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Serve un vaccino per l’industria della Difesa. I suggerimenti del CeSI

Investire nella Difesa per rilanciare l’economia nazionale e rafforzare il collocamento del Paese nei contesti esteri. È l’obiettivo suggerito alla politica dal recente report del Centro studi internazionali (CeSI), a firma degli analisti Paolo Crippa e Alberto Guidi, dal titolo emblematico: “Investire nell’industria della Difesa italiana: una garanzia per il mondo post-Covid”. Per molti versi, le misure suggerite riportano alle recenti parole del ministro Lorenzo Guerini, in aula a Montecitorio, rispondendo a un’interrogazione sulle misure a sostegno del comparto.

IL VALORE DEL SETTORE

Il settore dell’aerospazio, difesa e sicurezza (Ad&s) è “assolutamente strategico per il nostro sistema-Paese”, chiosano gli esperti. Se, “da un lato, fornisce all’Italia strumenti e capacità fondamentali per la difesa dell’interesse nazionale”, dall’altro “rappresenta un preziosissimo strumento di influenza geopolitica, in grado di accresce il peso del Paese nel mondo”. A ciò si aggiunge il contributo economico. Il settore “vale 13,5 miliardi di euro (lo 0,65% del Pil), pari a circa il 15% del valore dell’intero settore in Europa”. Il 70% di tale valore, ricordano Crippa e Guidi, è destinato all’export. A tal proposito, l’Italia è sesta al mondo per valore cumulato nell’esportazione di strumenti e tecnologie per la Difesa nel periodo 2009-2018.

TRA EXPORT E RICADUTE

“Una performance registrata nonostante il forte decremento nel 2018 e 2019 del numero di esportazioni autorizzate della Difesa (licenze): -54% nel valore complessivo per l’anno rispetto al 2017”, spiegano con riferimento ai dati della Uama, l’autorità responsabile presso la Farnesina. In termini di valore aggiunto, tali numeri si traducono in 4,5 miliardi, che salgono a 12 “se si calcola il valore aggiunto totale, comprendente anche l’indiretto (4,5 miliardi) e l’indotto (2,5 miliardi)”. Ne risulta, “un moltiplicatore economico delle imprese del settore pari a 2.6, ben il 71% in più rispetto alla media dell’economia italiana”. Ciò assicura “un gettito fiscale di oltre 4,8 miliardi di euro (di cui 1,7 generato direttamente in Italia)”.

GLI ATTORI DEL COMPARTO

Ci sono poi gli investimenti in ricerca e sviluppo, “che oggi ammontano a 1,4 miliardi di euro, pari al 10% circa degli investimenti complessivi delle imprese italiane”. Significa che il comparto Ad&s è “al secondo posto nella Penisola per investimenti in ricerca”. Occupa inoltre 45mila persone, che arrivano a 159mila considerando l’intero indotto. Si dividono tra quattromila aziende, “di cui il 70% rientrano nella categoria delle micro-imprese (meno di 10 dipendenti) e il 18% in quella delle piccole (meno di 50 dipendenti)”. Sono capitanate da “Leonardo e Fincantieri – spiega il report del CeSI – presenze stabili nella Top 20 mondiale delle società dell’Ad&s”.

LE MOSSE ANTI-CONTAGIO

Per tutto questo, nella delicata fase post-Covid-19, “l’Italia deve compiere delle scelte coraggiose e lungimiranti, decidendo di non tagliare i fondi destinati ai programmi di sviluppo e acquisizione di tecnologie militari, ma al contrario, mettendo in campo misure straordinarie per tutelare questo settore fondamentale per la sua economia”, hanno notato Crippa e Guidi. “Non si tratta di una scelta ideologica – hanno aggiunto – ma di una reale necessità di politica industriale”. D’altra parte, come già evidenziato dagli addetti ai lavori, “disinvestire nella Difesa significa andare a incidere negativamente su di un settore che funge da moltiplicatore di valore, con indiscussi benefici industriali, economici e, non ultimo, erariali”.

LA CORSA EUROPEA

Una questione che si lega alla corsa europea, tra Pesco, fondo europeo Edf e altre iniziative volte a rafforzare la Difesa comune. “L’Italia ha tutte le carte per giocare un ruolo da protagonista nel processo di integrazione della Difesa”. La Penisola già fornisce “un contributo fondamentale all’Agenzia europea per la difesa (EdA) ed è lead nation in molti progetti Pesco di grande respiro”. Non bisogna mollare la presa. “Se si osservano le dinamiche di potere che si sono stabilite sin dalle prime mosse della nascente Difesa europea – ricorda il report del CeSI – è innegabile come gli Stati più forti, politicamente ed economicamente, riescano a proiettare una fortissima influenza sul processo decisionale, andando a determinare con risolutezza i requisiti operativi da soddisfare e ad attrarre a sé i maggiori vantaggi, sia da un punto di vista strategico che industriale”. La corsa è iniziata, concludono gli esperti, e “il rischio di marginalizzazione non può essere sottovalutato”.

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