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Macron, Trump e la Turchia. Lo stress test per la Nato secondo Jens Stoltenberg

“La Nato è l’alleanza di maggior successo nella storia perché è riuscita ad adattarsi alle sfide che aveva di fronte; lo farà anche adesso”. È così che Jens Stoltenberg risponde ai molteplici dossier che premono dall’interno la tenuta dell’organizzazione. Ospite odierno del Brussels Forum, l’evento internazionale targato German Marshall Fund (quest’anno in via telematica) che ogni anno chiama a raccolta nella capitale belga i massimi esperti di sicurezza, geopolitica e affari internazionali, il segretario generale dell’Alleanza Atlantica ha conversato con l’esperto Gmf di Bruxelles Markus Preiss.

TRA MACRON E TRUMP

Con la consueta pacatezza di chi sa di dover bilanciare interessi e obiettivi di ben trenta Stati membri differenti, Stoltenberg si è impegnato a mostrare sempre il bicchiere mezzo pieno. Ieri, nel prendersela con la Turchia per l’azione nello scenario libico, il presidente Emmanuel Macron è tornato a definire la Nato “cerebralmente morta”. Nel frattempo, tra le prime rivelazioni del discusso libro di John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale Usa, è emerso anche il racconto del summit Nato a luglio 2018. Secondo Bolton, Donald Trump avrebbe chiaramente minacciato l’uscita degli Stati Uniti dell’Alleanza, insoddisfatto della scarsa assunzione di responsabilità (soprattutto in termini di spese per la Difesa, il noto 2% del Pil) da parte degli alleati europei (Germania in testa).

IL SUMMIT BOLLENTE

Stoltenberg non ha smentito il racconto di Bolton (comunque preceduto da numerose indiscrezioni simili), ma neanche lo ha confermato. “Trump è stato molto chiaro nel suo messaggio – ha spiegato oggi al Brussels Forum – sull’importanza che i Paesi europei e il Canada dovessero investire di più nella Difesa”. Allo stesso tempo, ha ricordato il segretario generale, “ha chiarito l’impegno Usa nella Nato, ripetuto poi più volte pubblicamente”. Tra l’altro, ha aggiunto Stoltenberg, i richiami di Trump hanno avuto l’effetto desiderato, spingendo in alto gli investimenti nel settore da parte degli alleati europei (“136 miliardi di dollari aggiuntivi nel 2016”).

IL RITIRO USA DALLA GERMANIA

Stesso tentativo di tranquillizzazione sul possibile ritiro (seppur parziale) delle truppe americane dal territorio tedesco, accompagnato dalle sprezzanti critiche di Trump per Berlino: “Li proteggiamo, ma sono delinquenti”. Il presidente Usa avrebbe comunicato a Stoltenberg il piano di portare il tetto massimo di unità in Germania da 34.500 a 25mila a partire da settembre, ma anche il “forte impegno degli Stati Uniti in Europa”. Come già fatto nella recente riunione dei ministri della Difesa, il segretario generale ha inoltre ricordato quanto nell’ultimo anno sia aumentata la presenza americana in Europa tra Paesi baltici e Polonia, notando (messaggio per la Casa Bianca) che “pace e sicurezza in Europa servono anche agli Stati Uniti”.

LA CAPACITÀ DI ADATTAMENTO

In sintesi, secondo Stoltenberg la Nato è perfettamente in grado di superare eventuali divergenze interne. “Abbiamo di fronte sfide globali, ma non sono spaventato sul futuro dell’Alleanza”. In passato, la Nato ha già vissuto momenti critici, come le distanze tra i membri sulla crisi del canale di Suez nel 1956, l’uscita della Francia dieci anni dopo (con tanto di spostamento del quartier generale da Parigi a Bruxelles) fino alle differenze di vedute sull’intervento in Iraq. “Siamo sempre stati capaci di superare le divergenze”, ha detto Stoltenberg.

#NATO2030

Per riuscirci anche questa volta, il segretario generale ha lanciato (su invito dei capi di Stato e di governo dello scorso dicembre) la riflessione strategica #Nato2030, chiamando a supporto un gruppo di esperti. Si basa su tre direttrici: un approccio più globale alle sfide della sicurezza; il mantenimento delle capacità militari per conservare il vantaggio sui competitor; l’unità politica tra gli alleati. Si tratta di “pensare al futuro dell’Alleanza”, ha notato Stoltenberg, con una strategia su cui l’Italia punta a inserire la maggiore attenzione rischia dal cosiddetto fronte sud. “La Nato – ha detto su questo il segretario generale – non può concedersi il lusso di guardare in una direzione o nell’altra; deve essere capace di difendere tutti gli alleati da ogni minaccia, da qualunque direzione essa provenga”.

DAI MISSILI ALLA CINA

E il futuro passa anche per l’analisi delle minacce. Ne ha citate due su tutte tra quelle nuove: l’ascesa cinese, e il cyber-spazio. Pechino è entrata nell’agenda dell’Alleanza solo dallo scorso dicembre, ma già ha scalato posizioni nella scala gerarchica delle priorità. “Ha il secondo budget per la Difesa al mondo – ha ricordato il segretario generale – e sta investendo pesantemente in nuovi sistemi d’arma a lungo raggio che possono raggiungere tutti i Paesi Nato”. Come “potenza globale”, ha in tal senso “delle responsabilità”.

IL CONTROLLO DEGLI ARMAMENTI

Riguardano soprattutto un nuovo sistema globale per il controllo degli armamenti. Ieri, sono iniziati a Vienna i negoziati tra Stati Uniti e Russia per il rinnovo del trattato New Start, in scadenza il prossimo febbraio a dieci anni dall’entrata in vigore. Dopo la fine del trattato Inf e con l’uscita degli Usa dagli accordi Open Skies, resta l’ultimo baluardo di un sistema che affonda le radici nella Guerra fredda. L’impressione è che Washington e Mosca si sentano ormai stretti in un sistema che frena entrambi, ma lascia libera Pechino di sviluppare i propri arsenali. A Vienna si stanno facendo “passi in avanti positivi” sul New Start, ha concluso Stoltenberg, ma resta pesante l’assenza della delegazione cinese.

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