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Perché la (non) alleanza tra Pd e M5S farà male ad entrambi, alle Regionali

“Ma possibile che non riusciamo ad andare insieme alle Regionali, caro Nicola?”. “No, non riusciamo, Giuseppe”. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, quando ha visto in privato, l’altro giorno, a Palazzo Chigi, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, per cercare di venire a capo del “gelo” con cui il leader dem, da settimane, lo trattava, quasi non ci poteva credere. Poco avvezzo alle dinamiche interne ai partiti e, soprattutto, a quelle che, di solito, vengono derubricate alla stregua di “beghe locali” o di problemi sui “territori”, Conte davvero non riusciva a capacitarsi che Pd e M5S non riescano a mettere in campo, per le Regionali del 20 settembre, quando si vota in sei e grandi Regioni, uno straccio di candidatura comune, che allo stato non c’è.

UN SOLO PRECEDENTE, E DISASTROSO: L’ALLEANZA IN UMBRIA

Non che, va detto, la sola e unica volta in cui Pd e M5S l’hanno messa insieme, un’alleanza, quelle alle regionali in Umbria, il risultato sia stato entusiasmante. Anzi, la sconfitta umbra (novembre 2019) fu uno scottante, cocente, disastro, che stava per tirarsi dietro pure il governo (pure Conte ci aveva messo la faccia) e che solo la vittoria sul filo di lana registrata, pochi mesi dopo (gennaio 2020), in Emilia-Romagna, ha in parte lenito, almeno per parte dem. Ora siamo “da capo a dodici”, come si dice a Roma. Il 20 settembre si vota in Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Puglia, Campania e Val d’Aosta, regione autonoma.

IL CENTRODESTRA PUÒ FARE “CAPPOTTO”, ALLE REGIONALI

Il centrodestra parte da una invidiabile posizione di forza: governa già Piemonte, con Cirio (FI), Lombardia, con Fontana (Lega), Friuli con Fedriga (Lega), Umbria con Tesei (Lega), Abruzzo con Marsilio (FdI), Molise con Toma (FI), Basilicata con Baldi (FI), Calabria con Santelli (FI), Sicilia con Musumeci (a capo di un movimento autonomista), Sardegna con Solinas (idem) e, infine, il Trentino Alto-Adige, sia nella parte tedesca (Alto-Adige, con un patto Svp-Lega) che in quella italiana (Trentino). Insomma, l’Italia è, già adesso, un lago verde-nero-azzurro: 10 regioni e due province autonome – quelle del Trentino – su 20 sono guidate, saldamente, dal centrodestra. Solo il Lazio (Zingaretti, Pd) e l’Emilia-Romagna (Pd) resistono, come “fortini rossi”, e presto altri fortini potrebbero cadere.

Può finire 14 a 3 (se i dem tengono, come è probabile, la Toscana), risultato già pesante di suo, per il centrosinistra, che però rischia di perdere anche la Puglia e le Marche (e farebbe 16 a tre). Ma anche la battaglia della Campania si preannuncia incerta, mentre la Val d’Aosta fa storia a sé. Morale, il Pd, e il centrosinistra, rischiano un “cappotto” di proporzioni bibliche e, come si sa, chi vince le Regionali, dopo – prima o poi – conquista pure il governo del Paese.

Il problema è che non solo non se ne viene a capo, di una possibile alleanza “disorganica” tra Pd e M5s (quella “organica” è stata ormai messa nel cassetto pure dal Pd), ma ci si è messa anche Iv e Renzi a ingarbugliare la matassa.

L’ALLEANZA “DISORGANICA”. IL CAOS DELLA LIGURIA

Prendiamo, per dire, il caso più eclatante, la Liguria. Da mesi, Pd e M5S cercano un’intesa comune su un candidato che, dopo averne bruciati almeno tre o quattro, ancora non si è trovato. L’M5S ha già pagato il prezzo della scissione della sua ex capogruppo in consiglio regionale, Alice Salvatore, e il Pd è dilaniato da lotte interne ferocissime tra l’ala che fa capo al vicesegretario dem, Andrea Orlando (spezzino), e i big locali (genovesi) che gli impallinano un candidato via l’altro. In più, Italia Viva, la cui referente locale è la deputata Raffaella Paita: è pronta a lanciare un nome di area centrista se il patto Pd-M5S alla fine si farà, come spergiurano sia il Pd che i 5 Stelle nazionali, da Crimi a D’Incà, da Zingaretti a Orlando, magari ritornando sul nome iniziale, quello del giornalista del Fatto Ferruccio Sansa. Morale, il governatore ex azzurro uscente, Giovanni Toti, avrà facile gioco e rivincerà in carrozza.

In Veneto, dove pure conta poco che Pd e M5S si uniscano, perché tanto Zaia è imbattibile, va comunque registrato che dem e stellati scendono in campo con due candidati opposti e contrapposti (Lorenzoni per i dem, Cappelletti i 5 Stelle), ma anche che, già che c’era, pure Renzi presenta un suo nome, quello della ex deputata del Pd Daniela Sbrollini. Zaia, appunto, se la ride di gusto. Vincerà stile Putin.

ZINGARETTI: “VERGOGNOSA” LA MANCATA UNITÀ NELLE MARCHE

Nelle Marche, il leader dem ha definito “vergognoso” il fatto che non si riesca a trovare una candidatura unitaria, tra Pd e M5S, perché l’avversario da battere è quell’Acquaroli (FdI) che si dichiara, beato lui, nostalgico del Fascismo, ma anche qui non c’è accordo. Il rettore Mangialardi ha unito il centrosinistra e poco più, i 5 Stelle vanno per conto loro con Mercorelli e, data anche la pessima prova di sé che ha dato il centrosinistra nei cinque anni di gestione Ceriscioli, il “post-fascista” Acquaroli vincerà di sicuro le elezioni.

IL CAPOLAVORO (AL CONTRARIO) DELLA “DISUNITÀ” È IN PUGLIA

In Puglia, però, si è registrato il capolavoro. Emiliano, governatore uscente, osteggiato dai 5 Stelle – che candidano la sua ex sfidante, Laricchia – e detestato da mezzo Pd, ha dovuto subire la rottura non solo con Italia Viva di Renzi, ma pure con altri moderati (Ac di Calenda, +Europa, ecc.), che gli contrappongono il renziano Ivan Scalfarotto con il dichiarato intento di farlo perdere. Raffaele Fitto (FdI) ha unito il centrodestra e tutti i sondaggi lo danno in testa.

IL CENTROSINISTRA SI “CONSOLA” CON TOSCANA E CAMPANIA

Certo, il centrosinistra si può consolare con la Toscana. Il dem Eugenio Giani, ex renziano, è dato molte lunghezze avanti al candidato del centrodestra, Susanna Ceccardi (Lega), e la coalizione è compatta, ma neppure qui l’M5S è venuto a patti con il Pd e candida la già sconfitta Galletti.

Infine, la Campania. Il governatore De Luca è saldo in testa e il campione del centrodestra, Stefano Caldoro, è dato perdente, ma anche qui si è parlato, per mesi, di un patto tra Pd e M5S, peraltro sul nome del ministro Costa. Invece, niente da fare. I 5 Stelle presentano una loro candidata, la Ciarambino, e – se De Luca si impegna in “negativo” – potrebbe pure perdere. Senza Campania e Puglia, per il Pd, però, si aprirebbe un vero baratro: nel Centro-Sud dell’Italia conterebbero zero, come al Nord. Un risultato che avrebbe pesanti conseguenze pure sul governo.

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