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La lezione di Elon Musk (anche all’Italia). Il punto di David Avino

Di David Avino

Un momento storico per l’esplorazione spaziale: il 31 maggio, alle 16:16, la Crew Dragon di SpaceX ha attraccato alla Stazione spaziale internazionale dopo un viaggio di circa un giorno da Cape Canaveral. L’azienda di Elon Musk ha potuto festeggiare la buona riuscita della missione, il primo volo umano commerciale partito dal suolo statunitense, da una base storica, dalla rampa 39A da cui gli astronauti delle missioni Apollo volarono alla conquista della Luna.

Dopo nove anni, finalmente, l’America ha riacquisito la capacità di portare donne e uomini nello Spazio, persa nel 2011, da quando l’amministrazione Obama decise di mandare in pensione l’ormai vecchio e poco sicuro Shuttle. Ma perché è così importante il volo della Crew Dragon?

Stiamo entrando in una nuova era delle missioni spaziali. La Nasa ha ormai compreso l’importanza di sovvenzionare aziende spaziali private e di fare un piccolo passo indietro per non rubare la scena alle future attività commerciali. Ma, ancor di più, ha deciso di lasciare spazio all’inventiva e all’iniziativa tecnica e commerciale di chi di queste attività ne ha fatto un mestiere: i privati.

Elon Musk ha ricevuto tanti miliardi dall’ente spaziale americano, chi pensa che i vettori siano stati realizzati solo grazie al generoso contributo degli investitori di SpaceX si sbaglia di grosso. A volte, col suo modo di porsi spavaldo, il visionario è persino entrato in competizione con la stessa Nasa che gli forniva il sostentamento finanziario per proseguire le attività. Eppure, è riuscito a imporre i propri ritmi a un sistema statico, burocratico, che stava perdendo colpi. Ha corso per arrivare prima dei progetti pubblici e la Nasa lo ha assecondato, non avendo d’altra parte alternative.

Il governo americano ha capito che, per contrastare l’avanzata cinese e la competizione internazionale sempre più agguerrita, avrebbe dovuto intraprendere una mossa epica: lasciare le chiavi dell’esplorazione ai privati, rimanendo l’interlocutore primario con il ruolo del proprietario di casa che definisce le regole del gioco. La Nasa ha dovuto anche accettare un sistema, recuperato dal passato e ormai in disuso da tempo nel mondo aerospaziale: l’All-in-house-concept. A occhi esterni e inesperti, SpaceX appare “antipatica” perché non lascia nulla agli altri; difficilmente prende componenti e sistemi da fornitori esterni. Non crea una filiera. L’azienda americana sa bene che per correre e per contenere i costi è meglio fare tutto in casa. Con questo sistema ha creato migliaia di posti di lavoro, rubandoli forse alla concorrenza o alle filiere produttive.

Oggi è il caso di goderci questa storica missione, e non il momento di soffermarci sulle società di Musk che, nonostante ogni anno siano in perdita, aumentano di valore e attirano investitori che fanno a gara per fornire il loro apporto finanziario alla corte del visionario Elon. Musk ha selezionato accuratamente i propri compagni di avventura, ha scelto investitori pazienti, disposti ad attendere il tempo necessario prima di monetizzare gli investimenti. Quelli classici non avrebbero retto, avrebbero al massimo atteso quattro o cinque anni prima di passare in cassa per riscuotere.

Lo Spazio ha invece bisogno di tempo, di pazienza per sviluppare tecnologie. Ha bisogno di passare attraverso errori, fallimenti e finalmente vedere maturare una soluzione che potrebbe non solo cambiare il modo di arrivare nello Spazio, ma anche sfociare in applicazioni per la vita di tutti i giorni sulla Terra.

Rimane un interrogativo: se Elon Musk, al posto di scegliere come destinazione finale gli Stati Uniti, dal Sudafrica si fosse fermato in Europa, o più precisamente in Italia, avrebbe avuto lo stesso successo? In un Paese dove il pubblico e il privato faticano a dialogare, dove non si considerano gli immensi sacrifici che fanno i privati per entrare in un mercato che è stato sempre ad appannaggio dei grandi e delle aziende pubbliche, Musk avrebbe trovato spazio per le sue iniziative?

Il governo americano ha protetto SpaceX dagli attacchi interni ed esterni, l’ha spinta e sponsorizzata oltreoceano, per accompagnarla alla conquista del successo.

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