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La vita è un concorso. Non per l’Agenzia delle entrate?

Nell’emergenza Covid-19, si è molto parlato delle differenze, e divergenze, all’interno della maggioranza, sul metodo di assunzione dei 32mila docenti necessari per riprendere, a ranghi completi, l’istruzione scolastica in settembre: se regolarizzare “precari”, spesso “storici”, o se effettuare un concorso. Le differenze e divergenze hanno fatto tremare il governo ma infine si è trovata una mediazione: contratti a termine per iniziare l’anno scolastico, seguiti da un concorso per andare “in cattedra”.

Pochi si sono accorti che, “zitti zitti piano piano” come nel rossiniano Barbiere di Siviglia, proprio mentre infuriavano le polemiche sulla scuola, all’Agenzia delle Entrate si seguiva una strada diversa per l’attribuzione di posizioni dirigenziali – tema già oggetto di polemiche nel 2017- 2018 quando dette posizioni sono state affidate con metodo discrezionale, dando luogo a ricorsi e a interventi della magistratura.

Un analogo metodo discrezionale verrebbe seguito adesso, motivandolo con l’urgenza di coprire le posizioni vacanti. Non verrebbe neanche fatto un bando nazionale ma ciascun direttore regionale potrebbe selezionare i propri incaricati, a discapito di qualsivoglia autonomia del ruolo di responsabilità che i selezionati ricopriranno. Per intercettare i migliori “saper fare”, questa volta prevede esclusivamente lo screening dei curricula e un colloquio. Insomma, le posizioni direttive interne all’Agenzia delle Entrate saranno ricoperte da soggetti scelti discrezionalmente dal superiore gerarchico, con incarichi triennali.

Le organizzazioni dei dirigenti dello Stato hanno protestato sottolineando che “l’evidente obiettivo perseguito con determinazione dall’Agenzia è l’attribuzione di incarichi di funzioni dirigenziali con metodo discrezionale, in spregio alle norme costituzionali poste a presidio dei principi di uguaglianza, di parità di accesso agli uffici pubblici, eludendo il giudicato scaturente dalla sentenza Corte costituzionale n. 37/2015 in violazione dell’articolo 136 della Costituzione” e che “i dubbi di legittimità costituzionale non hanno suggerito alcuna prudenza all’amministrazione, che ritiene urgente attribuire nuovi incarichi nonostante abbia già attribuito circa 1400 incarichi”. Pochi si sono accorti e della procedura proposta e delle proteste.

A mio avviso, il tema merita un dibattito pubblico non solo perché il dettame costituzionale dell’accesso all’impiego pubblico sino a quando non viene modificato dovrebbe essere rispettato – soprattutto da chi gestisce il fisco, ossia le risorse di tutti gli italiani – ma soprattutto perché occorre chiedersi se l’attribuzione discrezionale di incarichi direttivi nella Pubblica amministrazione sia conforme agli obiettivi di efficienza ed equità che devono permeare l’azione pubblica.

Il concorso pubblico è stato inventato dai cinesi: l’esame per l’accesso al mandarinato. È un’invenzione che si è diffusa nel mondo occidentale nell’Ottocento e che sembra avere dato buoni risultati.

Ho lavorato sempre nel settore pubblico, nazionale ed internazionale, pur avendo una attività pubblicistica con testate giornalistiche ovviamente del settore privato. Dopo avere fatto del giornalismo negli anni universitari e dopo avere studiato negli Stati Uniti, sono entrato in Banca mondiale a 26 anni in seguito a pubblico concorso internazionale per sette posti: prove scritte, orali e titoli (tra cui pubblicazioni). Non ho fatto un concorso pubblico per diventare dirigente generale del ministero del Bilancio e della Programmazione Economica dato che la normativa prevede che tali nomine vengano effettuate in base alla discrezionalità politica del Consiglio dei ministri. Quando, però, andai per tre anni a lavorare alla Fao feci un altro concorso, per cinque posti. Infine, quando mi trasferii dall’amministrazione attiva alla Scuola Nazionale d’Amministrazione, dove passai gli ultimi quindici anni della mia esperienza professionale, un nuovo concorso – per due posti – e basato su pubblicazioni.

In breve, per me la vita è stata un concorso. E non me ne lamento. Perché la vita non deve essere un concorso per i dirigenti dell’Agenzia delle Entrate? Potrebbe essere effettuato anche con procedure pubbliche, selettive e meritocratiche che non richiedano tanto tempo.

Sarebbe utile discuterne.

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