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La corsa (sfrenata) della Cina verso lo Spazio. Fallito il lancio del nuovo razzo Kuaizhou

È fallito il debutto del nuovo lanciatore spaziale cinese Kuaizhou-11. Dopo l’accensione dei motori, il viaggio dei due satelliti commerciali a bordo è durato poco più di un minuto. Difficile che l’inciampo fermi la sfrenata corsa spaziale del Dragone, ben determinato a estendere oltre l’atmosfera le proprie ambizioni globali. Il prossimo passo è Marte, verso cui dovrebbe partire tra un paio di settimane la missione Tianwen.

IL FALLIMENTO

Il lanciatore Kuaizhou-11 era al debutto, versione più grande del rodato Kuaizhou-1A e, secondo diversi siti specializzati, un adattamento del missile balistico intercontinentale DF-31 (vettore a tre stadi e propellente solido, con gittata tra 8mila e 11mila chilometri). Il fallimento è stato resto noto dall’emittente CGTN, estensione multilingue della controllata statale CCTV. Come di consueto, mancano i dettagli sulle cause della falsa partenza. Per la CGTN il Kuaizhou-11 resta “un razzo vettore a combustibile solido a basso costo con alta affidabilità”. Con massa la decollo di oltre 70 tonnellate, è “progettato per il lancio di satelliti nella bassa orbita terrestre o in orbita eliosincrona”. Per il suo primo lancio c’erano a bordo due satelliti per telecomunicazioni e navigazione, destinati a operatori cinesi.

LA BASE DI LANCIO

La partenza è avvenuta dalla base di lancio di Jiuquan, nel nord ovest del Paese, rispolverata da poco per l’alta frequenza di lanci. Nel pieno deserto del Gobi, il centro è ormai poco utilizzato per i lanci più rilevanti, per i quali si preferisce la base di lancio Wenchang, sull’isola di Hainan lungo la costa sud del Paese, inaugurata poco più di tre anni fa. Eppure, Jiuquan è probabilmente la base più significativa per la storia del programma spaziale del Dragone. Da Jiuquan però sono partite le missioni storiche cinesi: il primo satellite nel 1970, il primo taikonauta nel 2003 (Yang Liwei a bordo di una navicella Shenzhou-5) e la prima stazione spaziale, la Tiangong-1 nel 2011, caduta rovinosamente a terra due anni.

LANCIATORI E BASI

Il fallimento odierno segue una striscia positiva impressionante concentrata in poche settimane, che ha coinvolto diversi vettori dell’arsenale cinese e molteplici basi di lancio. Ieri, dalla base di Xichang, nella provincia sud-occidentale del Sichuan, a bordo di un razzo Lunga Marcia 3B, è partito verso l’orbita geostazionaria il satellite Apstar-6D, primo componente di una costellazione per connessione a banda larga. Sabato scorso, da Jiuquan, è stato un Lunga Marcia 2D a portare nello spazio il satellite scientifico Shiyan-6, mentre due giorni prima, dalla base di Taiyaun (al centro del Paese) con un Lunga Marcia 4B era partito una satellite della serie Gaofen per l’osservazione della Terra.

IL GPS ALLA CINESE

Tutte applicazioni e strumentazioni ambiziose. Il 23 giugno, da Xichang, con il Lunga Marcia 3B è partito l’ultimo dei 35 satelliti della costellazione Beidou, ideata per garantire un sistema autonomo di navigazione e puntamento satellitare concorrente al Gps americano, al Galileo europeo e al Glonas russo. A metà maggio, da Jiuquan, un Kuaizhou-1A aveva portato i primi due satelliti della costellazione Xingyun-2, progettata per supportare il Dragone nell’implementazione dell’Internet of Things. Allora, il lancio segnava il secondo successo di fila in una settimana. Pochi giorni prima, da Hainan, era partito per la prima volta il lanciatore Lunga Marcia 5B (quello destinato a future missioni lunare e marziane) con a bordo la nuova navicella che servirà a portare i taikonauti a bordo del terzo “Palazzo celeste”, la Tiangong-3.

TRA RISCHI E FALLIMENTI

Nel giro di quattro giorni, come previsto, la navicella è dolcemente rientrata. È invece letteralmente precipitato nell’oceano Atlantico lo stadio centrale del vettore 5B che l’aveva portata in orbita, non senza preoccupazioni, trattandosi “dell’oggetto più massiccio degli ultimi decenni rientrato nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato”. Non un caso isolato, forse il sintomo di una corsa sfrenata, senza troppi fronzoli quando si tratta di sicurezza. In occasione del recente lancio Beidou, è stata registrata la caduta pericolosa di parti del razzo vettore nelle aree circostanti la base di lancio, tra l’altro abitate. Nulla però sembra fermare il programma spaziale cinese, non il Covid-19, né i due fallimenti piuttosto rilevanti tra marzo e aprile: la (misteriosa) falsa partenza del Lunga Marcia 7A, e poi quella del Lunga Marcia 3B, che non era riuscito a portare in orbita il satellite indonesiano per telecomunicazioni Nusantara-2.

VERSO LA MISSIONE MARZIANA

L’attenzione adesso si sposta su “la ricerca della verità celeste” o, in mandarino, Tianwen. È il nome della prima missione cinese verso Marte, svelato lo scorso 23 aprile in occasione della Giornata spaziale cinese, ufficializza quattro anni fa in ricordo del lancio del primo satellite: il Dongfanghong-1, nel 1970. La missione porterà su Marte un orbiter, un lander e un rover, capace di muoversi sulla superficie del Pianeta rosso. In tutto, gli strumenti scientifici sarebbero tredici, e dovrebbero operare per almeno tre mesi con l’obiettivo di studiare il suolo, la struttura geologica, l’ambiente e l’atmosfera di Marte. Come da copione per la nuova competizione spaziale, dovrebbe partire entro il 25 luglio, pochi giorni prima dell’attesa Mars 2020 della Nasa con il drone Perseverance.



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