Spesso si definisce un’organizzazione o un’azienda innovativa solo perché opera in settori nuovi, o considerati tali dai media. Ma è un errore perché anche in tanti settori ‘tradizionali’ ci sono aziende e organizzazioni che fanno innovazioni di processo, di prodotto o dell’offerta. E dietro a tutte queste innovazioni, ci sono donne e uomini che amano il proprio lavoro.
Persone che hanno fatto loro il proverbio africano “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa” e che sanno che la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività.
Quest’intervista fa parte della rubrica Innovatori pubblicata su www.robertorace.com.
Uno spazio in cui proviamo a raccontare le storie degli Innovatori, a scoprirne modi di pensare, predilezioni e visioni del mondo. Cercando di capire meglio cosa ci riservano presente e futuro.
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“Il genio è per l’1% ispirazione e per il 99% sudore”. Thomas Edison, che aveva coniato questa frase, per Paolo Cappelli aveva ragione.
Cappelli è giornalista a RaiNews24, dove cura la rassegna stampa internazionale e conduce le edizioni mattutine del telegiornale. Laurea con lode in Storia delle Relazioni Internazionali alla Cesare Alfieri di Firenze; assunto con concorso pubblico RAI; un’esperienza a Lione, Euronews, e poi Rai International, prima dell’approdo a RaiNews24, 1999.
Un’esperienza nelle redazioni Economia, Esteri, Sport, Internet. “La redazione non c’è ma crescerà”, l’intuizione del direttore Roberto Morrione.
Dieci anni con una squadra giovane, irrequieta e anomala per gli standard aziendali; lo sviluppo del primo sito di informazione Rai sul web e l’incarico di caporedattore.
Dal 2006 al 2013 affianca il direttore Corradino Mineo nel suo ‘Caffè’ mattutino. Nel 2014 cura e conduce con Alessandro Baracchini una rubrica pomeridiana promossa dal direttore Monica Maggioni; nel 2016, il direttore Antonio Di Bella gli affida lo spazio quotidiano di tecnologie, linguaggi e innovazione, ‘Hashtag’.
D. Chi è un innovatore per te? Perché?
Vedo l’innovatore come un cuoco capace di proporre un nuovo piatto con ingredienti che erano lì, vecchi e nuovi, ma che nessuno aveva messo insieme in quel modo, con quel risultato. Penso a Corradino D’Ascanio, capace di inventare l’elicottero moderno e di mettere poi quelle competenze di ingegneria aeronautica nella Vespa. L’innovatore affronta il problema come il cubo di Rubik: non ha paura di smontare anche una combinazione che funziona, se cambiarla avvicina ad una soluzione di sistema più soddisfacente.
D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
IOT e intelligenza artificiale cambieranno la vita di miliardi di persone perché troveranno applicazione in molti ambiti del quotidiano, dall’automazione di processi alla domotica; dalla logistica all’ascolto della musica; dalla fabbrica agli ospedali. Imporranno anche nuovi linguaggi, una nuova interfaccia a oggetti vecchi come un frigo o una tv; o nuovi, come strumenti di diagnostica intelligente. Porranno nuovi interrogativi politici ed etici, perché raccoglieranno una galassia di dati sui nostri gusti, le nostre frequentazioni, le abitudini, le spese, i bisogni.
D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
Leader è colui che guida, che imprime la direzione. Il leader riesce a convincere più che a vincere; sa trasmettere alle persone che lavorano con lui una motivazione forte rispetto all’obiettivo. Più che al leader temuto, di machiavelliana memoria, credo al leader catalizzatore: spinge lo sguardo più avanti ma non cancella il passato, è fattore di accelerazione ma anche di ponderazione, di sintesi.
D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
Molte, perché ho avuta una fortuna enorme nell’incontrare ottimi maestri e amici, dalla scuola all’università; dal mondo dello sport a quello del lavoro. Ricordo il rigore di Mario Draghi e il metodo trasmesso con entusiasmo da Ennio Di Nolfo e Antonio Varsori alla Cesare Alfieri. Ricordo la lezione di Ettore Messina al corso per allenatori: l’invito a curare il dettaglio, per guadagnare fiducia e rispetto nei giocatori. E ricordo la spinta inesauribile di Corradino Mineo a cogliere la notizia senza perdersi nei dettagli secondari, affogandola in un oceano di informazioni trascurabili. ‘Less is more’, scegliere con onestà di fronte al lettore.
Se devo indicare una sola persona, però, certamente è mio papà.
D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
La grande paura è… la paura come potente strumento di politica; l’insofferenza per le istituzioni democratiche additate ad inutile e costoso orpello; la convinzione diffusa che sì, si può anche sacrificare un po’ di democrazia per più efficienza. La grande speranza è che i giovani più preparati, più aperti e ottimisti, vedano il loro futuro in Italia e non da qualche altra parte, perché ‘tanto questo non è un paese per giovani’ e ‘qui le cose non cambieranno mai’.
D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
Il mio lavoro attuale a RaiNews24 è nella squadra che apre la giornata dopo i colleghi della notte: è un lavoro di desk ma aperto al mondo grazie a internet, giornali, contatti con i colleghi fuori, in Italia e nel mondo. Il progetto futuro è trovare nuove forme, nuovi linguaggi per fare informazione; innovare un format molto tradizionale come quello del tg, senza disorientare o perdere chi ci segue.
D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare
L’emozione è un goal della mia squadra; lo sguardo di Emma Stone quando incontra Ryan Gosling nel finale di La La Land; un whatsapp dei miei figli; un’escursione in montagna con mia moglie.
Mi ha commosso la mia anziana vicina, durante il lockdown: le avevo portato l’acqua dal supermercato e mi ha regalato tagliatelle fatte da lei in casa.
L’emozione più grande nasce da un gesto gratuito, che non cerca contropartite.
Mi arrabbio molto per l’ingratitudine e un po’ di più, credo, per chi bara.