È stato un mezzo flop il primo comizio di Donald Trump dopo oltre tre mesi di campagna elettorale sospesa causa epidemia di coronavirus. Il magnate presidente aveva parlato d’un milione di persone in fila online per assistere all’evento; se ne attendevano 100 mila e, per soddisfare un’audience così larga, era stato allestito un palco all’aperto, perché l’arena di Tulsa, il Bok Center, ne può contenere al massimo 19 mila; ma, alla fine, il palco all’esterno è stato smantellato senza essere utilizzato e dentro non c’era il pienone.
Era il popolo di Trump: quasi tutti senza mascherina, come il loro idolo – nonostante vi fossero, secondo la Cnn, sei positivi nello staff al lavoro per il comizio -, berretti e magliette con gli slogan della campagna. Molti sostenitori erano già arrivati da giorni e si erano accampati in città: c’era timore di incidenti, scontri, tafferugli, ma la polizia è riuscita a tenere separati i gruppi pro e contro il magnate presidente e non si ha finora notizia di fatti gravi, nonostante momenti di tensione quando fan di Trump armati hanno attaccato con spray al peperoncino una manifestazione pacifica (gli agenti sono intervenuti per disperdere l’assembramento).
Nelle ultime ore ci sono stati sviluppi nella vicenda del procuratore di New York Geoffrey Berman silurato dall’amministrazione, ma che si rifiutava di lasciare il posto: Berman ha alla fine accettato di andarsene, dopo che il segretario alla Giustizia William Barr ha annunciato che a sostituirlo sarà il suo vice e non un magistrato del New Jersey. Contraddicendo Barr, secondo cui il licenziamento di Berman è stato deciso su richiesta del presidente, Trump s’è chiamato fuori: “Io non c’entro”. Barr ha accusato Berman di avere “scelto il pubblico spettacolo invece del pubblico servizio” e aveva minacciato l’invio di ispettori.
Quanto al libro dell’ex consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, se ne conferma l’uscita martedì prossimo, come previsto: ieri, un giudice del distretto di Washington Royce Lamberth ha infatti respinto la richiesta di bloccarlo, come voleva l’Amministrazione federale, sulla base del fatto che il volume conterrebbe informazioni riservate.
La sentenza è una sconfitta per Trump e una vittoria per Bolton, in una causa dove erano in gioco libertà d’espressione e sicurezza nazionale. Il giudice non ignora la possibilità che Bolton “giochi d’azzardo con la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, eludendo il processo di revisione del testo prima della pubblicazione teso proprio a impedire la diffusione d’informazioni riservate da parte d’ex funzionari, ma considera prevalente il rispetto della libertà d’espressione.
Dopo il verdetto, Trump ha di nuovo attaccato l’ambasciatore Bolton: “Era un fallito, fin quando non l’ho riportato in auge, ha violato la legge diffondendo informazioni classificate… Deve pagare un grande prezzo per questo, come altri prima di lui. Questo non deve più accadere!!!”, ha twittato. Il presidente legge la sentenza di Lamberth come una “grande vittoria”: a Bolton, twitta, “piace lanciare bombe sulle persone e ucciderle. Ora avrà bombe lanciate su di lui!”.
Per il flop di Tulsa, lo staff del presidente scarica la colpa sui media, che avrebbero agitato i rischi di contagio (reali), e sui dimostranti, accusati (senza motivo) di impedire l’accesso ai fan. E questi sono stati i primi bersagli dello stesso Trump. “Ci sono persone molto cattive là fuori”, ha detto, definendo i suoi fan dei “guerrieri” per avere sfidato tutti quei pericoli. Poi ha attaccato i media “fake news” che insinuano che potrebbe essere malato: “Se avessi un problema di salute, ve lo direi”.
Ma il nucleo del discorso è stata l’attacco frontale al rivale democratico Joe Biden: “Il nostro Paese sarà distrutto, se verrà eletto. È un burattino in mano alla sinistra radicale” che “assedia la nazione” con le proteste, i saccheggi, le violenze, l’abbattimento dei simboli confederati. “Ho fatto più io in quattro anni che Biden in 47 per la comunità afro-americana, la giustizia razziale comincerà con il suo pensionamento”. Non una parola sui neri inermi ammazzati dalla polizia. Ma la promessa che, se sarà eletto, il prossimo sarà l’anno economico migliore di sempre.
Fronte coronavirus, negli Usa si sono ieri contati 568 decessi, secondo i dati della Johns Hopkins University: è il decimo giorno consecutivo in cui il bilancio delle vittime è inferiore a mille, ma è invece tornato ad accelerare il ritmo dei contagi. Alla mezzanotte sulla East Coast, si contavano negli Stati Uniti 119.719 vittime e oltre 2.255.000 contagi. A Tulsa, Trump ha annunciato la sua nuova strategia ant-coronavirus, chiamandolo “Kung Flu”: ridurre il numero dei test, così da ridurre il numero dei contagi constatati.
Il regista Michael Moore, acerrimo avversario del magnate presidente, era stato colpito dall’attesa che circondava il comizio di Tulsa: “Hanno iniziato a fare la fila martedì a Tulsa… Si aspettano 100.000 persone! Trump non ha perso nulla della sua base e sono più famelici che mai… Dormire sul marciapiede per cinque notti solo per entrare a vedere Trump? Quella è dedizione. Guai a dare per scontato… che non possa vincere. Non pensiate che non possa vincere”, scrive su Facebook. “Non siate presuntuosi dicendo che non può conquistare la Casa Bianca perché, francamente, sembrate molto simili a voi stessi quattro anni or sono, quando dicevate a tutti che questo Paese non avrebbe messo un clown nello Studio Ovale… Quante persone si metterebbero in fila cinque giorni solo per sentire parlare Joe Biden?, 12?, 5?, Nessuna? Non pensiate che non abbiamo un problema qui”.
(Usa2020)
(Foto: Twitter/Donald Trump)