L’allarme è stato dato sin dall’inizio. Con l’improvvisa, inedita, emergenza pandemica del Covid Sars- 19 , e la conseguente crisi economica in un Paese già fragile di suo e, non solo nella parte ancor più storicamente fragile, quella meridionale, ma in tutto il Paese, dilagano i metodi della criminalità organizzata.
Il propagarsi dell’illegalità e rischi legati alle infiltrazioni criminali in ambito economico aumentano sempre più come afferma l’UIF (l’Unità di informazione finanziaria), presso Bankitalia, nella sua ultima relazione presentata in occasione dell’esposizione annuale delle attività nel 2019 aggiornata però nei primi mesi del 2020 quindi in piena emergenza. All’UIF, tra le altre, arrivano le cosiddette SOS (Segnalazioni operazioni sospette).
Il direttore dell’Unita, Claudio Clemente nella relazione afferma che “fra fine febbraio e metà giugno 2020 l’Unità ha ricevuto circa 350 segnalazioni di operazioni sospette direttamente collegate all’emergenza”. Analizzando le segnalazioni emergono le anomalie nelle forniture sanitarie legate all’assenza di requisiti tecnici richiesti dalla normativa, all’incongruenza tra l’entità degli acquisti e la reputazione imprenditoriale dei fornitori fino alla totale estraneità degli articoli venduti rispetto al settore produttivo di appartenenza. Sono stati inoltre rilevati, anomali e rilevanti movimenti di contante, spesso motivati da timori indotti dalle misure di contenimento e confinamento sociale, che possono però nascondere anche finalità illecite, prima fra tutte il riciclaggio e l’autoriciclaggio. In alcuni casi il profilo soggettivo dei nominativi coinvolti e le modalità operative suggeriscono il possibile coinvolgimento della criminalità e forme evidenti di usura.
L’emergenza sanitaria ha fatto registrare l’aumento del numero di piccoli operatori economici e di famiglie in difficoltà, che dovrebbero segnalare alle Autorità, coloro che si propongono per prestiti anomali di denaro o per repentine acquisizioni di imprese o quote societarie, questo perché i tempi di erogazione da parte dello Stato di quanto prestabilito nei vari Decreti si dilatano sempre più per l’atavica, sempre imperante, odiosa inossidabile sovrastruttura burocratica che regola il nostro sistema. Va da sé che i vari Uffici preposti nelle Prefetture, i Centri Antiusura operanti nelle vaie province e ogni altro canale di ascolto, devono rafforzare l’azione di prevenzione.
Il territorio ha sicuramente gli anticorpi per contrastare chi agisce fuori dalla legalità, ma per far aumentare e rafforzare questi anticorpi bisogna far aumentare la coscienza del pericolo.
La pandemia in corso ed il conseguente periodo di lockdown hanno offerto alla criminalità l’occasione quindi per riciclare i cospicui profitti illeciti di cui dispone e di insinuarsi nel circuito dell’economia legale. Ad essere esposte non sono solo, come molte volte erroneamente si crede, le classi sociali più deboli e le famiglie in difficoltà, ma oramai anche le imprese più grandi e chi opera nel settore del commercio, che sono tentati dal canto delle sirene di coloro che fingono di voler offrire aiuto e sostegno, con l’intento invece di rilevare attività in crisi e non vi è nulla di moralmente più grave che speculare sulla disperazione della gente.
La criminalità, sfruttando lo storico radicamento sul territorio in presenza di un forte disagio sociale, in questi frangenti punta ad acquisire un “consenso sociale”, offrendo anche beni di prima necessità a chi ne ha bisogno, proponendosi di fatto come alternativa allo Stato, fingendo di offrire aiuti per poi richiederne la restituzione con i ben noti interessi oppure “assumendo” a basto costo chi lavorando in nero per lavoretti vari si è ritrovato all’improvviso senza alcun sostentamento economico.
Lo Stato ha annunciato ben cospicue risorse finanziarie per garantire prestiti erogati dalle banche, mentre allo stato dei fatti il tutto si è arenato con le lungaggini burocratiche per l’erogazione dei prestiti a tassi agevolati.
La polemica nazionale è divampata e nel mirino sono finite alcune banche e istituti di credito e ha riguardato non solo l’accesso al credito per le imprese, ma anche tassi di interesse applicati non conformi alle linee stabilite dai decreti medesimi, tanto che era stata sollecitata l’Abi e persino un possibile intervento della magistratura.
