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Il Regno Unito prepara la golden power contro le scalate cinesi

Nello stesso giorno in cui Huawei ha acquistato intere pagine pubblicitarie su diversi giornali britannici (e a distanza di pochi giorni dal via libera del National Security Council al piano per trovare, assieme agli altri Paesi dell’alleanza d’intelligence Five Eyes, alternative al colosso cinese delle telecomunicazioni per la realizzazione della rete 5G del Regno Unito), il Times di Londra rivela le intenzioni del governo di Boris Johnson di continuare sulla linea del ripensamento delle sue politiche verso la Cina avviato alcune settimane fa e raccontato anche da Formiche.net. L’esecutivo, infatti, sta per annunciare nuove leggi per prevenire acquisizioni straniere che “comportano un rischio per la sicurezza nazionale”, scrive il quotidiano, sottolineando che “cresce la preoccupazione per l’influenza” di Pechino. 

Alla luce delle nuove norme, le aziende britanniche saranno obbligate a denunciare tentativi di acquisizione che potrebbero comportare rischi per la sicurezza. Il governo teme che la recessione “senza precedenti” causa dal coronavirus renda “le società britanniche più vulnerabili che mai ad acquisizioni straniere state-backed”. Così, le imprese dovranno comunicare alle autorità i casi in cui società straniere cerchino di acquistare più del 25% delle azioni, acquisire “notevole influenza” o comprare asset e proprietà intellettuale. Esecutivo pronto a tutto: previsti carcere e multe da centinaia di migliaia di sterline per chi trasgredirà.

Come raccontato da Formiche.net, poche settimane fa è esploso nel Regno Unito il dibattito sul “golden power”. Imagination Technologies, la più grande azienda inglese produttrice di semiconduttori, con clienti del calibro di Apple e Samsung, ha rischiato di vedersi imposta nel consiglio di amministrazione la nomina di quattro membri scelti dalla controllante Canyon Bridge, società di private equity cinese considerata vicina al Partito comunista cinese (Pcc). O meglio organica, notavamo su queste pagine, sottolineando come il 99% dei fondi arriva dalla società di proprietà statale China Reform.

Quella che si appresta a mettere in campo il governo di Londra è una stretta, nota il Times, che supera i piani di chi ha preceduto Boris Johnson al numero 10 di Downing Street, cioè Theresa May, secondo i quali le aziende avrebbero potuto informare il governo delle acquisizioni. Soltanto su base volontaria, quindi.

Ma non è tutto. “Il primo ministro vuole anche che le partnership accademiche e i progetti di ricerca siano oggetto delle nuove legge date le preoccupazioni per i legami tra università britanniche e società cinesi”, scrive ancora il quotidiano londinese che spiega inoltre come la regia l’opera sia nelle mani di Dominic Cummings, discusso superconsigliere del premier, con il sostegno del cancelliere Rishi Sunak.

Basti pensare che Huawei ha recentemente acquisito una partecipazione in una società collegata all’Università di Oxford, la Oxford Innovation Sciences. E l’Imperial College di Londra ha siglato un accordo da 5 milioni di sterline con Huawei, che comprende un nuovo “hub tecnologico” nel suo campus ad ovest della capitale: il colosso cinese società fornirà 5G e finanzierà la ricerca e le strutture per cinque anni. Un progetto dalle dimensioni considerevoli che preoccupa in particolare il Partito conservatore, sempre più deciso a cancellare l’età dell’oro delle relazioni con la Cina inaugurata dall’ex premier David Cameron.

Le tensioni tra Londra e Pechino sono sempre più forti, in particolare dopo le mosse britanniche contro le mire cinesi su Hong Kong. Oggi il vicepresidente di Huawei, Victor Zhang, ha rilasciato un’intervista al Financial Times spiegando che il gruppo non è controllato da Pechino, che è privato al 100 per cento. Ma difficilmente riuscirà a convincere il premier Johnson, che nelle ultime settimane la marcia indietro e sta cercando di ridurre in modo significativo, se non addirittura cancellare, il ruolo di Huawei nella rete 5G britannica dopo la durissima reazione degli Stati Uniti e dei deputati conservatori alla sua iniziale apertura al colosso cinese. 

E quasi a confermare le preoccupazioni del governo britannico (e sembra perfino a smentire i proclami di autonomia di Pechino) ci sono le parole di Liu Xiaoming, ambasciatore cinese nel Regno Unito. Infatti, come rivelato sempre dal Times, il diplomatico ha avvertito, durante alcuni briefing riservati, che escludere Huawei dalla rete 5G britannica potrebbe minare i piani che vedono società cinesi impegnate nella realizzazione di centrali nucleari e della rete ferroviaria ad alta velocità HS2.


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