Era un po’ il segreto di Pulcinella della geopolitica attuale. Tutti lo sapevano, nessuno osava dirlo ufficialmente — soprattutto per ragioni di propaganda, sia da una parte sia dall’altra. Ma oggi, a due giorni dal primo luglio, data in cui Israele avrebbe dovuto annettere zone della Cisgiordania, il ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, incontrando Avi Berkowitz, inviato per la pace del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, avrebbe spiegato che il primo luglio non è una “data sacra”. Lo riporta il Jerusalem Post sottolineando come Berkowitz assieme a Scott Leith, membro del Consiglio per la sicurezza nazionale, abbia incontrato anche il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Mercoledì a Gaza andrà in scena una giornata della rabbia contro i piani annessione. A Gerusalemme, invece, la Knesset potrebbe votare l’annessione. Ma nessuno sembra disposto a scommettere sul fatto che il voto si trasformi in annessione concreta.
Gantz — che dovrebbe succedere a Netanyahu alla guida del governo secondo l’accordo di rotazione — è scettico, contrario all’unilateralismo della mossa orchestrata da Netanyahu e Trump. Le sue riserve stanno rendendo la situazione più difficile, come spiega Axios.com. Secondo lui, il governo israeliano dovrebbe dare la priorità alla lotta contro la pandemia di coronavirus piuttosto che andare avanti con l’annessione di parti della Cisgiordania. Un pensiero che, rivelano dal suo entourage, Gantz ha confessato a Berkowitz e Leith. Il primo luglio, dunque, non è una “data sacra”. “L’unica cosa sacra in questo momento è riportare le persone al loro posto di lavoro e combattere il coronavirus. Prima di attuare qualsiasi iniziativa diplomatica, dobbiamo aiutare i cittadini di Israele a riprendersi il loro lavoro e riuscire a guadagnarsi da vivere. Gli israeliani sono preoccupati per il coronavirus e si aspettano che il governo se ne occupi”, avrebbe aggiunto Gantz secondo quanto riferito da Axios.com.
Contrario all’annessione è anche Gabi Ashkenazi, il ministro degli Esteri israeliano che dovrebbe incontrare l’inviato di Trump domani: secondo lui Israele dovrebbe parlare con Giordania, Egitto e gli altri Paesi nella regione per coordinarsi con i palestinesi prima di determinare la sua sovranità sulla Cisgiordania. Gantz e Ashkenazi sono convinti che il piano di pace di Trump rappresenti un passo storico e il miglior quadro possibile per il processo di pace.
Tutto rinviato, dunque. Per Trump il “piano del Secolo” è parte dell’eredità politica che intende lasciare al mondo (dopo un altro mandato, spera ovviamente lui). Per Netanyahu, invece, rappresenta il mantenimento di una promessa elettorale ma anche una mossa che lo inserirebbe appena sotto il fondatore di Israele, David Ben Gurion, nella classifica dei premier israeliani più decisivi.
Ma il tempo scorre: le elezioni presidenziali di novembre si avvicinano, il timore israeliano che Trump possa non farcela cresce mentre piovono condanne al piano di annessione — a partire da Nazioni Unite e Unione europea. Per Netanyahu è una corsa contro il tempo. Ma anche per Gantz, che sa che la sua futura premiership è legata anche agli sviluppi di questo dossier.
(Foto: Twitter, Benny Gantz: @gantzbe)