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Usa, continua la furia iconoclasta. E nel mirino finisce (anche) Woodrow Wilson

Una persona è stata uccisa e un’altra ferita ieri sera a Louisville in Kentucky quando un uomo, che s’è poi dato alla fuga, ha sparato contro una folla di manifestanti anti-razzisti radunati in un parco della città, il Jefferson Square Park. Video messi online mostrano un uomo ai bordi del parco sparare più di dieci colpi, mentre i manifestanti cercava rifugio gridando sotto le panchine e dove capita.

L’episodio, su cui mancano al momento ulteriori dettagli, sembra potersi inscrivere nelle reazioni  razziste e/o suprematiste all’ondata di proteste anti-razziste dell’ultimo mese. Esso arriva quando, fronte coronavirus, gli Stati Uniti hanno superato i 2,5 milioni di contagi (su un totale mondiale vicino ai 10 milioni). Secondo i dati della Johns Hopkins University, i casi negli Usa erano oltre 2.510.000 alla mezzanotte sulla East Coast, con un nuovo record di contagi giornalieri, e le vittime oltre 125.500.

L’aumento dei contagi, forte soprattutto in Texas, Arizona e Florida, ha innescato misure restrittive in una decina di Stati, rispetto alle riaperture (in molti casi affrettate ed eccessive). Il governatore del Texas Grey Abbott, repubblicano, fa mea colpa e invita i cittadini a “rallentare la riapertura”.

Un nuovo episodio della ‘guerra delle statue’, che colpisce i monumenti a personaggi del passato macchiatisi di razzismo, ha ieri visto protagonista l’Università della Princeton, nel New Jersey, una delle più prestigiose degli Stati Uniti. Princeton ha deciso di cancellare il nome dell’ex presidente Woodrow Wilson dal suo campus universitario a causa delle sue opinioni razziste.

Il nome di Wilson, il presidente della prima Guerra Mondiale, l’ideatore della Società delle Nazioni antesignana dell’Onu e, per questo, insignito del Nobel per la Pace nel 1919, non campeggerà più sulla prestigiosa ‘School of Public and International Affairs’.

Lo ha annunciato Christopher Eisgruber, presidente dell’Ateneo frequentato in tempi relativamente recenti da Michelle Obama, spiegando che “il razzismo di Wilson era significativo ed ebbe profonde conseguenze sul suo tempo”.

La cancellazione del nome di Wilson era da tempo discussa, ma è stata decisa solo ora che l’ondata di proteste anti-razziste induce alla ‘damnatio memoriae’ di personalità illustri ma controverse, almeno per il loro razzismo.

Considerato uno dei padri del pensiero politico moderno, Wilson, nato in Virginia, al Sud, prima della Guerra Civile, era, secondo i suoi detrattori, un razzista convinto e avrebbe contribuito a fare del governo federale una roccaforte della supremazia bianca per decenni. Laureato a Princeton e alla Casa Bianca dal 1913 al 1921, Wilson fu pure presidente dell’Università.

Era un sostenitore della segregazione razziale e, proprio nel ruolo di presidente di Princeton, cercò di impedire l’iscrizione di studenti di colore all’Ateneo.



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