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Addio comizi. Ecco perché Joe Biden si prende una pausa

Joe Biden non farà più comizi, di qui all’Election Day, il 3 novembre, e farà conoscere la sua vice fra un mese, a inizio agosto, un paio di settimane prima della convention democratica, che sarà sostanzialmente virtuale. L’ex vice-presidente s’è già impegnato a scegliere una donna come ‘running mate’.

Biden ha ieri attaccato Donald Trump: “Questo presidente parla di capacità cognitive … , ma non pare essere cosciente e consapevole di quello che sta accadendo” nel Paese e nel Mondo. Biden sostiene che Trump porta l’Unione allo sfascio sui fronti della pandemia e del razzismo, oltre che nei rapporti con la Russia e la Cina. Giorni fa, il magnate aveva ironizzato su twitter sul “basso quoziente intellettivo” del suo rivale.

In effetti, Trump, in questa fase, pare avere perso lucidità: continua ad ammiccare al nocciolo duro dei suoi sostenitori, rednecks, suprematisti, fondamentalisti, anti-governo, senza però percepire che l’umore del Paese è cambiato e che il peso di quella constituency è calato. Lui rilancia messaggi d’odio, mentre l’Unione è traversata da manifestazioni anti-razziste.

La decisione di Biden su come portare avanti la campagna è opposta a quella di Trump, che ha già ripreso i comizi, il 20 giugno, a Tulsa, in Arizona – un flop di presenze, però -. Ieri, però, lo staff del magnate ha cancellato il comizio previsto la prossima settimana in Alabama, causa pandemia.

La decisione arriva dopo che la governatrice repubblicana dell’Alabama Kay Ivey ha prorogato fino a fine luglio il divieto di qualsiasi raduno non lavorativo in cui non si possano rispettare le distanze. Trump, in Alabama, intendeva sostenere nelle primarie per il Senato l’ex allenatore di football Tommy Tuberville contro il suo ex segretario alla Giustizia Jeff Sessions.

Sempre ieri, Trump ha di nuovo espresso la sua irritazione verso la Cina: “Mentre vedo la pandemia diffondersi e mostrare il suo volto peggiore in tutto il Mondo, compresi il tremendo danno che sta facendo negli Usa, sono sempre più arrabbiato con la Cina”. Scaricando le responsabilità su Pechino il presidente intende alleggerire la sua posizione nelle polemiche su come la sua Amministrazione ha gestito e sta gestendo l’emergenza coronavirus.

Gli Usa hanno i record mondiali dei contagi – quasi 2.635.000 alla mezzanotte sulla East Coast – e dei decessi – oltre 127.400 -. I dati della John Hopkins University indicano che i nuovi contagi viaggiano al ritmo di 40 mila al giorno e c’è il timore che possano salire fino a 100 mila al giorno.

Per Trump, è tempo di sfide a 360 gradi. Il presidente è sotto attacco sui fronti interni, tra proteste anti-razzismo e sussulti dell’epidemia di coronavirus; e finisce sotto tiro sui fronti internazionali. L’Iran lo incrimina per l’assassinio, il 3 gennaio, a Baghdad, del generale Qassim Soleimani e spicca contro di lui un mandato d’arresto internazionale. E rivelazioni giornalistiche fanno pensare che la Casa Bianca abbia – volutamente? – ignorato un rapporto dell’intelligence secondo cui i russi pagavano i talebani in Afghanistan perché uccidessero militari americani.

La segnalazione dell’intelligence non ha distolto l’’Amministrazione Trump di negoziare e firmare un accordo con i talebani, con l’obiettivo d’iniziare a riportare a casa i soldati prima delle elezioni: il conflitto in Afghanistan è la guerra più lunga mai combattuta dagli Usa, 19 anni e non è finita.

Trump fa spallucce alla mossa iraniana – e probabilmente ha ragione: dal punto di vista giudiziario ha poco da temere, anche se quello di Soleimani è stato un omicidio – e respinge i sospetti afghani: “Nessuno mi ha detto nulla”. Vero!, il rapporto dei servizi segreti era un memo scritto; ed è noto che il presidente ha un’idiosincrasia per la lettura – i documenti lo annoiano, anzi tutto ciò che è più lungo d’un tweet lo annoia -.

Gli sviluppi iraniani e afghani non toccano il grande pubblico. Ma Carl Bernstein, uno dei cronisti del Watergate, crea ulteriori imbarazzi alla Casa Bianca, raccontando le gaffes e gli errori di Trump al telefono con i leader dei Grandi.

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