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Stati Generali, perché è giusto che l’opposizione non ci sia. L’opinione di Ocone

Il “centrodestra” alla fine ha deciso: all’invito del presidente del Consiglio di partecipare agli Stati generali risponderà ringraziando ma declinando. È una buona notizia per l’opposizione politica, e in genere per il sistema democratico italiano: una democrazia in cui l’opposizione non partecipa al potere (potrebbe anche farlo in una situazione di emergenza ma in un governo di “unità nazionale” non offrendo una generica “collaborazione”), ma nello stesso tempo rinuncia a fare l’opposizione, genera confusione e soprattutto è dannosa al Paese perché non svolge il suo ruolo.

Ma buona notizia lo è anche per la consistenza o tenuta di quella coalizione che governa attualmente, con buoni risultati, più della metà delle regioni italiane, pur essendo fuori dal potere nazionale. Presentarsi all’appuntamento in ordine sparso, come a un certo punto era sembrato che potesse avvenire, con Berlusconi e persino Salvini pronti ad esserci e Meloni ferma sulle sue posizioni di diniego, sarebbe stato il più grosso regalo fatto al governo. Un suicidio politico, detto in due parole.

In questo momento, con un sistema politico impazzito nella sua generalità, un ulteriore elemento di irrazionalità non era sopportabile, d’altronde, nemmeno per l’Italia. D’altronde, discutere e dividersi, come in genere fa l’opposizione in questo momento (si pensi pure alla scelta dei candidati alle regionali), ma poi ricompattarsi con decisioni rapide, è a livello di immagine e di sostanza un segno positivo.

Magari la “ricostruzione” dell’Italia procedesse con questo metodo! Anche se va aggiunto che a destra è più facile accordarsi che non a sinistra: da una parte ci sono tre leader che hanno saldamente in mano, tutto sommato, i loro partiti; dall’altra, troviamo una frammentazione di lobby e micropoteri (non solo nel Pd ma anche e soprattutto in questo momento nei Cinque Stelle) pronti sempre a ostacolarsi l’un con l’altro. E, a ben vedere, lo stesso premier si mantiene a galla perché sa scaltramente tenersi in equilibro fra le varie fazioni. Al costo però, molto alto per il Paese, di una impossibilità a prendere decisioni politiche. A mala pena finora coperta da un aggressivo lavoro di comunicazione e marketing politico e dalla posizione di sempre nuovi obiettivi e nuove task force e commissioni consultive destinate a fallire o impantanarsi.

Su questa china è fatalmente indirizzata anche quella che voleva essere una parata autocelebrativa ma che è stata subito depotenziata da tutti i malumori che ha suscitato, soprattutto in area piddina. Ed è qui il motivo principale per cui sarebbe stato suicida per il centrodestra partecipare, come comparse compiacenti e senza nessun potere. Era giusto allora dire quello che ha detto Giorgia Meloni: gli Stati generali già ci sono, e sono Camera e Senato. Mentre l’uscita possibilista di Salvini era forse tesa soprattutto a sottolineare che il piano Colao, che non si capisce fino a che punto sarà considerato, ha più affinità con ciò che vuole la destra che non che quel che propone la sinistra. Per il semplice motivo che le politiche “di destra” o liberali funzionano meglio in situazioni come l’attuale: se devi “ricostruire” un Paese prima devi creare ricchezze, e poi e solo poi puoi pensare a distribuirle equamente (che è il compito della sinistra).

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