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India come fonte di resilienza geopolitica? Profili possibili per il futuro

Secondo un recente articolo dell’AIIA (Australian Institute of International Affairs, uno tra i principali think tank australiani fondato nel 1933 su modello del Chatham House) una partnership bilaterale rafforzata con l’India potrebbe rappresentare una scelta vincente per l’Australia nel medio-lungo termine, allentando l’attuale dipendenza economica di Canberra da Pechino. Tale possibile approfondimento di relazione appare peraltro in linea con la più estesa alleanza d’area indo-pacifica, il c.d. “QUAD”, laddove lo stesso Giappone di Shinzo Abe appare oggi in grande slancio cooperativo in ottica anti-cinese.

Alcune macro-dinamiche in atto aiutano a perimetrare meglio i termini del discorso. Nel 2027 la popolazione indiana supererà quella cinese, la cui piramide demografica tenderà ad essere sempre più sbilanciata. Una finestra di opportunità demografica ormai in declino, con tutti i sottesi problemi socio-sanitari e di perdita netta di workforce, sinora perno e baricentro della locomotiva cinese, che oggi appare essere secondo alcuni analisti un sistema meno efficiente di quanto appaia in superficie. Ci si chiede quindi come Pechino gestirà l’inevitabile rallentamento economico o le prossime crisi strategiche. Laddove l’India non ha paura come la Cina di creare una classe media indipendente, potenzialmente portatrice di istanze politiche non facilmente conciliabili con un regime autoritario.

Ed è proprio su un piano valoriale e politologico che Australia e India si guardano oggi allo specchio. Di fatto, India e Australia sono caratterizzate da una – non sempre adeguatamente considerata – comunalità linguistica (come storica derivazione imperiale britannica). Entrambi i Paesi sono democrazie federali e appaiono avere nel complesso forse più punti continuità che discontinuità. In questo quadro lo stesso rapporto indo-statunitense, tradizionale partner di sicurezza del paese dei canguri, è oggi ai massimi livelli di positività, slancio e fluidità. Appaiono oggi lontani anni luce i tempi di attrito relativi ai test nucleari indiani del 1998 e della dura contesa diplomatica con l’amministrazione Clinton all’epoca dei fatti.

Oggi l’importanza geo-economica dell’India è quindi – da una prospettiva australiana – un fattore da tenere in debita considerazione, osservando con attenzione il suo crescente spirito imprenditoriale. Come lo era stato quello della Cina nel 1980, specie se paragonato alla Cina di oggi definita “compulsive exporter” da George Friedman. L’India non è ancora in una condizione di take off, ma è cresciuta per quanto attiene alla domanda interna e presto incrementerà il suo livello generale di export. I cicli economici sono diversi tra i due Paesi, se si considera ad esempio che la Cina si aprì al mondo nel 1979 con la creazione delle zone economiche esclusive di Deng Xiaoping, e l’India solo nel 1990.

Alcune luci sono già accese sulla sua crescente vitalità intellettuale e culturale: si pensi – al livello di singoli individui – al fenomeno di Parag Khanna, analista indiano classe 1977, o anche al ruolo di Gita Gopinath, capo economista del Fmi. In senso più propriamente geopolitico e geo-strategico, ed in relazione al rapporto con la Federazione Russa, lo storico rapporto tra India e Mosca potrebbe d’altro canto essere una leva e un fattore addizionale per strappare la Russia da un abbraccio troppo stretto con Pechino. Vi sono poi da considerare i fattori di scala e quelli numerici. L’India ha oggettivamente un livello di magnitudine di scala e di impatto prospettico rilevantissimo. Si pensi tra le altre cose alle potenzialità offerte dal suo mercato della difesa e alla rilevanza marittima, laddove si visualizzi l’India come un triangolo proteso sull’Oceano Indiano.

Quale ruolo rivestirà dunque l’India quale attore geopolitico globale? Le incognite e le variabili sono molteplici, e certamente accanto ad una “shining” India esiste e co-esiste una “desperate” India. Ma un nuovo protagonismo appare ben plausibile, con un gioco di ruolo sempre meno ancillare e nascosto agli occhi della Comunità Internazionale. Le lenti di osservazioni dovranno essere necessariamente plurime e diversificate. Perché, come ricordava già 10 anni fa il gen. Carlo Jean, “la geopolitica non è una disciplina, ma un attrattore di discipline diverse, che integra nelle sue riflessioni” (Gen Jean, Master in Intelligence A.A. 2009/2010, Università della Calabria). Esplorare i “futuri possibili” della proiezione indiana nel mondo, muovendo dal più recente passato e dal presente sarà quindi un esercizio estremamente importante e interessante.

 

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