“I soldi del Mes ci servono e dobbiamo usarli” dice il Pd. “Quei soldi non ci servono, possiamo farne a meno”, ribattono dal M5S. La battaglia interna alla maggioranza di governo sul Mes – il Meccanismo europeo di stabilità, meglio noto come “Fondo Salva Stati” – non solo non accenna a diminuire, ma aumenta, se possibile, d’intensità.
Sullo sfondo c’è un voto (obbligatorio) del Parlamento che dovrà dare il via libera all’utilizzo dei fondi del Mese come pure, quando sarà, al Recovery Plan e al Recovery Fund. Ma se i finanziamenti di questi ultimi due strumenti sono di là da venire (ne discuterà il Consiglio Ue del 17-18 luglio), i soldi del Mes (37 miliardi) sono spendibili subito, anche se “vincolati” unicamente spese sanitarie da post-Covid 19.
LA STRETTA DEL PD SU CONTE “BASTA INCERTEZZE, QUEI SOLDI CI SERVONO”. M5S: “LA NOSTRA POSIZIONE NON CAMBIA”
E se le posizioni del partiti sono chiare, e da mesi (Pd, LeU e Iv a favore, 5 Stelle, ma non tutti, contrari all’utilizzo del Mes) a cambiare, in queste ore, è la durezza del Pd. Il segretario dem, Nicola Zingaretti, ribadisce anche oggi, in una lunga intervista al Corriere della Sera, la posta in gioco, fino al punto di attaccare lo “stallo” di Conte: “Basta tergiversare, quei soldi sono utili alla sanità”, dice Zinga. Inoltre, tutti i maggiorenti dem, sia al governo (i ministri Gualtieri e Amendola, Guerini e Franceschini, etc.) sia ai vertici delle istituzioni Ue (Gentiloni, Sassoli) chiedono che il Mes venga “acceso” senza continuare a tergiversare.
“A oggi la posizione del M5S sul Mes non cambia. È la stessa di ieri, di una settimana fa e di un mese fa” è la replica che arriva subito da parte del M5S a Zingaretti. La controreplica viene affidata al vicecapogruppo del Pd alla Camera dei Deputati, Michele Bordo: “Appunto, è esattamente questo il problema. In questi mesi è cambiato tutto, in Europa sono stati messi in campo strumenti mai visti prima. Rimanere fermi significa solo essere miopi e irresponsabilmente ideologici”. Parole dure, secche, chiare.
IL PREMIER RISCHIA DI FARE LA FINE DELL’ASINO DI BURIDANO
Conte continua a evitare per ora, di prendere posizione e, sul Mes, ha persino “bacchettato” la cancelliera Merkel che ha “osato” chiedere all’Italia di usarli presto e bene. Solo che il premier rischia di fare la fine dell’asino di Buridano, suonato, come racconta la favola, da entrambi i suoi “padroni”: se sconfessa la posizione del “no al Mes” dei 5 Stelle, perde i voti del Movimento, se procrastina il voto troppo o dice “no” al Pd perde la fiducia e l’appoggio dem. Ma a “inchiodare” Conte a un sì o un no definitivo potrebbe essere proprio il Consiglio europeo del 17 e 18 luglio. Alla vigilia del vertice, il premier deve scegliere se riferire al Parlamento con un’informativa, cui segue sempre un voto, o dare generiche comunicazioni, come ha fatto altre volte.
Ma nel primo caso sarebbe inevitabile un accenno al Mes. I nodi verrebbero al pettine ancor di più se il Mes fosse citato in una risoluzione della maggioranza, da mettere poi ai voti dell’Aula. Se invece prevalesse il silenzio sul Mes, il governo potrebbe continuare a temporeggiare, cercando di resistere a Lega e FdI che lo vogliono far cadere sul Mes.
Per ora, il presidente del Consiglio è preoccupato, più che altro, di non irritare troppo il Movimento. Per questo, vuole allontanare il più possibile il voto del Parlamento. La soluzione escogitata è quella di chiedere di mettere in votazione l’intero “pacchetto” (Mes più Recovery Plan più Recovery Fund più fondo Sure, etc) per far “indorare” la pillola al Movimento. Annacquando il Mes dentro un “pacchetto” in cui c”è molto altro, di fondi, per l’Italia, Conte spera di non trovarsi davanti a un voto delle Camere che ne sconfessi l’operato o di doversi prendere i voti di Forza Italia e di dover “pagare pegno” agli azzurri. Non a caso, dicono da FI, “Se continuerà il ‘ni’ del premier sul Mes, non voteremmo lo scostamento di bilancio” (quello che il Parlamento deve votare, a maggioranza assoluta, su ogni manovra, ordinaria o straordinaria) è l’ultimatum della capogruppo degli azzurri al Senato, Anna Maria Bernini.
SE I VOTI DI FI SARANNO DECISIVI, CAMBIA LA MAGGIORANZA
E certo, in questo caso, il Mes passerebbe di sicuro sì, ma con un cambio di maggioranza che potrebbe preludere a un cambio di governo. Infatti, se i 5 Stelle tengono fede al loro “no”, rispetto al “sì” degli altri partner di maggioranza, i “numeri”, specie al Senato, dove la maggioranza è “ballerina” di suo, mancherebbero, al momento del voto.
In quel caso, dunque, si aprirebbe un problema non da poco, in merito alla stabilità e agli assetti del governo.
Infatti, cambierebbe la maggioranza: i voti di FI risulterebbero decisivi, quelli dei 5 Stelle solo aggiuntivi. Vorrebbe dire, di fatto, la nascita di una “nuova” maggioranza di governo. Con Conte o senza Conte si vedrà.