i Paesi per costruire una comunità con un futuro condiviso per l’umanità”, ha spiegato il ministro degli Esteri Wang Yi, è l’obiettivo di Pechino. Che “non cercherà mai l’egemonia”, ha provato infine a rassicurare il capo della diplomazia cinese anche per rispondere alle proteste per le ultime mosse cinese su Hong Kong e le intenzioni su Taiwan.