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Da Xi a Putin, se i regimi non hanno più segreti. Il corsivo di Lucas

Di Edward Lucas

Chiunque sia preoccupato del regime dell’ex Kgb in Russia dovrebbe essere grato al Partito comunista cinese.

Per anni, le nazioni un tempo sottomesse e i loro amici hanno cercato di spiegare ai decision-makers delle capitali occidentali che la competizione geopolitica è tornata (anzi, non se ne è mai andata).

Oggi il Cremlino ha i suoi interessi. Noi abbiamo i nostri. Dobbiamo gestire lo scontro, evitare un’escalation, ma non ha senso far finta che non esista.

Nessuno dovrebbe credere che relazioni economiche armoniose e win-win debbano necessariamente portare a un sempre più stretto legame politico. Questo, ad esempio, vale per il contesto dell’Unione europea. Oggi una guerra fra Francia e Germania è impossibile. Speriamo di poter dire che vale lo stesso per l’Inghilterra e l’Europa continentale post-Brexit.

Ma quando parliamo di una cleptocrazia autoritaria come la Russia, aumentare il commercio e gli investimenti non può rendere tutti più felici. Dà al Cremlino la possibilità di interferire, e causare danni. Basta guardare alla Germania.

Dobbiamo far fronte a una vera e propria guerriglia politica – una tecnica di cui è stato pioniere il regime bolscevico di Vladimir Lenin, ma che è stata raffinata e modernizzata dalla cleptocrazia di Putin. Queste tattiche mirano alle vulnerabilità nel cuore delle nostre società: un giornalismo ingenuo e pigro; la permeabilità della nostra politica al denaro sporco, a sistemi legali inclini agli abusi, a gruppi sociali alienati, a una sfiducia endemica, e a molto altro.

Colmare queste debolezze richiede scelte severe, e impone domande. Per questo non è stato facile negli ultimi anni risuonare l’allarme sulla minaccia russa. Le tesi a favore dell’ingenuità e della connivenza sono convincenti e solide. Perché agitarsi tanto per la presunta minaccia di un Paese con un Pil inferiore a quello italiano? Ci sono problemi più importanti. E ad ogni modo, siamo sicuri che gli errori dell’Occidente negli anni ’90 non siano da ritenere colpevoli per il comportamento della Russia? E chi dice che gli Stati Uniti siano tanto migliori?

Per queste ragioni sono grato a Xi Jinping. Non sono un esperto di Cina. Non ci sono mai stato. Sto faticando a imparare accenti e grafia della lingua cinese, che fa sembrare semplice il russo. Ma la minaccia che arriva dalla Cina è chiara, evidente, facilmente comprensibile. In passato, la Cina ha sfruttato quella stessa pigrizia morale e mentale che ha reso facile la vita al Cremlino. E ora l’Occidente si sta risvegliando.

La prima grande e tardiva lezione è che il denaro è un problema secondario. Il de-coupling delle nostre catene produttive dalla Cina sarà costoso. Trovare alternative alla tecnologia cinese comporterà il sacrificio di convenienza e flessibilità. Essere sicuri significa essere un po’ più poveri, e sacrificare alcune delle cose che rendono le nostre vite semplici e belle.

Ma oggi – credo – siamo pronti a fare questo passo nei confronti della Cina. Non vogliamo essere dipendenti per generi di prima necessità o rifornimenti farmaceutici (per fare due esempi) da una dittatura comunista aggressiva e disonesta. Qualcuno dovrà pur pagare un prezzo.

La seconda lezione è che la sicurezza si fonda sulla solidarietà, all’estero e in casa. Il Partito comunista cinese è bravo a far fuori singoli Paesi che provano a resistergli. Ma teme un’azione collettiva. L’Unione europea, la Nato, e altre organizzazioni multilaterali sono il modo migliore per scoraggiare e limitare la Cina, e a quanto pare anche per rapportarsi con la Russia di Vladimir Putin.

In casa, la pandemia del coronavirus ha sottolineato l’importanza della resilienza e della coesione. I muscoli e le abitudini che sviluppiamo mentre fronteggiamo una minaccia saranno utili per fronteggiarne un’altra. La guerriglia politica cinese si basa, non a caso, su noti principi leninisti.

Le menzogne, l’incompetenza e il bullismo del regime di Pechino le hanno inserite tutte in agenda. Per questo esprimiamo la nostra gratitudine, che tuttavia non può non essere accompagnata dallo sdegno per la colossale distruzione economica e umana che si porta dietro questa lezione.

 

 

Articolo pubblicato sul sito del Cepa

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