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Piste corte e scenari operativi. Così l’Aeronautica si esercita con l’F-35 B

Debutto al pubblico per l’F-35 B dell’Aeronautica militare, protagonista ieri dell’esercitazione di “proiezione della forza” andata in scena ieri sull’isola di Pantelleria. Testata la capacità di proiettare il potere aerospaziale del Paese pressoché ovunque nel mondo, a servizio della Difesa nazionale e delle missioni internazionali, alla luce di scenari sempre più incerti e complessi.

L’ESERCITAZIONE

Con il nome di “Proof of concept expeditionary”, l’esercitazione ha coinvolto l’F-35 B (versione a decollo corto e atterraggio verticale del velivolo di quinta generazione, per ora nella disponibilità di un esemplare per la Forza armata), altri assetti tra droni e aerei da rifornimento, con cui l’Arma azzurra ha sperimentato la capacità di proiettare un pacchetto di forze sostenibili su una base austere, cioè in ambiente “non permissivo”, lì dove la pista è troppo corta per i caccia in versione convenzionale e dove manca il tradizionale supporto tecnico e logistico. Perché? Perché sono proprio queste le basi più diffuse nelle aree operative, in un rapporto di venti a uno rispetto a quelle con piste lunghe e strutture di supporto. Di conseguenza, senza velivoli capaci di decolli corti e atterraggi verticali, tante basi non sarebbero utilizzabili qualora servisse l’adeguata proiezione della forza a supporto delle missioni internazionali o per ragioni di deterrenza. Così, come accaduto in passato (ad esempio nella Guerra del Golfo), si dovrebbe ricorrere a basi più distanti dalla zona operativa, rifornendo in volo gli assetti prima di giungere a destinazione, e poi nuovamente prima di rientrare.

LE PAROLE DI ROSSO

Ora, ha notato il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, generale Alberto Rosso, “con l’F-35 B possiamo utilizzare piste più vicine all’area di operazioni, senza dover rifornire in volo il velivolo, con risparmio di ore e carburante”. Il jet, ha raccontato il pilota atterrato su Pantelleria, “è estremamente performante, consentendoci di rischierarci su basi con piste corte”. È “una funzione-chiave”, ha detto Rosso, che risponde a “un’esigenza crescente a livello strategico, legata all’imprevedibilità degli attuali e futuri scenari operativi”. Oltre gli scenari d’operazione all’estero, tale capacità consente inoltre di incrementare la “deterrenza preventiva” in zone a noi più vicine, permettendo di disperdere la forza su più basi aumentandone la resilienza e l’eventuale protezione nel caso (certamente non augurabile) di un confronto nel Vecchio continente. “Dobbiamo essere pronti a qualsiasi scenario – ha detto Rosso – anche quelle che non vorremmo mai immaginare”.

IL SISTEMA

Ma non basta un caccia a decollo corto e atterraggio verticale. “Il velivolo di quinta generazione, con capacità straordinarie, rappresenta un tassello di un sistema di eccellenze che ci consente di proiettare praticamente ovunque il potere aerospaziale del Paese”, ha spiegato Rosso. D’altra parte, per poter operare da basi austere, non permissive e senza adeguato supporto, gli F-35 B hanno comunque bisogno di sostegno sistemico. È per questo che l’Aeronautica ha testato a Pantelleria l’intero sistema expeditionary. Sul terreno, a monitorare la situazione, c’erano gli incursori della Forza armata in funzione “combat controller”, chiamati a verificare la sicurezza della base attraverso le immagini che giungevano in diretta dal drone Predator, pilotato da Amendola. In volo, a rifornire l’F-35 B, c’era un C-130J, poi atterrato anch’esso per sperimentare il rifornimento a terra del caccia con i motori accesi, così da poter rapidamente ripartire verso la missione. A terra anche il personale logistico e quello per la Force protection, con i fucilieri dell’aria a ridurre al minimo la vulnerabilità del dispiegamento.

LA SOLUZIONE “MISTA”

È proprio questo il sistema che consente la “capacità expeditionary”, ragion per cui l’Aeronautica militare ha scelto la soluzione mista nel programma Joint Strike Fighter, con 60 velivoli in configurazione A (convenzione) e 15 B. “Abbiamo identificato tale soluzione come quella più economicamente congenita alle nostre esigenze e operativamente efficace tra quelle percorribili”, ha spiegato Rosso. E se per l’F-35 B quello di Pantelleria è stato un debutto pubblico, per i velivolo in versione A l’operatività è più rodata. Sei di essi, del 32esimo Stormo di Amendola, sono da poco rientrati in Patria dopo circa due mesi di attività in Islanda nell’ambito della missione Nato di Air policing. È stato il secondo impiego di questo tipo dopo lo scorso ottobre, quando l’Italia portò per la prima volta l’Alleanza nella quinta generazione.

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