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Politica, Istituzioni e scienza. Cosa vogliono gli italiani nel post-Covid

Quanto è successo in questi mesi ha aperto alcune questioni sul sistema di governance istituzionale e gli impatti di medio termine sul rapporto tra cittadini, esperti ed il policy making merita. Una indagine non è certo il modo con cui progettare né trovare le soluzioni, ma è un modo con cui entrare nel mondo del possibile. Gli impatti che sono stati presi in considerazione riguardano:

– lo spazio di intervento dello Stato
– il rapporto tra politici e scienza
– le aspettative verso le leadership
– il rapporto tra finanza ed imprese
– le modalità di selezione e potenziamento delle leadership
– la digitalizzazione del voto a distanza

Ecco la sintesi dei riscontri raccolti.

Gli esperti (investitori, imprenditori, prof. universitari, dirigenti…), diversamente dai cittadini che si attendono aiuti e sostegni diffusi, ritengono che questa fase di post emergenza sia quella in cui è possibile e doveroso attuare dei cambiamenti profondi nelle infrastrutture del Paese.

GOVERNANCE E POLITICA: ELETTIVA (DIGITALE), SELETTIVA E PIÙ FORTE

Il rapporto tra decisione pubblica, scienza (conoscenza) ed imprese è il grande tema sollevato da una crisi profonda, così come quello della collaborazione tra questi soggetti ed il sistema produttivo (le imprese) nella prevenzione e nella gestione delle emergenze.

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Non è più il tempo degli “onesti con voglia di fare” ma di persone capaci. Significa il ritorno del politico professionista, si apre uno spazio per un ritrovato ruolo di preparazione ed organizzazione di partiti e corpi intermedi o di altri soggetti (scuola di formazione, università?) che vogliano investire sul futuro di lungo termine del Paese. Senza una buona cabina di regia collaborativa e comprensiva del sistema i virtuosismi locali non bastano.

Se per i cittadini questo significa anche dare più spazio ai tecnici ed agli scienziati (delle diverse discipline) ai tavoli decisionali; per gli esperti, l’approccio è un altro: selezionare e “potenziare” i politici affinché possano capire e gestire i diversi specialismi: la politica non è un ambiente per tecnici specialisti.

Ed ancora altra differenza tra esperti e cittadini.

Per gli esperti sarebbe più opportuno un maggiore coinvolgimento dell’Europa e meno delle regioni; mentre per i cittadini l’europa è più lontana, è un “punto di domanda”, non del tutto comprensibile, seppure potenzialmente importante.

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Allora che fare per avere una italia più efficiente?

È interessante che la prima scelta ricade in prevalenza sulla opzione proposta più provocatoria, probabilmente infattibile giuridicamente: bisogna migliorare le modalità di selezione del ceto politico accertando le competenze (23%), poi intervenire sulla gestione della medicina e della sanità dando più rilevanza ai territori (20%), e per il 17% aumentare lo scambio informativo tra gli Stati.

Rileviamo inoltre la disponibilità ad un intervento al sistema delle regole, a sperimentare innovazioni nella democrazia: selezionare i deputati europei in base a competenze e conoscenze linguistiche (46%); la digitalizzazione del sistema elettorale tramite voto elettronico a distanza (35%) e il desiderio di votare anche per i dirigenti pubblici delle partecipate (32%).

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STATO E MERCATO

In questi mesi è aumentata la presenza dello Stato nelle gestione della quotidianità, cosa ne rimane nel percepito e negli atteggiamenti, come si combina con lo scenario economico che abbiamo di fronte?

È alta la fiducia verso lo Stato. La necessità di maggiore sicurezza e riduzione del rischio portano ad un forte prevalenza di posizioni interventiste nella gestione dei beni pubblici; e quindi, a maggior ragione, è fondamentale la competenza gestionale di chi governa e una selezione più stringente. Insomma ad una rinnovata leadership politica possono affiancarsi riorganizzazioni nel sistema dei poteri.

Più controverso il rapporto tra Stato e Regioni.

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Anche le imprese hanno occupato nuovi spazi di sostegno alla società e l’opinione pubblica si aspetta che questo cambiamento sia solo all’inizio. Per il 38% le imprese devono continuare a fare charity, per il 40% ben di più.

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Unendo i due corni della esplorazione effettuata nell’indagine si evince che i cittadini, dopo mesi di quarantena ed una situazione nazionale ed internazionale critica, si aspettano che i soggetti più grandi ed istituzionali lavorino di più per un progetto condiviso, per il bene pubblico o comune, come direbbero alcuni; segno che in qualche modo ritengano che in tempi straordinari, bisogna che chi ha più potere o forza, assuma ruoli straordinari e si faccia carico di una responsabilità maggiore. Forse, ma questo non lo abbiamo testato, sarebbero ragionevolmente disponibili a manovre e cambiamenti straordinari – se ben argomentati e progettati-. Però dall’altro lato, rimane il dubbio su quali disponibilità di comportamenti straordinari i cittadini siano disposti ad assumersi, ovvero se non siamo entrati in una condizione ove il cittadino ripone aspettattive sullo Stato e le grandi imprese per non dover in prima persona modificare assumersi responsabilità o investire proprie risorse. Cosa che renderebbe estremamente oneroso ogni passaggio.

 INVESTIMENTI E IMPRESE

Dall’indagine emerge con chiarezza che l’impatto di questa quarantena sarà di lungo periodo, strutturale sulle priorità di investimento.

La sostenibilità (attenzione nei processi produttivi e di gestione alla governance, all’ambiente ed al sociale- lavoro in primis-, ma anche ai territori, ai fornitori etc), diventerà sempre più un parametro di misurazione del rischio di investimento in una impresa; per garantire la sostenibilità economica concorrono vari elementi, oltre al mercato, che saranno valutati con più attenzione.

È un cambiamento epocale nei rapporti di forza degli stakeholder, e nel ruolo dei CEO, che in questo modo si possono “sganciare un poco” da obiettivi meramente economici.

Per l’83% degli investitori/imprenditori ci sarà più attenzione alla sostenibilità delle imprese, da parte degli investitori; verrà quindi dall’alto la spinta al cambiamento, non solo da consumatori e autorità regolamentari. Del resto per il 56% degli investitori /imprenditori “le aziende porranno più attenzione alla sostenibilità”.

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In sintesi risulta evidente che l’esperienza vissuta in questi mesi segna in modo profondo il sistema di rapporti tra cittadini, stato, imprese (inclusa la finanza) e le possibili evoluzioni: tutte da progettare, discutere, approfondire e valutare. Ma tutt’altro che scontate. Ci sono forti aperture al cambiamento possibile, se ben comunicato, senza bisogno di modificare gli assetti formali.

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