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La battaglia dell’oro in Venezuela (e l’indizio che porta in Italia)

Sembrava quasi fatta e invece il governo ad interim del Venezuela dovrà ancora battersi con la giustizia britannica per prendere il controllo delle riserve di oro venezuelano in custodia alla Banca di Inghilterra. Dopo una sentenza che riconosce la legittimità di Juan Guaidó come presidente ad interim del Paese sudamericano, del 24 luglio, ora il Tribunale Supremo di Londra ha deciso di ammettere il ricorso presentato dalla Banca Centrale del Venezuela, sotto il controllo del regime di Nicolás Maduro.

Gli avvocati della Banca Centrale del Venezuela hanno annunciato che è stato concesso il diritto di appello a quella prima decisione del tribunale che riconosce Guaidó come presidente del Venezuela. In gioco ci sono lingotti d’oro con un valore di più di 1 miliardo di dollari.

A rappresentare il regime di Maduro in questa causa è Sarosh Zaiwalla, socio dello studio Zaiwalla & Co, che sostiene che la prima sentenza ignorava completamente la realtà sul campo.

Sulla vicenda si era pronunciato anche la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zajarova: “È evidente che nel Regno Unito l’indipendenza della corte funziona fintanto che la posizione dei giudici coincide con la posizione del governo […] L’alienazione da parte di uno Stato della proprietà dell’altro si è materializzata per sostenere un colpo di Stato incostituzionale in quell’altro stato ”.

La controversia è iniziata a maggio di quest’anno, quando la Banca Centrale del Venezuela ha chiesto alla Banca di Inghilterra l’accesso per recuperare l’oro venezuelano in custodia da loro, per finanziare il piano di contingenza per la crisi pandemica da coronavirus in Venezuela. Ma il presidente del Parlamento Guaidó si è ribellato, sostenendo che queste risorse sarebbero sprecate in corruzione in mano del regime.

La partita dunque è pari, giacché sia Juan Guaidó, sia Nicolás Maduro hanno vinto entrambi un passaggio della causa.

Ma c’è di più… Secondo il quotidiano colombiano El Tiempo, Alex Saab, l’imprenditore e presunto prestanome di Maduro arrestato a Capo Verde e in attesa di estradizione per gli Stati Uniti, sarebbe l’uomo che ha controllato tutto l’oro venezuelano in questi anni. E non lo avrebbe fatto da solo. A sostenerlo il cognato della moglie, l’italiano Lorenzo Antonelli. Un’inchiesta della pubblicazione colombiana insiste sul ruolo della modella italiana, Camila Fabri, moglie di Saab: “Il legame famigliare è la chiave nell’intreccio di società che Saab armò per fare uscire l’oro del Venezuela e realizzare vendite miliardarie di alimenti sussidiati, le cosiddette scatole Clap”.

El Tiempo ricorda che il Regno Unito e il fisco italiano sono stati i primi a guardare con attenzione la modella e il cognato di Saab, Lorenzo Antonelli: “Ad entrambi sono stati sequestrati 1,8 milioni di euro, che si muovevano da un trust aperto nel Regno Unito. E adesso Antonelli appare come un elemento chiave nell’esportazione e movimenti di oro del regime, di cibo e anche di dollari in Turchia, Iran e Russia”.

Ma chi è Antonelli? Ad ottobre del 2018, a solo 25 anni, il ragazzo avrebbe firmato un contratto con la Compagnia Generale di Estrazione del Venezuela C.A, per l’esplorazione, ricerca di giacimenti ed estrazione di oro nella zona dell’Arco Minero, negli stati Amazonas e Bolívar. “Per sviluppare il progetto – scrive El Tiempo, la compagnia statale e quella dell’italiano hanno creato una società anonima mista chiamata Minera Binacional Turquía Venezuela (Mibiturven S. A.)”. Il ministro Tarek El Aissami, a cui Saab si rivolge come “cugino”, firmò il contratto in nome del regime e Antonelli in rappresentazione di Marilyns Dis Ticaret Ve Madencilik AS.

El Tiempo ha avuto accesso ad un data base turco, in cui si legge che la Marilyns è stata aperta a Istambul il 2 maggio del 2014 con il numero 921299-0: “La firma registra una sede a Londra, nel 25 Jeremyn Street Suite 29, Bank Chambers. In quel momento il romano (Antonelli, ndr) aveva poca esperienza nel campo delle estrazioni. Tuttavia, è riuscito a fare passare un accordo con Mibiturven per 50 anni, prorogabili per altri 50 anni”. Il nome dell’italiano sarebbe anche in altre imprese di Saab: Adon Trading FZE, degli Emirati Arabi, e Glenmore Proje Insaat.

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