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Covid-19 e la sfida delle sepolture islamiche. L’analisi di Dambruoso

La pandemia di coronavirus ha causato più di 30.000 morti nel nostro Paese e creato difficoltà per tutti i cittadini, ristretti in casa per lockdown per oltre due mesi. Tra le imprevedibili difficoltà con cui ci si è dovuti confrontare, trovando l’amministrazione pubblica impreparata, c’è stato il problema, per quella fetta di popolazione italiana di fede musulmana, che a causa della pandemia si è trovata nell’impossibilità di effettuare il rimpatrio delle salme dei propri cari deceduti per Covid-19. 

Secondo gli ultimi dati Istat la popolazione italiana è di circa 60,3 milioni di persone di cui 2,6 milioni sono musulmani, ovvero il 4,3% della popolazione italiana. Secondo stime accreditate, i musulmani morti durante l’emergenza Covid-19 sarebbero circa 70, con cifre che arrivano fino al centinaio di deceduti se si includono anche medici di fede islamica morti combattendo in prima linea il virus. A causa dell’emergenza le rotte aeree e marittime del nostro Paese verso l’estero sono state interrotte e ciò ha portato alla giacenza di molti corpi di musulmani deceduti generando così una nuova emergenza nell’emergenza. Si è trattato di almeno 100 salme bloccate dal divieto di rimpatrio. 

La “problematica” della sepoltura secondo i canoni dell’Islam è nata all’inizio degli anni novanta, dopo l’arrivo dei profughi balcanici in Italia. La guerra in Bosnia-Erzegovina, durata dal 1992 al 1995, impediva infatti ai nativi di tale Stato di venire sepolti in patria, con conseguente necessità di apposite aree nei cimiteri italiani. Pertanto, a seguito di questi casi e anche per gli effetti del boom dell’immigrazione successivo alla Legge Martelli (legge 39/1990), è iniziata un importante esperimento di dialogo interreligioso anche per quanto riguarda il trattamento delle salme, soprattutto nei comuni della Lombardia e dell’Emilia, le aree storicamente con più presenza di fedeli musulmani.

La maggior parte dei musulmani residenti in Italia ha tradizionalmente chiesto il rimpatrio della salma per motivi culturali e religiosi perché il Paese d’origine resta il loro punto di riferimento identitario e affettivo, il luogo dove sono deposte le memorie, dove si trovano ancora i legami sociali e familiari. La presenza in Italia viene considerata dalla maggior parte di loro come passeggera e temporanea cosicché il rinvio delle spoglie, per l’immigrato, rappresenta un ritorno alla terra d’origine e alla cultura di appartenenza. Per molti fedeli musulmani può essere proibitivo spendere migliaia di euro per essere sepolti nel proprio Paese natio, soprattutto per località molto distanti e poco collegate con l’Italia, come ad esempio il Bangladesh (dove un volo di rimpatrio può costare anche 5.000 euro). Per tale motivo, all’interno delle moschee o dei circoli islamici locali vi sono spesso collette e offerte per  coloro che non hanno la disponibilità di pagarsi il rimpatrio. Secondo i dati più recenti al momento vi sono, su 8.000 comuni italiani, 76 cimiteri che dispongono di aree adibite alla sepoltura dei fedeli musulmani. Esiste anche un vero e proprio cimitero islamico, a Trieste, che risale alla seconda metà dell’Ottocento, costruito per i cittadini dell’allora Impero Ottomano. La carenza del numero di cimiteri islamici sul territorio nazionale e le strette regole comunali sui cimiteri che difficilmente permettono di ospitare defunti di altre province o regioni, ha reso ancor più difficile ogni operazione di sepoltura dei musulmani nel territorio nazionale. Dando così luogo a casi di famigliari che si sono ritrovati con la salma dei propri cari in casa per diversi giorni. A Pisogne, un Comune in provincia di Brescia, una famiglia musulmana è stata costretta a convivere per una settimana con la madre deceduta. Ci sono poi intere regioni in cui non c’è un’area cimiteriale per persone di fede islamica, come per esempio la Campania. 

In ossequio alla libertà di culto garantita dalla nostra Costituzione, l’articolo 100 del decreto del Presidente della Repubblica 295/1990 sancisce la possibilità di destinare appositi spazi per i professanti di altri culti all’interno dei cimiteri cattolici. I piani regolatori cimiteriali possono prevedere aree speciali e separate per la sepoltura di cadaveri di persone di culto diverso da quello cattolico. Il sindaco può inoltre concedere un’area adeguata nel cimitero a comunità straniere che facciano domanda di avere un proprio spazio per la sepoltura delle salme dei loro connazionali.