Ora siamo entrati nella Fase 3, con il comparto turistico operativo ma con grandi difficoltà per la stagione estiva e con altri settori produttivi che hanno ripreso non però a pieno regime. È arrivato quindi forte il messaggio del governo, che ha sollecitato a smaltire le pratiche di erogazione del credito per le aziende, essenziale per garantire la ripartenza economica. Naturalmente è stato evidenziato il rischio di ricorrere all’usura, con il pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata.
Gli istituti di credito hanno sempre avuto un ruolo fondamentale per il tessuto produttivo, ora la loro funzione diviene ancor più importante in riferimento alle risorse necessarie per le imprese nell’affrontare i prossimi mesi e avere garanzie sul futuro.
L’usura appunto è uno degli aspetti più allarmanti. È una attività praticata in modo indiscriminato dalle organizzazioni mafiose e, purtroppo, non solo e per le quali il periodo che stiamo attraversando può essere molto proficuo. Partite iva, piccoli imprenditori, albergatori, ristoratori, artigiani, operatori del mondo dello spettacolo, dai cinema ai teatri, hanno contratto debiti in questi mesi e devono pagare altri creditori, dai dipendenti ai fornitori, in attesa dell’erogazione della cassa integrazione molti piccoli, non solo le grandi aziende, hanno anticipato la stessa per non lasciare i propri dipendenti senza alcun sostentamento. Afferma il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, “si presentano dall’usuraio sia esso ‘ndranghetista o camorrista, che gli presterà soldi non più a tassi elevati, no, ma a tassi più bassi della banca. Dopo un anno o due lo ‘ndranghetista chiederà il conto. Rileverà l’attività e potrà fare riciclaggio. Le mafie arrivano prima dello Stato”. Un esempio, quello del Procuratore Gratteri, molto diretto e concreto circa il pericolo che varie località del Paese, una volta passata l’emergenza sanitaria, sarebbero costrette a fare i conti. Proprio la necessità di liquidità favorirebbe l’innesco di meccanismi che potrebbero vedere molti imprenditori costretti a rivolgersi agli usurai per far fronte alle innumerevoli problematiche che sicuramente una ripresa economica molto difficile potrebbe rivelare. Infatti, proprio in determinate situazioni, come le calamità naturali ed in questo caso una emergenza sanitaria, rappresenta per la criminalità organizzata una sorta di “manna dal cielo”.
È stata presentata proprio in questi giorni la seconda Relazione semestrale 2020 della Direzione Investigativa Antimafia, l’organismo guidato dal Generale Giuseppe Governale, dove viene evidenziato che “l’emergenza Covid aiuta gli affari delle mafie“. E non parliamo solo delle mafie “nostrane” per così dire, ma anche di quelle straniere presenti sul nostro territorio, da quella nigeriana, a quella albanese, da quella cinese a quella serba. Lo shock provocato dal virus – dicono gli analisti della DIA, ha avuto un impatto diretto su un sistema economico già in difficoltà e ha ridotto ulteriormente le disponibilità di liquidità finanziaria favorendo le possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale.
Da un lato le organizzazioni si fanno infatti carico di fornire un “welfare alternativo” a quello dello Stato, un “valido e utile mezzo di sostentamento e punto di riferimento sociale”; dall’altro lavorano per “esacerbare gli animi” in quelle fasce di popolazione che cominciano “a percepire lo stato di povertà a cui stanno andando incontro” per arrivare a veri e propri scontri e disordini urbani in autunno. Secondo gli investigatori si prospettano dunque due scenari: uno di breve periodo, in cui le organizzazioni punteranno “a consolidare il proprio consenso sociale attraverso forme di assistenzialismo, anche con l’elargizione di prestiti di denaro, da capitalizzare” alle prime elezioni possibili, e uno di medio-lungo periodo, in cui le mafie, e la ‘Ndrangheta in particolare, “vorranno ancora più stressare il loro ruolo di player affidabili ed efficaci anche su scala globale”.
