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Bye bye Huawei e Zte. Ecco il bando Usa che cambia il mercato

La Commissione federale Usa per le comunicazioni (Fcc) ha definito le compagnie cinesi Huawei e Zte, protagoniste del mercato del 5G, come “minacce per la sicurezza nazionale”. Lo ha affermato il presidente della Commissione statunitense, Ajit Pal, tramite il proprio profilo Twitter. “La Fcc ha designato Huawei e Zte come compagnie che portano una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, ha scritto Pal. “Come risultato, le compagnie di telecomunicazioni non potranno impiegare il denaro dal nostro Fondo per i servizi universali da 8,3 miliardi di dollari per la strumentazione e i servizi prodotti o forniti da queste società”, ha aggiunto con doppio tweet, in lingua inglese e cinese.

In un comunicato, il direttore Pai dichiara che le aziende pongono dei rischi alle reti di comunicazione Usa e al “nostro futuro 5G”. “Entrambe le aziende hanno stretti legami con il Partito comunista cinese e con l’apparato militare cinese”, ha aggiunto. La designazione come minacce alle sicurezza nazionale è effettiva da subito e limiterà gli acquisti di tecnologia dalle due aziende, utilizzando fondi pubblici. In questo modo il ban iniziato nel 2019 e prolungato il 15 maggio 2020 sarà ancora più restrittivo. Da oggi le aziende statunitensi non potranno più usare i fondi federali, pari a un totale di circa 8.3 miliardi di dollari, per acquistare e installare equipaggiamenti dei due colossi di Shenzhen.

Nel dicembre scorso, intervistato da Formiche.net, Tom Wheeler, visiting fellow alla Brookings Institution e per anni a capo della Fcc, aveva commentato così la decisione di Huawei di fare causa dell’agenzia governativa, chiedendo a un tribunale federale di annullare un ordine che impedisce agli operatori telefonici delle aree rurali statunitensi di utilizzare fondi pubblici per acquistare le apparecchiature fornite dalla stessa Huawei: “Sono pienamente d’accordo con la decisione della Fcc e vi assicuro che di rado supporto una decisione di un’agenzia sotto l’amministrazione Trump – risponde lui – la sospensione dei ‘fondi universali di servizio’, cioè dei fondi pubblici progettati per portare i servizi delle telecomunicazioni nelle aree ‘ad alto costo’, soprattutto quelle rurali, rientra pienamente nelle facoltà dell’agenzia. Come dice il proverbio, chi ha l’oro decide le regole”.

Ecco cosa ci aveva raccontato ancora l’esperto di telco.

“Da anni ci poniamo questo problema – spiega Wheeler – quando l’amministrazione Obama segnalò i rischi per la sicurezza cibernetica legati all’adozione di equipaggiamento Huawei tutte le grandi aziende e buona parte di quelle piccole si sono adeguate impegnandosi a non acquistarlo più”. Non proprio tutte. “Sono rimasto enormemente deluso a vedere che una manciata di piccoli operatori wireless avevano gettato nella spazzatura i moniti del governo per fare soldi a buon mercato. Un’azione irresponsabile, sapevano a cosa andavano incontro”.

Perché, insistiamo, non rendere pubbliche le prove dello spionaggio di cui è accusata Huawei? “C’è più di un buon motivo per non farlo – risponde l’ex numero uno della Fcc – nel momento in cui le porti alla luce metti a repentaglio informazioni di intelligence sensibili e offri al diretto interessato una via di uscita”. Quella contro Huawei, insomma, non è solo una battaglia politica. “Oggi non è facile installare trapdoors e backdoors e passare inosservati, ma nel prossimo futuro potrebbero inserirle nei download dei software. È un tema di sicurezza nazionale di cui dovremmo tutti occuparci, prima che sia tardi”.

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