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Dossier Cina. Ecco come l’Ue (non) segue le mosse delle Nato

Non erano passate neppure 24 ore dall’avvertimento lanciato dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg (“l’ascesa della Cina sta cambiando l’equilibrio dei poteri” e per questo la Nato deve essere “più forte militarmente, più unita politicamente e avere un approccio più globale”) che oggi, nel primo pomeriggio, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, concluso il decimo round del Dialogo strategico ad alto livello Cina-Ue con il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, dichiarava: “È chiaro che la Cina ha ambizioni globali, ma allo stesso tempo non credo che la Cina stia giocando un ruolo che può minacciare la pace nel mondo”. E ancora, riferito ai cinesi: “Sono impegnati per essere presenti e giocare un ruolo a livello mondiale, ma non hanno ambizioni militari e non vogliono usare la forza e partecipare ai conflitti militari”.

A un certo punto l’Alto rappresentante Borrell è sembrato mettere in dubbio la definizione europea della Cina come “rivale sistemico”. “Andiamo oltre questa parola”, spiegando che “ci sono molte interpretazioni” di quell’espressione, che hanno alimentato dubbi a Pechino.

HONG KONG E GLI ALTRI TEMI

Nella conferenza stampa seguita alla videoconferenza di oltre tre ore, il capo della diplomazia europea ha toccato diversi punti. Si è parlato di investimenti e di accesso al mercato, parità di condizioni e reciprocità che devono ancora essere migliorati. Ma se n’è parlato, a dimostrazione del fatto che — come da linea imposta all’Unione europea dalla cancelliera tedesca Angela Merkel — l’Unione europea, pur di fare affari con la Cina, non si preoccupa della recente stretta di Pechino su Hong Kong.

Si è parlato della situazione dell’ex colonia britannica e anche dello Xinjiang, ha spiegato Borrell. Ma — a conferma di quanto appena scritto — ha aggiunto che Bruxelles si aspetta di riaprire “il consueto dialogo sui diritti umani non appena riprenderanno le riunioni fisiche”. A una domanda sulla possibilità che l’Unione europea possa seguire il Regno Unito per facilitare “percorsi per la cittadinanza” per i cittadini di Hong Kong che vogliono lasciare l’ex colonia britannica, il capo della diplomazia cinese ha risposto secco: “Non vedo persone fuggire da Hong Kong. Per il momento, gli Stati membri dell’Ue non hanno preso alcuna decisione al riguardo”. E ancora, diretto all’ex Stato membro: “Il Regno Unito ha una responsabilità speciale”.

Tra i dossier affrontati anche quello iraniano (Borrell ha espresso apprezzamento al ministro Wang per gli sforzi cinesi per mantenere in piedi l’accordo nucleare Jcpoa) e la possibile cooperazione in Afghanistan e in Africa. E pure il 5G. L’Alto rappresentante Borrell ha spiegato di aver espresso la sua “preoccupazione” perché la “partecipazione dei fornitori di 5G europei in Cina non è così ampia come era stata con il 4G”. E dunque, ha aggiunto, si tratta di “uno squilibrio che ci preoccupa”. Anche su questo dossier Bruxelles è sembrata più preoccupata dalla reciprocità con Pechino che dalle osservazioni di molti Stati membri sulla sicurezza del 5G cinese.

IL SUMMIT UE-CINA

Si è discusso, infine, del summit Ue-Cina inizialmente previsto a Lipsia a settembre ma rinviato a causa (almeno ufficialmente) del coronavirus. Come raccontato nei giorni scorsi da Formiche.net, però, le ragioni potrebbero essere anche altre. 

La prima: dare tempo ai diplomatici di lavorare su temi complessi come gli investimenti e il clima. La seconda: evitare di dover parlare di Hong Kong lasciando così decantare la crisi attuale. La terza: evitare di lanciare segnali a Washington di unità tra Unione europea e Cina in una fase tanto delicata per i rapporti tra le due superpotenze (con il Vecchio continente che rischia di diventare terreno di lotta e di conquista). La quarta: dopo aver rifiutato di partecipare al G7 “fisico” convocato dal presidente statunitense Donald Trump, la cancelliera tedesca Angela Merkel non può permettersi di partecipare a un vertice di così alto livello, per giunta con la superpotenza rivale (quel Paese che, meglio non dimenticarlo, l’Unione europea ha definito “rivale sistematico” soltanto un anno fa). La quinta: aspettare le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sperando in una sconfitta di Donald Trump e quindi in una vittoria del democratico Joe Biden, ben più convinto — come Berlino — che Pechino possa aprirsi al mondo (anche lato diritti umani) attraverso il dialogo, gli scambi commerciali e gli investimenti. 

La Cina spinge sul dialogo. “Le relazioni tra Cina e Unione Europea hanno mantenuto un buon ritmo di sviluppo negli ultimi 45 anni”, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying aggiungendo che “le due parti si sono sostenute a vicenda durante la lotta al Covid-19 e hanno promosso la cooperazione globale nel lavoro di prevenzione e controllo. Gli sforzi hanno arricchito il contenuto del partenariato strategico globale Cina-Ue”. Affermazione, nota Il Sole 24 Ore, netta e precisa, a differenza del passato. “Se le parti si scambieranno opinioni su questioni di interesse comune e prepareranno scambi più ravvicinati ad alto livello nel prossimo periodo lo si vedrà dal risultato dei colloqui di Pechino”, continua il quotidiano di Confindustria evidenziando come la Cina scommetta ancora di concludere entro il 2020 il nuovo trattato bilaterale sugli investimenti. Stati Uniti permettendo.

LA LOTTA ALLA DISINFORMAZIONE

Come notavamo ieri su Formiche.net, la pandemia del Covid-19, ha detto Stoltenberg, ha rivelato sia Russia che Cina come due rivali sistemici della Nato. “Ci sono esempi di disinformazione per dividerci e minare la nostra credibilità, Russia e Cina hanno accusato gli alleati della Nato per l’esistenza del coronavirus, diffuso storie che ci descrivevano come incapaci di aiutarci l’un l’altro, e invece è accaduto il contrario, ci siamo aiutati molto, abbiamo visto il comando europeo coordinare gli sforzi delle Forze armate per trasportare equipaggiamento e personale medico, ospedali da campo, letti”.

Su questa cosa (almeno) Borrell sempre in linea con la Nato. Ha spiegato che l’Unione europea “sicuramente deve dedicare, allocare più risorse nella lotta contro la disinformazione”. Ma, ha precisato, “gli Stati membri devono essere d’accordo”. Intanto, domani la Commissione europea diffonderà le nuove misure legate a queste tipo di minacce.



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