Si evidenzia la capacità dei clan di sfruttare “la paralisi economica” del Paese. “Non si tratta di infiltrazioni, ma di una vera e propria colonizzazione. I boss sono già protagonisti del nostro sistema imprenditoriale e adesso possono cavalcare la pandemia per allargare il loro ruolo di ‘player affidabili ed efficaci’: uomini d’affari, solvibili e concreti, che hanno soldi da investire e sanno come superare i problemi, alternando corruzione e minacce. Forti di questa reputazione, possono spadroneggiare in un mercato assetato di liquidità: l’occasione d’oro per mettere le mani su aziende sempre più grandi”.
Di sicuro, l’incessante lotta alle cosche non può bloccare l’erogazione di risorse indispensabili per la sopravvivenza del Paese. Ecco perché la Dia ritiene “fortemente auspicabile” l’adozione di una strategia di prevenzione antimafia “adattativa”, ovvero una strategia, cioè, “che tenga prioritariamente conto della necessità di non precludere o ritardare in alcun modo l’impiego delle ingenti risorse finanziarie che verranno stanziate” passando anche attraverso “una radicale semplificazione delle procedure di affidamento di tutti gli appalti e servizi pubblici”. La soluzione proposta dalla Direzione Investigativa è per esempio, quella del “modello già positivamente sperimentato per il Ponte Morandi di Genova, dove si è raggiunta una perfetta sintesi tra efficacia delle procedure di monitoraggio antimafia e celerità nell’esecuzione dei lavori”.
Insomma non c’è più tempo da perdere, è assolutamente necessario varare il più presto possibile le misure per la ripartenza. In alcune prefetture italiane da nord a sud si sono svolti in queste settimane focus sul disagio economico-sociale conseguente agli effetti della attuale situazione epidemiologica, vi partecipano, a seconda dei casi, forze dell’ordine, imprenditori, politici, amministratori e rappresentanti degli istituti di credito e rappresentanti di numerose associazioni di categoria. Emerge la necessità di accelerare le procedure di accesso al credito per cittadini ed imprese al fine di dare ossigeno al tessuto produttivo, ma anche l’urgenza di garantire che l’ingente flusso di risorse, (è proprio di queste ore la notizia dell’accordo trovato a Bruxelles dalla Ue sul Recovery Fund,) siano utilizzate in un contesto di piena legalità, è una delle sfide più difficili dei prossimi mesi. Forse, la più complessa. L’onda lunga del rischio usura è attesa in autunno secondo molti autorevoli osservatori, quando le conseguenze della crisi economica già incominciata potrebbero mettere in ginocchio molte aziende.
Proprio in questi giorni, per esempio, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli ha emesso provvedimenti cautelari, nei confronti di tre persone, eseguiti dalla Guardia di Finanza, per usura. Sono stati elargiti prestiti per circa ben 3 milioni di euro ad imprenditori che erano in difficoltà economiche aggravatesi appunto per l’emergenza sanitaria, con tassi fino al 275%.
Le vittime sono imprenditori che hanno attività in diverse regioni, tra cui Campania, Toscana, Lombardia e Veneto. Quindi la macchia d’olio si allarga, dal sud al nord e viceversa, ed è tempo di un vero colpo di reni del Sistema Italia nel suo complesso o anche questa piaga indegna di un Paese civile si aggiunge come un tassello al mosaico di un lento inesorabile declino.
È vitale quindi che tutti, dal governo centrale, a tutte le forze politiche, alle Amministrazioni locali, alle Associazioni di categoria, all’intera cittadinanza, di fronte a tali rischi, facciamo sistema e con il supporto fondamentale delle Forze dell’Ordine, si riuscirà forse a cambiare cultura mentale e registro comportamentale e dunque a differenza del passato, sfatare uno dei vizi italici, la divisione mista a sterile furbizia, sempre e comunque, divenire Comunità e allora probabilmente si potrà contrastare tale ulteriore e non meno pericolosa emergenza. La quale, a differenza del Coronavirus, (per altro non ancora debellato e ultimamente pericolosamente sottovalutato da comportamenti ancora assurdi, folli ed infantili), non avrà un suo picco e poi un ridimensionamento, ma una volta radicata nel tessuto socio economico del territorio, resterà come un male perenne a discapito di tutti ma ancor di più delle future generazioni.
Questo articolo è dedicato a Paolo Borsellino e alla sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli, barbaramente trucidati 28 anni fa, nella strage di via D’Amelio a Palermo.