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La legge sull’aborto opera dei Radicali? Un falso storico. L’opinione di Paganini e Morelli

Di Pietro Paganini e Raffaello Morelli

I media e le elite salottiere raccontano che i Radicali furono i protagonisti della legge 194/1978 sull’aborto e del non farla abrogare. Anche la coppia Bonino-Veltroni sul Corriere della Sera (12 Luglio) ripercorre questo mito. Ma è un falso storico. La storia andò diversamente da come viene raccontata. L’approccio dei Radicali fu ideologico. Non cercava il confronto tipico del conflitto democratico per trovare una soluzione tra le diverse culture politiche. È necessario superare la cultura di distorcere i fatti per promuovere le proprie convinzioni e imporre le decisioni del proprio gruppo piuttosto che costruire una strada condivisa da un più ampio numero di conviventi.

I Radicali, eletti alla Camera per la prima volta nel giugno ’76 sull’onda dell’impegno a favore delle tematiche civili di piazza, puntarono subito ad ottenere di più di una legge che ribaltasse il quadro giuridico vigente (Codice Rocco) eliminando il reato di aborto previstovi.

Si opposero sempre alle norme che prendevano forma in aula. Nella dichiarazione di voto del 21 gennaio 1977, Adele Faccio disse: “Noi radicali, che questa legge per strappare l’aborto alla clandestinità abbiamo voluto e imposto, votiamo contro questa proposta di legge. La mia dignità di donna mi impone di non accettare questa macchinosa messa in scena di violenza contro tutte le donne italiane, di fronte alle quali non potrei mai presentarmi avendo votato positivamente per una legge così contraria alle loro necessità più dolorose”. La proposta di legge venne approvata con 310 voti a favore e 297 contro.

Le polemiche si inasprirono al Senato tra i fautori della nuova legge che legalizzava l’interruzione volontaria di gravidanza regolamentandola e i fautori della piena liberalizzazione (radicali, estrema sinistra, femministe). Il clima favorì i cattolici intransigenti. Al termine della discussione generale, il 7 giugno 1977, la Dc propose di non passare al voto finale per una presunta incostituzionalità della legge e la proposta passò a scrutinio segreto con 156 voti contro 154. Questo atto scosse i partiti a favore dell’Ivg regolamentata e due giorni dopo venne presentata a firma Balzamo (Psi) Bozzi (Pli) un nuovo testo di legge su cui convergevano i vari partiti, inclusa Democrazia Proletaria.

I Radicali scelsero invece di seguire la strada del referendum abrogativo della normativa ancora vigente che qualificava l’aborto come reato con l’obiettivo della liberalizzazione totale.

Nei mesi seguenti si sviluppò un acceso dibattito nel Paese, tra i cattolici del Movimento per la Vita e i sostenitori del rendere legale qualche forma di aborto. A livello parlamentare invece vi fu una fase di stallo per la contrapposizione in materia tra Dc e Pci contrastante la serpeggiante aspirazione al compromesso storico. Il referendum per la liberalizzazione totale raggiunse il numero di firme previsto e il voto venne fissato per metà giugno 1978.

I Radicali intervennero nel dibattito moltissime volte. Emma Bonino il 7 aprile 1978, dichiarò: “Questa legge non funzionerà (…) ha l’odore non solo di oppressione, ma anche della funzionalità solo agli accordi di partito, volti ad escludere le donne come movimento organizzato”.

Nella dichiarazione di voto contrario affermò: “Rimaniamo profondamente in disaccordo e voteremo contro questa legge.” Non va omessa l’osservazione rivolta in aula dall’On. Mammì: “Collega Bonino, ho la sensazione che con la vostra azione, dando l’idea che questa proposta di legge fosse arretrata, voi abbiate fatto un favore a chi non lo volevate fare”. Il progetto Balsamo Bozzi venne approvato dalla Camera a scrutinio segreto con 308 voti contro 275 (manifeste alcune defezioni Dc). Il medesimo testo divenne poi legge al Senato il 21 maggio 1978 (questa volta 160 a 148).

Ai ripetuti No Radicali alla legge che da allora ha regolamentato l’Ivg, si è poi uniformato due anni dopo l’azione per abrogare la 194/78. I radicali presentarono un referendum abrogativo che si tenne nel 1981 insieme a quello opposto del Movimento per la Vita. I risultati furono netti. Con la partecipazione del 79,4% degli elettori, ebbe il 68% di NO il referendum del Movimento per la Vita e il 88,45% di NO il referendum dei Radicali.

Non è vero che i Radicali abbiano voluto la 194/1978, né in Parlamento né al referendum. Sono due le ragioni. (i) Mentire al fine di non ricordare ciò che disturba il proprio credo e poter fare una narrazione fantasiosa ma adatta ai propri adepti. (ii) È la convinzione che, nel determinare le scelte della convivenza, non sia decisiva la Democrazia Rappresentativa del Parlamento bensì la volontà generale manifestata in piazza. Tanto che, al riguardo, vien dato più valore al forte impegno dei Radicali a metà anni ’70 sul territorio (che portò anche all’arresto a Firenze di Spadaccia e del medico liberale Conciani) che non al comportamento tenuto in aula e alle scelte compiute dal Parlamento.

Fu e rimane un pericoloso scivolo antiparlamentare. Perché inclina a non accettare l’esperienza e ricorre alle emozioni del dover essere piuttosto che allo sperimentare i risultati sul metro del miglior funzionamento delle relazioni tra individui diversi. Non a caso l’impegno dei Radicali di allora era focalizzato sul valorizzare l’autocoscienza femminile contrapposta alla società esistente. Trascurando le ragioni degli altri in contraddizione con lo sbandierato valorizzare tutti gli individui.

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