Due anni fa la Commissione europea ha proposto la creazione di un centro europeo per la sicurezza informatica con sede in Belgio. Dall’anno prossimo, il nuovo polo, denominato European Cybersecurity Competence Centre, dovrebbe coordinare gli sforzi dei regolatori nazionali e dei governi nell’Unione europea e gestire i fondi per la ricerca di programmi come Orizzonte Europa ed Europa digitale. Il Belgio sembrava il Paese ospitante ideale vista la massiccia presenza di istituzioni europea e della Nato, ma anche la partecipazione all’agenzia spaziale europea Esa.
Ma qualcosa è cambiato dalla scorsa settimana, con l’intervento del commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton. Infatti, come racconta il quotidiano Tijd, durante la riunione con i ministri delle Telecomunicazioni dei 27 Stati membri dell’Unione europea, il commissario ha spiegato che “è impensabile che il centro di sicurezza informatica si trovi in un posto non completamente sicuro”, affermando che il centro “deve poter fare affidamento su reti sicure, soprattutto per quanto riguarda il 5G”. Il Belgio — candidato assieme a Irlanda, Lussemburgo, Romania e Spagna — era quasi certo della vittoria, forte non soltanto di quanto raccontato poco fa, ma anche della sua buona reputazione nel campo della sicurezza informatica.
Tuttavia, il commissario Breton non è convinto, anche a causa del fatto che il Belgio è uno degli Stati membri più lenti nel recepimento delle misure comunitarie sulla sicurezza informatica. Pesa, infine, la presenza massiccia di fornitori cinesi come Huawei e Zte per il 4G che rischiano di diventare player centrali anche con l’introduzione del 5G belga (in estate arriveranno le licenze di prova temporanee).
Come sottolinea il quotidiano belga, “questo atteggiamento europeo è coerente con l’approccio comune alla sicurezza delle reti 5G. Nell’autunno dello scorso anno, i Paesi dell’Unione europea hanno adottato all’unanimità raccomandazioni per distribuire i rischi tra più fornitori. I fornitori ad alto rischio non sono vietati, ma è meglio tenerli fuori dal nucleo di tali reti. L’Europa non ha mai menzionato tali fornitori ad alto rischio per nome, ma non c’è dubbio che stia pensando al cinese Huawei, tra gli altri”.
Il governo belga insiste, però, nota il Tijd. Ma c’è un elemento da tenere ben presente. Senza l’European Cybersecurity Competence Centre, l’unico centro internazionale di sicurezza informatica a Bruxelles sarebbe il Cyber Security Transparency Centre di Huawei. Un particolare che potrebbe rappresentare un asse nei negoziati per il governo belga ma anche, d’altra parte, la conferma dei timori della Commissione europea.
E l’Italia? Il nostro Paese è rimasto ai margini di questa discussione, scavalcato da ben cinque Stati membri. E a pesare su questa importante occasione persa (anche in termini di investimenti e posti di lavoro specializzati) su un tema molto strategico sembra essere — come nel caso belga — l’importante presenza di Huawei e Zte, visto che più volte il commissario Breton ha chiaro che il nuovo centro non può sorgere in Paesi dove i fornitori di 5G ritenuti “inadeguati” sono ben presenti.