Ascoltare in anteprima “La Musica dell’Onda” di Alberto Marchetti è stato un privilegio. Le straordinarie sonorità si fondono perfettamente con dei testi accurati ricolmi di viaggi interiori e al tempo stesso pieni di reale fantasia. E’ possibile leggere i cambiamenti tra il buio della notte e le prime luci dell’alba, in un momento di estrema lucidità. E’ lo svelamento progressivo, quello che dal sogno passa all’azione. C’è tutto il segno del lavoro degli anni che si sommano, che spingono a ricercare, incessantemente. Una ricerca che si snoda tra le corde dell’anima e quelle sociali, osservando la realtà direttamente e non come mero spettatore di immagini che diventano presto scontate.
La musica, come la letteratura, ha il compito principale di indagare, di sollevare la polvere artificiale e spazzarla via con una pulizia profonda per schiarire il quadro generale. E’ come la forza del mare che, sebbene violentato dal deposito di scorie prodotte dall’essere umano, riesce sempre a stupire con il suo canto, espressione delle onde che i migliori pittori hanno fermato proprio nel momento del divenire. L’onda dunque quale momento di passaggio tra passato e futuro, catturando quel presente capace di essere un lunghissimo istante dove i pensieri si trasformano nello scorrere delle ore.
Marchetti è riuscito a dare un significato al tempo in tutte le sue accezioni. E’ movimento ma anche silenzio. “La Musica Dell’Onda” narra storie di mare, e di gente che il mare ha attraversato, solcato in cerca di un’isola sconosciuta, di un traguardo o più semplicemente di una sorte migliore. Narra di donne e di uomini che hanno intrecciato i propri giorni ai flutti di un mare ora amico, ora infido, ora suadente, ora beffardo.
Le dieci tracce contenute nel disco hanno una genesi rintracciabile negli ascolti esperti di Alberto Marchetti. Critico musicale sensibile e attento giornalista, Marchetti ha voluto mettersi alla prova in prima persona come cantastorie, e quello che ci consegna è un album d’esordio dagli echi classici, che spaziano dal jazz rock, all’ethno world fino al progressive, corredate da un linguaggio letterario e colto, non riscontrabile in nessun altro contesto in questa contemporaneità. Il lavoro, che ha la supervisione artistica di Alberto Menenti, è stato arrangiato da Stefano Ciuffi e Edoardo Petretti, che hanno curato anche la produzione artistica, ed è stato registrato e mixato negli studi del Music Village Institute di Roma da Gianluca Siscaro.
Tutto il resto è già poesia e lo dimostrano i versi che hanno la potenza di vele che si spiegano e di vento che sveglia dal torpore dell’abitudine:
“Come due navi in viaggio, gemelle nel bordeggio,
abbiamo condiviso della vita il fraseggio,
la musica dell’onda, le vele sottovento,
granaglie, pioggia e sole, le gioie e il malcontento.
Ma il mare è una sirena dal canto individuale,
mi chiama dall’opposto tuo punto cardinale”
E cos’è la vita se non un insieme di “traversate”, quella navigazione piena di incognite:
“Muto penso a quell’ultima duna
e all’azzurro del mare raggiunto
volta al giusto l’alterna fortuna.
Attraverso il deserto ogni punto,
nell’abbaglio del sole, è un viandante
stramazzato e lasciato a seccare
e a segnare la pista. Incurante
di chi fosse io pensavo ad andare
senza fiato per dire. Ogni notte
a coprire le piaghe dal gelo,
ogni giorno seguendo le rotte
della tratta cenciosa, col cielo
giallo sabbia…”
E poi ci sono i sogni, quelli fatti su una barca improvvisata e magari condivisa con tantissimi “naufraghi” o “naviganti” o semplicemente illusi di avere la possibilità di un secondo tempo della vita se non un primo ancora non compiuto :
“…fu così che le storie di certi
sulle terre lontane oltre il mare
mi convinsero a un sogno diverso
e a decidere di emigrare…”
Il mare è anche il punto di partenza o di arrivo di storie che si scrivono per sempre sulla sabbia o sulla memoria:
“Aspettava un amore che fosse
un’ondata, un maroso che frange,
con la voce un soffiare di vento,
e un bel giorno quel giorno arrivò.
Uno sguardo, un sentire contento,
e lui, un marinaio, sposò.
Dal pontile il mattino, un mazzetto
di violette all’eterno a giurare,
una notte di furia e passione
poi lui subito riprese il mare.
La navigazione come è noto conduce sempre alla scoperta o all’imprevisto; è nelle cose e bisogna essere preparati:
“A volte la fortuna si fa avanti
sull’orlo di un oceano agitato,
aveva abbandonato al campo i fanti
e andava a caccia, l’animo placato,
col suo sparviero il cavaliere Arnaldo,
quando dal largo un punto, un dito, un pugno…
Basterebbe solo analizzare l’intimità dei versi per capire quanto le parole siano potenti, universali, superando correnti gravitazionali. La differenza tra il visionario e il sognatore è sempre dietro l’angolo ad aspettare personaggi e interpreti:
“Non vedrai mai un’isola se non la lasci mai,
e ti vedrai davvero solo se partirai”
l’uomo sorrise limpido, il cielo era un po’ incerto,
sembrò la nave fremere di uscire in mare aperto.
Dipinse allora il nome, che era una promessa,
partì l’Isola Sconosciuta in cerca di sé stessa.
C’è una consapevolezza propria dell’avventuriero, c’è la vita spesa tutta nella ricerca di senso, in prima persona, non come personaggio ma come protagonista, un protagonista capace di amplificare la voce degli anonimi, di dare corpo e sostanza ai bisogni dei più deboli dei più indifesi.
In questo album non ci sono solo parole e musica, ci sono i suoni e i respiri che diventano azioni. Buon vento Alberto!
Ho visto la mia fine mille volte e mille volte son tornato su,
una paura folle e poi la gioia mi dissi “Basta, non navigherò più”.
Il mio veliero è ripartito adagio sparendo dove tutto è tutto blu,
si narra che poi fece naufragio navigando tra le isole del sud.
Ma io lo so che invece è lì che aspetta
quando il mare, nei giorni di tempesta,
è nero come il fondo che risale.
Allora, tra le folgori, lì al largo,
lo vedo che beccheggia, e sale, e affonda,
sento chiamarmi forte dalla tolda:
“Ritorna, vieni ancora!” e ancora torna
la voglia di imbarcarmi e navigare,
e so che un giorno, il viaggio che rimando
arriverà, e io mi tengo pronto.