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La Cina, Biden, le mascherine. Tutti i fronti di Trump secondo Gramaglia

Da oggi, a Washington è obbligatorio mettere la mascherina quando si esce: l’ordine della sindaca Muriel Bowser suona come una sfida a Donald Trump, che è stato finora molto riluttante a indossarla, anche se martedì s’era ‘convertito’ a raccomandarne l’uso. La Bowser, una delle tante potenziali candidate vice-presidente, s’era già scontrata con Trump a giugno, quando la capitale federale era traversata da proteste anti-razziste e il magnate presidente vi aveva schierato la Guardia Nazionale.

L’obbligo di mascherina a Washington scatta mentre il numero dei contagi da coronavirus negli Usa s’appresta a superare i 5 milioni: ieri, i nuovi casi sono stati quasi 64 mila e il totale, secondo i dati della John Hopkins University, ha superato i 3.970.000, mentre i decessi sono ancora stati oltre mille e il totale sfiora i 143.200 – cifre alla mezzanotte sulla East Coast -.

In un video in cui compare con l’ex presidente Barack Obama, che sarà integralmente diffuso oggi, il candidato democratico Joe Biden dice che Trump è il primo “razzista” eletto alla Casa Bianca: “Abbiamo avuto razzisti che hanno cercato di essere eletti presidente. Trump è il primo a esserci riuscito”. Nel video, Obama critica la risposta dell’Amministrazione all’epidemia.

Ieri, Trump ha di nuovo fatto il briefing sull’andamento dell’epidemia senza esperti: ha affermato che la luce in fondo al tunnel dell’epidemia “inizia a brillare” e che l’imporre o meno la mascherina è competenza dei governatori; e ha di nuovo perorato la riapertura delle scuole a settembre, dicendosi “a suo agio” se suo figlio Barron e i suoi nipotini torneranno in classe perché è difficile che i bimbi contraggano il contagio.

Nella scia delle polemiche con la Cina per la chiusura del consolato di Houston, Trump non esclude la chiusura di altri consolati. Dopo le guerre dei dazi, del virus, dei visti, dei vaccini, c’è ora quella dei consolati: tra Washington e Pechino, ogni giorno porta nuovi fronti di polemica e di tensione.

Martedì, gli Stati Uniti avevano disposto la chiusura entro 72 ore del consolato della Cina in Texas; e la Cina potrebbe ribattere ordinando la chiusura del consolato degli Usa a Wuhan, il capoluogo dello Hubei, la città da cui partì l’epidemia di coronavirus.

L’iniziativa aggrava le tensioni tra le due maggiori economie mondiali il cui contenzioso tocca, inoltre, Huawei e il 5G, la controversa legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong e le sanzioni per le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang contro le minoranze musulmane.

Spiegando l’ordine di chiusura del consolato di Houston, Dipartimento di Stato Usa fa riferimento, in una nota, alla “necessità di difendere proprietà intellettuale e dati privati americani”. Martedì, il Dipartimento della Giustizia aveva incriminato due hacker cinesi per attacchi a ricerche sul Covid-19 e ai database di numerose aziende.

La Cina ha intanto invitato i suoi studenti negli Stati Uniti “a stare in guardia”, causa interrogatori e detenzioni arbitrari. “Di recente, le forze dell’ordine Usa hanno intensificato interrogatori arbitrari, vessazioni, confische di effetti personali e misure contro studenti cinesi negli Stati Uniti”, si legge in una nota postata sui social media del Ministero degli Esteri di Pechino. Questa mattina, la Cina ha denunciato minacce di attentati e di morte all’ambasciata di Cina a Washington.

Trump tiene pure alta la tensione con la grandi città degli Stato Uniti a guida democratica, dove – dice – è in atto “un bagno di sangue”: per farlo finire, intende inviare agenti federali, ma 15 sindaci gli scrivono chiedendogli di ritirare gli agenti già mandati a Portland nell’Oregon e di non inviarne altri altrove.

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