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Usa2020. Polemiche, pandemia e disoccupazione che cala (ma non per tutti)

Le proteste restano corali, le violenze si stemperano, le polemiche su quel che fa e quel che dice Donald Trump vengono costantemente alimentate dal magnate presidente. Per la decima serata consecutiva, in molte città degli Stati Uniti, da New York a Los Angeles, da Washington a Seattle, migliaia di persone sono scese in strada per denunciare il razzismo e la brutalità della polizia, ricordando George Floyd, il nero di 46 anni ucciso da un agente il 25 maggio a Minneapolis.

In giornata, Trump aveva suscitato ulteriore irritazione, commentando così i dati sull’occupazione: “Una grande giornata per George Floyd… George ci sta guardando dal Paradiso e sta lodando l’economia americana”. “Parole spregevoli” per l’ex vice-presidente di Barack Obama Joe Biden, candidato democratico alla Casa Bianca. Affermazioni “riprovevoli, offensive e che fanno infuriare”, nei commenti sui social.

A maggio, la marea della disoccupazione da epidemia di coronavirus, salita ad aprile al 14,7%, ha già cominciato a defluire negli Stati Uniti ed è scesa al 13,7%: è l’effetto del recupero di 2,5 milioni dei posti di lavoro perduti – oltre trenta milioni -. Il dato resta il più alto del secondo dopoguerra, ma l’inversione di tendenza è un segnale che la riapertura delle attività sta dando i suoi frutti, specie nei settori del commercio al dettaglio e della ristorazione.

Per molti, soprattutto bianchi e ispanici, ma non per gli afro-americani. Il miglioramento, così repentino che ha colto di sorpresa gli analisti, non tocca, infatti, i neri. Fra di loro, che sono il 13% circa della popolazione, oltre 40 milioni d’individui, il tasso di disoccupazione a maggio è ancora salito, al 16,8% – 16% per gli uomini, 17,5% per le donne -. Il che aggiunge frustrazione a rabbia.

Non migliora, invece, l’andamento dell’epidemia. I dati della John Hopkins University indicano che ieri ci sono ancora stati altri mille morti: alla mezzanotte sulla East Coast, i decessi in totale erano 109.143 e i contagi oltre 1.898.000. Ma il dato più allarmante – scrive il New York Times, in base alla sua banca dati – è che si continua a registrare una media di oltre 20mila nuovi casi al giorno, in leggero incremento, soprattutto nel Sud e lungo la costa occidentale, dove vi sono nuovi focolai. Ci sono più Stati che nelle ultime due settimane hanno visto la curva dei casi aumentare di quanti l’hanno vista declinare. E resta l’inquietudine per il rischio di un’impennata dei contagi in seguito alle proteste in corso in tutta l’Unione.

Sul fronte politico, Biden, dopo l’ultima tornata di primarie per posta, martedì scorso, ha ormai raggiunto la soglia di delegati necessaria per garantirsi la nomination: “Sono contento che arriveremo all’appuntamento elettorale con un partito unito. Possiamo vincere questa battaglia”, è stato il suo commento. La candidata democratica a Usa 2016 Hillary Clinton giudica “un fallimento su tutta la linea” la gestione della situazione da parte di Trump, specie la “passeggiata” di lunedì dalla Casa Bianca alla chiesa di St. John, facendo sgomberare i manifestanti con lacrimogeni e pallottole di gomma per una “photo-op” Bibbia in mano.

Pare che Trump abbia rinunciato all’idea, contestatissima, di ricorrere all’esercito per sedare violenze e proteste: i circa 1.600 militari dislocati alle porte di Washington hanno infatti ricevuto l’ordine di rientrare alle loro basi. Due giorni fa il capo del Pentagono Mark Esper si era detto contrario all’impiego dell’esercito nelle manifestazioni, contraddicendo il presidente Trump; poi, s’era espresso contro l’ex generale e segretario alla Difesa Jim Mattis; e, ieri, alla Npr, il generale Martin Dempsey, ex capo di Stato Maggiore delle Forze Armate degli Stati Uniti, ha definito “preoccupanti” e “molto pericolose” le idee di Trump: “L’idea che il presidente prenda il controllo della situazione usando i militari mi preoccupa… L’idea che i militari siano chiamati a controllare e reprimere quelle che, per la maggior parte, sono proteste pacifiche (…) è molto pericolosa”.

Ieri, Trump ha intimato “Non inginocchiatevi” a quanti manifestano contro il razzismo e la brutalità della polizia. Il gesto, mutuato dalle proteste sportive, è divenuto un simbolo: lo fanno i poliziotti che solidarizzano coi manifestanti, ma il presidente lo considera irriverente contro l’inno nazionale e la bandiera.

Le indicazioni di Trump trovano resistenza anche in famiglia e sui social. I tweet di Melania dopo l’uccisione di Floyd e le proteste creano irritazione nella West Wing della Casa Bianca tra lo staff del presidente, secondo la Cnn.

Gli appelli alla pace e alla riconciliazione della first lady contrastano con i messaggi del magnate centrati sul ripristino della legalità, a costo di ricorrere alle maniere forti contro i manifestanti. Melania non c’era, alla “passeggiata’”di lunedì; e, martedì, la first lady aveva lo sguardo tirato, durante la visita al santuario dedicato a Giovanni Paolo II – il presidente sarebbe stato sentito chiederle, a denti stretti, di sorridere -.

E ieri Twitter ha disattivato un video postato dal team della campagna elettorale di Trump, che rendeva omaggio a Floyd: la decisione, secondo quanto riferisce The Guardian, sarebbe stata motivata da una questione di copyright. Il video dura tre minuti e 45 secondi: postato il 3 giugno, era stato ritwittato circa 7.000 volte, anche dallo stesso Trump e da suo figlio Donald Jr.

I responsabili della campagna del presidente accusano Twitter e il suo co-fondatore Jack Dorsey d’avere censurato “un messaggio confortante e unificante” e invitano i follower di Trump a rendere virale un altro video su YouTube.

Quello disattivato mostra proteste pacifiche, mentre Trump parla di una “grave tragedia”, per poi inquadrare il presidente che mette in guardia contro la violenza di “gruppi di sinistra radicali”, mentre sullo sfondo scorrono scene di disordini e di saccheggi.

GpnewsUsa2020



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