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Non solo Casa Bianca. Così alle presidenziali i dem cercano l’all-in al Senato

Di Lucio Martino

Dalle elezioni di medio termine del 2018 il Partito Repubblicano controlla il Senato con cinquantatré seggi su cento. Il Partito democratico controlla i restanti quarantasette seggi, anche se i senatori democratici sono quarantacinque. Questo perché i due senatori indipendenti, Bernie Sanders e Angus King, si schierano sempre con i democratici.

Ne consegue che a novembre, i democratici per riconquistare il Senato devono guadagnare almeno quattro seggi, oppure tre più la vicepresidenza, perché quest’ultima ha diritto di voto in caso di parità. I repubblicani, per conservare il controllo del Senato, non devono perdere più di due seggi che salgono a tre nel caso in cui Mike Pence sarà confermato vicepresidente.

Negli Stati Uniti, il mandato da senatore dura sei anni e il Senato si rinnova per un terzo ogni due anni. Di conseguenza, sono trentacinque i seggi in palio nelle elezioni generali del novembre prossimo, dodici per i democratici, ventitré per i repubblicani. Posto che il numero di seggi repubblicani in gioco è pari quasi al doppio dell’equivalente numero di seggi democratici, il Partito repubblicano affronta queste elezioni in una situazione di svantaggio.

Dodici di questi trentacinque seggi sono sicuri per i candidati repubblicani perché interessano Stati che tradizionalmente votano repubblicano come Alabama, Alaska, Arkansas, Idaho, Georgia, Kentucky, Louisiana, Mississippi, Nebraska, Oklahoma, South Carolina, South Dakota, Tennessee, West Virginia e Wyoming. Quattro interessano stati altrettanto sicuri per i candidati democratici, vale a dire Delaware, Illinois, Massachusetts, New Jersey, Oregon, Rhode Island e Virginia.

Per quanto riguarda gli altri tredici seggi, anche se con un livello di probabilità minore, è comunque lecito aspettarsi che quattro andranno ai repubblicani (Georgia, Iowa, Kansas e Texas) e tre ai democratici (Minnesota, New Hampshire e New Mexico), per un parziale di quarantanove per i repubblicani e quarantacinque per i democratici.

A questo punto, dato che i democratici dovrebbero vincere tutti e sei i rimanenti seggi, oppure cinque più la vicepresidenza, mentre i repubblicani dovrebbero vincerne solo due, oppure uno più la vicepresidenza, una conferma dell’attuale maggioranza sembrerebbe il risultato più probabile. Eppure, a ben guardare, in tutte e sei queste competizioni elettorali i repubblicani sono molto vulnerabili.

Nella prima, il democratico Gary Peterson si batte per una rielezione che non gli è data per certa solo perché il suo Stato, il Michigan, è sorprendentemente andato a Donald Trump nel 2016.

Poi c’è l’elezione speciale in Arizona per il seggio attualmente occupato dalla repubblicana Martha McSally. Quest’ultima, dopo aver perso le elezioni nel 2018, è stata temporaneamente rinominata senatrice dal governatore repubblicano Doug Ducey a seguito delle dimissioni dell’altro senatore dell’Arizona, John Kyl. Numerosi i suoi potenziali sfidanti democratici, tra questi anche un ex astronauta, Mark Kelly.

In Colorado, il senatore repubblicano Cory Gardner dovrà vedersela con un ex governatore, John Hickenlooper, che già può contare sul diretto sostegno dell’ex vicepresidente Joe Biden e dell’altro senatore del Colorado, il democratico Michael Bennett.

Nel Maine, la repubblicana Susan Collins sembra molto indebolita da un paio di sue decisioni apertamente impopolari in questo stato, quali il voto per confermare Brett Kavanaugh alla Corte Suprema e quello per assolvere il presidente Trump d’ambedue le accuse di impeachment.

I repubblicani rischiano inoltre di perdere il seggio del Montana occupato dal dimissionario Steve Daines. Chiunque sarà il candidato repubblicano, e lo si saprà soltanto tra qualche settimana, quest’ultimo dovrà affrontare un avversario formidabile: il governatore in carica ed ex candidato alle presidenziali per il Partito democratico Steve Bullock.

Infine, in North Carolina, il repubblicano Tom Tillis si ritrova a difendere il suo seggio da uno sfidante democratico, Cal Cunningham, che finora lo ha surclassato anche nella raccolta fondi.

Nei prossimi cinque mesi molto può ancora succedere e molto dipenderà dall’eventuale capacità del presidente Trump d’impattare positivamente anche su queste sei così importanti e particolari tornate elettorali, ma una riconquista del Senato da parte del Partito democratico appare, per il momento, tutt’altro che impossibile.

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