Un influente membro della comunità musulmana di Ravenna, una delle più grandi d’Italia, mi ha spiegato che il rito funebre islamico è diviso in due parti: trattamento del corpo (che comprende lavaggio e vestizione) e sepoltura. Ogni moschea dispone di una sua squadra maschile e femminile che si occupa dei riti funebri. Coloro che fanno il lavaggio rituale dovrebbero tradizionalmente essere familiari del defunto ma, in loro assenza, procede la comunità, in quanto il Corano indica che tutti i credenti sono come fratelli. Tale rapporto che si viene quindi a creare serve a rafforzare il senso di comunità e fratellanza dei musulmani, soprattutto quando residenti all’estero. Così come il corpo del musulmano è sacro e viene pulito in vita con le cinque preghiere quotidiane allo stesso modo bisogna pulire e preparare la salma per l’aldilà. Prima di tutto si procede rispettando il pudore del defunto, coprendo il corpo dall’ombelico fino al ginocchio. La salma viene quindi lavata e si presta attenzione alla cura delle unghie e della barba. Vengono fatti anche massaggi per ammorbidire il corpo e ridurre gli effetti del rigor mortis. L’abluzione completa rituale è molto importante ed è per tale motivo eseguita con cura certosina, anche perché, secondo la tradizione, l’anima stessa del defunto assiste a tale procedura. In seguito, nella preparazione della salma, si utilizzano anche lavaggi con profumi (tradizionalmente di muschio e cedro), soprattutto nelle zone del corpo che venivano coinvolte nella prosternazione durante le preghiere giornaliere. Alla fine la salma è coperta da un sudario, formato da tre pezzi per gli uomini e da cinque per le donne, ma che deve essere sempre umile e sobrio. Terminata la fase della preparazione del corpo, inizia il funerale islamico vero e proprio. Tradizionalmente, al funerale dovrebbero partecipare 40 fedeli, anche se le comunità islamiche locali in Italia non sempre riescono a raccogliere tali numeri. Quindi la salma viene portata al cimitero può iniziare la preghiera funebre, guidata dall’imam. Infine, il rito funebre islamico termina con la sepoltura della salma, adagiata sul fianco destro e sempre puntata verso la qibla, cioè la direzione verso cui i musulmani si rivolgono durante le preghiere, che coincide con La Mecca. La sepoltura islamica è tradizionalmente diretta, quindi senza bara, poiché il concetto è quello di far ritornare il corpo alla terra e lasciare intatto il processo di decomposizione. Un importante punto del rito funebre islamico vuole che la salma sia sepolta nel più breve tempo possibile, per onorare la dignità del defunto. In Italia la procedura è leggermente diversa, in quanto la salma deve prima essere trasferita in camera mortuaria. 

Le limitazioni a carattere sanitario per il Covid-19 hanno impattato anche sulla preparazione della salma. Fino al 31 luglio, infatti, al rituale del lavaggio e della vestizione possono procedere solo due persone protette da mascherina, mentre di solito gli addetti sono tre. Le disposizioni per la tutela della salute pubblica durante l’emergenza Covid-19 hanno fatto inoltre sì che la preghiera rituale avvenisse direttamente in camera mortuaria e non più al cimitero. In aggiunta, l’obbligo di evitare assembramenti ha reso impossibile il raduno dei già menzionati quaranta fedeli al funerale, riducendo al minimo la presenza dei musulmani alle cerimonie. 

Conoscere e rendere le norme flessibili alle esigenze culturali di comunità straniere residenti nel nostro Paese, come quella musulmana, rientra fra le qualità di gestione del proprio territorio che i sindaci italiani dovrebbero considerare importante. E non solo perché lo impone la nostra Carta costituzionale. Lo sviluppo del dialogo interreligioso e il rafforzamento di politiche che riconoscono il multiculturalismo rappresenta un importante tassello degli sforzi che vanno fatti per prevenire e contrastare la radicalizzazione religiosa, sfociata negli ultimi anni in sanguinarie attività terroristiche. La presenza in Italia di giovani musulmani di seconda e terza generazione sta cambiando le abitudine della comunità islamica. In futuro si assisterà quindi a un incremento di sepolture in Italia. La comunità musulmana punta alla costruzione di un cimitero in grado di accogliere 5.000 salme nel comune di Fiumicino non solo per affrontare l’emergenza ma per avere un cimitero in grado di preservare una sepoltura conforme al Corano. Per venire in contro alle richieste avanzate dalla comunità islamica, il sindaco di Milano ha firmato un’ordinanza che permette alcune deroghe alle regole cimiteriali del capoluogo. In particolare, la possibilità per gli stranieri residenti nella città metropolitana di Milano di essere seppelliti nel Cimitero Monumentale nel caso fossero vigenti condizioni di impossibilità di rimpatrio della salma.

Con l’ausilio per la ricerca di Margot Houli, master in Counter Terrorism – IDC Herzliya, e Francesco Conti, master in Counter Terrorism – King’s College Londra


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