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Al Consiglio Ue l’Italia non è sola. Parla Nelli Feroci (Iai)

Dopo la terza giornata di stallo, i leader europei sono attesi per la nuova sessione plenaria alle ore 16 di oggi. Trapela ottimismo sia nella diplomazia italiana sia sui mercati, dopo la maratona notturna e la nuova proposta avanzata dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, per superare le divisioni tra i “Paesi frugali” capitanati dal premier olandese Mark Rutte e gli altri membri dell’Unione. “Michel ha detto che proporrà oggi una soluzione con una riduzione dei grants a 400 miliardi e 390 miliardi”, ha spiegato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “La soluzione da 400 miliardi” di sussidi nel Recovery plan “condurrebbe un maggiore sconto per i Paesi che ne hanno diritto e quella da 390 miliardi un minore sconto”, ha aggiunto il premier, facendo riferimento ai sussidi previsti dal Recovery plan e agli sconti, i rebates, contenuti nel bilancio pluriennale per alcuni Paesi, tra cui i frugali.

“Mi sembra ci sia un fronte molto ampio di Paesi sostanzialmente favorevoli alla proposta della Commissione, anche nelle sue versioni modificate dal presidente del Consiglio europeo Michel”, spiega a Formiche.net l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello Iai (Istituto affari internazionali) e già rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea. “Poi c’è un fronte più piccolo e assolutamente minoritario che continua a opporsi”. L’ambasciatore evidenzia come “l’Italia in questo momento sia nel gruppo molto più numeroso e vorrei dire anche più autorevole. Non siamo isolati e credo che il premier abbia fatto bene a mantenere una linea di resistenza sulle richieste italiane, anche perché è sostenuto da Paesi molto autorevoli: non solo quelli del Sud che hanno più bisogno di questi fondi ma anche dalla Francia e dalla Germania”, spiega. “Siamo in buona compagnia, poi come andrà a finire è un altro discorso”.

L’OSTACOLO RUTTE E LA SFIDA MERKEL

L’ambasciatore Nelli Feroci non crede alla teoria che vedrebbe in Rutte il braccio armato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. “È smentita da molti fatti”, dice. “È stato vero probabilmente nel corso della crisi economico-finanziaria precedente. Ma in quest’occasione Merkel ha assunto un atteggiamento molto più politicamente coraggioso, ha fatto una scommessa sull’Europa mettendoci la faccia. Rutte sta invece dalla parte di coloro che ancora resistono in nome di un approccio un po’ ragionieristico”. In questa fase, aggiunge l’ambasciatore, “Merkel ha preso ormai in maniera chiarissima le distanze dai Paesi cosiddetti frugali”.

A differenza del premier olandese, la cancelliera tedesca “ha dato segnali di un leader che ha capito perfettamente la partita in gioco e la necessità di serrare i ranghi”, dice Nelli Feroci. E a chi parla di assenza di leadership europea in questo Consiglio, l’ambasciatore ribatte: “La leadership c’è ed è tedesca, è di Merkel, che ha dato il la a questa operazione facendo anche capire di essere pronta ad accettare un esborso significativo e asimmetrico di fondi — cosa che per il presidente francese Emmanuel Macron era più scontato — per evitare il rischio di disgregazione del mercato interno”. Quello che per l’ambasciatore è ciò che Berlino “teme di più”. Basti pensare alle catene del valore europee, spiega Nelli Feroci.

Inoltre Merkel, aggiunge, “ha trovato una spalla nelle altre due signore che guidano le istituzioni europee”, cioè la presidente della Commissione Ursula von der Leyen (“non dimentichiamo è una discepola, una creatura della cancelliera”) e la presidente della Banca centrale Christine Lagarde (“che ha guidato, con qualche incertezza iniziale, la Bce ad assumere decisioni molto coraggiose sull’acquisto di titoli, fondamentali soprattutto nella primissima fase della crisi pandemica”).

LE NOVITÀ POLITICHE DEL RECOVERY FUND

“L’aspetto più politicamente significativo di questa vicenda”, continua Nelli Feroci, “è il fatto che tutti abbiano accettato un principio molto importante, quello in base al quale la Commissione verrà autorizzata a emettere titoli di debito comuni e garantiti dal bilancio dell’Unione europea. Non era affatto scontato che saremmo arrivati a un meccanismo di finanziamento di questo strumento di recovery attraverso l’emissione di bond comuni”. Un altro punto, “forse un po’ smentito da quanto sta accadendo adesso a Bruxelles”, che l’ambasciatore mette in evidenza è la “ripresa dell’iniziativa da parte della Commissione. È vero che l’input era arrivato da Merkel e Macron, ma il Recovery and resilience facility è un’iniziativa della Commissione”, spiega. “Un terzo punto importante riguarda l’accettazione del principio di distribuzione delle risorse secondo un criterio asimmetrico collegato all’impatto del coronavirus nei vari Stati membri”.

LA PARTITA DI ORBÁN

Il premier ungherese Viktor Orbán si è schierato al fianco dell’Italia, accusando l’omologo olandese Rutte di essere “il vero responsabile del caos”: “Vuole creare un meccanismo che gli permetta di influenzare e di controllare come i Paesi mediterranei spendono i soldi”, ha dichiarato. “All’Ungheria preoccupa stare dalla parte degli italiani”, ha aggiunto il leader magiaro che ha ribadito vicinanza al nostro Paese anche in un sms al leader leghista Matteo Salvini.

Secondo l’ambasciatore Nelli Feroci la “grande insidia” da cui Orbán deve difendersi è la possibilità di collegare l’erogazione dei fondi a un criterio di condizionalità basato sul rispetto della rule of law. L’altro punto che interessa l’Ungheria — Paese non tra i principali beneficiari del Recovery fund visto che non è stato tra i più colpiti dal coronavirus — riguarda “la necessità di recuperare risorse attraverso i fondi strutturali”, spiega il presidente dello Iai.

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